I TRE PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA PIU’ AMATI DAL POPOLO “IN PRIMIS”, ENRICO DE NICOLA, PER IL SUO STRAORDINARIO OPERATO, CHE HA CONTINUATO MIRABILMENTE LUIGI EINAUDI E SANDRO PERTINI PER LA SUA MAGGIORE SINERGIA CON IL POPOLO ITALIANO

Alberto De Marco

Il Presidente della Repubblica on. Sandro Pertini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questo articolo è un invito a documentarsi adeguatamente, anche ai giornalisti che hanno una grande visibilità, prima di scrivere libri su personaggi straordinari, che potrebbero essere lesivi della loro immagine. Il primo Presidente della Repubblica, l’avvocato Enrico De Nicola, ha assunto un ruolo particolarmente delicato e decisivo per l’Italia, quello “di traghettare il popolo”, attraverso un passaggio pacifico dal regime monarchico a quello repubblicano, stimolando un’evoluzione della democrazia e soprattutto la costituzionalizzazione della nascita della Repubblica, mentre nel nostro Paese, incombevano diversi pericoli per la gente che soffriva per la profonda miseria che imperversava. Lo statista permeato da uno spirito di indipendenza, che era stato eletto deputato e successivamente aveva ricevuto l’incarico di Presidente della Camera dall1920 al1923, ed aveva assunto nel corso degli anni anche incarichi pubblici di grande responsabilità, con l’intento di ottemperare ad un dovere e di rispettare i suoi rilevanti principi morali, scevro da ogni forma di compromesso non ha mai manifestato incertezza a cessarli anticipatamente. Il Capo dello Stato della nascente Repubblica, scaturita dal referendum istituzionale del 2 giugno 1946, aveva rivolto ai partiti, un invito pregnante ed intriso di emozioni a realizzare: “…. Una democrazia equilibrata nei suoi poteri, fondata sul lavoro, ma giusta verso tutte le classi sociali, riformatrice, ma non sopraffattrice e soprattutto, rispettosa della libertà delle persone, dei Comuni, delle Regioni ….”. L’avvocato Enrico De Nicola, il 28 giugno 1946, all’età di 68 anni, raggiungeva Roma, senza alcuna scorta e con la sua personale Fiat 1100 per assumere l’incarico di neo Presidente della Repubblica.  Come era nel suo stile, rispettoso dei suoi grandi principi morali e contrario all’opulenza e fastosità, coerentemente rifiutò di stabilirsi al Quirinale, già sede del Re e dei Pontefici per vivere durante il suo incarico istituzionale, nelle anguste sale di Palazzo Giustiniani, soprannominato “il piccolo colle”, rinunciando altresì all’indennità presidenziale, nonché alle frequentazioni dei parenti ed amici, isolandosi per assolvere con maggiore impegno alla sua attività istituzionale.  Il Presidente De Nicola, nonostante avesse utilizzato i suoi risparmi della precedente attività forense nell’acquisto dei titoli di stato, che nel dopoguerra si erano esautorati di ogni valore, quando si concedeva una pausa alla funzione istituzionale, per tornare nella sua città a Napoli, dove è nato il 9 novembre 1877, preferiva pagare il carburante dell’automobile che utilizzava e non il vagone presidenziale del treno, che era un diritto ed un privilegio, riservato al titolare dell’importante carica istituzionale.  Parimenti si assumeva gli oneri delle comunicazioni private: telefoniche e scritte. L’avvocato Enrico De Nicola, quale ex Presidente della Repubblica, il 1dicembre 1948 riceveva l’incarico di Senatore a titolo vitalizio ed il 28 aprile 1951 veniva eletto Presidente del Senato della Repubblica. Dopo qualche mese rinunciava all’incarico per essere coerente e rispettoso della propria dignità, ancora una volta, rifiutava ogni forma di compromesso. Dopo avere rifiutato all’importante incarico istituzionale, riprendeva l’attività forense e frequentava le Aule della Cassazione penale. Successivamente il 3 dicembre 1955, il Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, in considerazione delle sue grandi capacità giuridiche, aveva deciso di nominarlo Giudice Costituzionale e dopo qualche mese, fu eletto Presidente della Corte Costituzionale. Per una pedissequa coerenza al suo “modus operandi”, in sintonia con i suoi grandi valori morali, era un personaggio pubblico che veramente non aveva proprio nulla da nascondere, il 26 marzo 1957 si dimetteva dall’importante incarico istituzionale.  Il Presidente della Repubblica, Gronchi non riuscì a farlo desistere da quella decisione, perché era un personaggio pubblico, munito di “una corazza” di straordinaria onestà, che è stato animato ed ha vissuto sempre con un intenso amore per il popolo, con il quale ha sempre voluto condividere i sacrifici e le difficoltà. Per De Nicola ogni funzione istituzionale che ottemperava, era vissuta: “…con il culto fervido del Dovere, sentito come Religione e adempiuto con disciplina, anche a costo di sacrifici personali di ogni sorta, ci ispira e ci infiamma. In esso è riposta la garanzia della nostra assoluta imparzialità, collocandosi “super partes” con la sola aspirazione di avvicinarsi quanto più sia possibile alla perfezione, senza avere la pretesa di raggiungerla ….” De Nicola rispettoso dei principi morali, ha sempre operato con spirito di sacrificio,  scevro da qualsiasi interesse personale ed ha lasciato la vita terrena il 1 ottobre 1959, nel modo più coerente alla sua personalità, come in passato ha raccontato il suo discepolo, l’avvocato, Giovanni Leone, che in un’epoca successiva è stato Presidente della Repubblica, nonostante le sue precarie condizioni di salute, che si erano manifestate con una febbre forte, aveva ricevuto il Ministro del Tesoro, Tambroni, ospitandolo nel salotto, un ambiente molto freddo, che era maggiormente curato e poteva apparire al Ministro più dignitoso. Ciò nonostante alla fine del prolungato colloquio, lo accompagnò all’automobile, nonostante la temperatura fredda della giornata. Ritornando nell’abitazione era svenuto in seguito ad un collasso per morire dopo un breve lasso di tempo a causa della bronco – polmonite. Come disse Giovanni Leone: “…. in quella casa non c’erano soldi, neppure per l’acquisto dei medicinali. Il grande avvocato e statista, che aveva rinunziato alle indennità presidenziali, mantenendosi a sue spese a Roma, il danneggiato dalla guerra mondiale, che aveva travolto i suoi risparmi, impiegati tutti in titoli di Stato, ridotti a carta straccia, moriva povero ….”.

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