INPS: terra di conquista per buonisti, faccendieri e malfattori

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – In questi giorni sugli altari della cronaca scandalistico-giudiziaria è salita l’ennesima inchiesta che ha coinvolto l’INPS di Salerno, e con esso istituto anche tutto il mondo della previdenza.

La prima volta che ho sentito parlare di scandali nel mondo della “previdenza sociale” fu agli inizi del 1962 quando, poco più che sedicenne, ascoltavo mio fratello maggiore Felice che illustrava in casa lo scandalo che stava travolgendo l’INPS di Salerno (allora l’unica sede era a Corso Garibaldi); pur non capendo molto dello scandalo in se, la cosa mi interessava molto perché avrebbe potuto produrre un effetto benefico per la mia famiglia. Mio padre era morto prematuramente da qualche settimana e mio fratello che aveva vinto un concorso pubblico per l’INPS lavorava a Torino; la sua presenza a Salerno diventava ogni giorno più necessaria ed essendo stati licenziati alcuni dipendenti si erano aperti degli spiragli di trasferimento che, fortunatamente, si concretizzò nel giro di pochi mesi in modo tale che i grossi problemi della nostra famiglia furono canalizzati verso una accettabile soluzione.

Qualche anno dopo entrai anche io, sempre con concorso pubblico, nel “mondo della previdenza sociale” e destinato all’INAIL; capii cosa fosse quel mondo e come lo si dovesse gestire per non cadere nella trappola di essere considerato un buonista o, peggio ancora, un faccendiere ovvero un malfattore. Presi subito atto che per non cadere in queste trappole era sufficiente fare o cercare di fare il proprio dovere guardando anche con una sufficiente umanità verso il mondo esterno senza chiudersi necessariamente a riccio.

Da allora di scandali nell’INPS, nell’INAIL, nell’ex INAM, e tanti altri Enti parastatali ne ho visti a decine e decine; quelli a modello personale unico e quelli a modello di vera e propria associazione a delinquere. Tutti, o quasi, finiti nel triste dimenticatoio della lentezza della giustizia per risolvere ciò che non si vuole risolvere.

E quasi tutti gli scandali sono stati legati ad interessi specifici degli inquirenti; nel senso che gli scandali sono decollati in maniera soft o brutale se ai vertici delle indagini ci sono stati magistrati per certi versi imparentati con soggetti impegnati nel “mondo della previdenza sociale”. Nel ’62 c’era un magistrato il cui fratello lavorava nell’Inps, negli anni 80 c’era un altro magistrato (Centore, ora presidente del Tribunale di Nocera Inferiore) il cui fratello era ed è ispettore del lavoro; qualche anno fa c’era un magistrato (Roberto Lenza) figlio di un ex dirigente dell’Ispettorato del Lavoro, e in questo caso ci rimisero le penne alcuni dirigenti apicali dell’Inps di Salerno; ora ci sarebbe un padre, impiegato Inps, che avrebbe favorito il figlio titolare di un patronato; e in tanti a dargli addosso prima e peggio degli stessi inquirenti; quasi come se in tanti volessero togliersi da dosso quel fardello, ovvero luogo comune, che accompagna (come dicevo !!) da sempre quello specifico mondo.

Cose scontate e sempre accadute; ma sempre e tutti hanno fatto finta di non vedere e di non sapere, almeno fino a quando non scoppia lo scandalo.

Nel ’62 decine di migliaia di pratiche di pensione venivano gestite da un unico ufficio esterno di consulenza con un gancio nel palazzo dell’Inps; negli anni 80 uno studio di commercialisti gestiva quasi come in regime di monopolio le maggiori imprese della città e della provincia con ricadute pesantissime sulla cassa integrazione tra favori e tangenti; qualche anno fa nessuno si rendeva conto che piccoli ufficietti di consulenti gestivano alcune centinaia di migliaia di buste paga mensili (con ricadute sulle maternità e disoccupazioni) in una realtà socio-economica (agro nocerino) da terzo mondo; e questa volta nessuno si accorge degli oltre 40mila accessi su atti riservati compiuti probabilmente dallo stesso computer. Qualcosa nel sistema non funziona.

Ovviamente ogni caso va analizzato a se con la distinzione tra buonisti, faccendieri e malfattori; dando per scontato che ognuno è innocente fino a sentenza passata in giudicato (la famosa “presunzione di innocenza”) tenendo conto che spesso nel mondo di che trattasi è molto facile cadere nella trappola; prima di condannare, quindi, è giusto e doveroso aspettare.

 

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