Preannunciato l’appello al Consiglio di Stato della RAI e dell’ordine nazionale dei giornalisti contro la sentenza del TAR del Lazio del 18 giugno 2021, per l’accesso agli atti della trasmissione REPORT del 26 ottobre 2020.

 

Dr. Pietro Cusati (giurista-giornalista)

Roma , 25 giugno 2021. Per il TAR Lazio è illegittimo il diniego, opposto dalla Rai, di accesso al materiale informativo connesso all’attività preparatoria di acquisizione e di raccolta di informazioni inerente un servizio televisivo di Report  di inchiesta giornalistica trasmesso il 26 ottobre 2020, nel cui ambito è stata fornita la rappresentazione di circostanze asseritamente riguardanti l’attività professionale dell’Avv. Andrea Mascetti, necessario per poter promuovere iniziative a tutela del suo buon nome dinanzi alle competenti Autorità giudiziarie e amministrative. La RAI dovrà consentire al ricorrente, entro giorni trenta l’accesso agli atti e ai  documenti  detenuti .E’ stato preannunciato l’appello al Consiglio di Stato da parte della RAI e dell’ordine nazionale dei giornalisti ,contro la sentenza del TAR Lazio del 18 giugno 2021, relativa  all’accesso agli atti della trasmissione report  del 26 ottobre 2020 che  significa accesso alle proprie fonti di informazione sulle quali si sono basate alcune inchieste giornalistiche della trasmissione .L’Avv. Andrea Mascetti, ha chiesto e ottenuto con la sentenza del  TAR del Lazio del 18 giugno 2021 ,l’accesso agli atti relativi all’inchiesta giornalistica di report  del 26 ottobre 2020, che faceva il suo nome . L’equiparazione dei giornalisti RAI ai dipendenti della pubblica amministrazione   riguarda la segretezza delle fonti giornalistiche. Un valore sancito da tutti i codici deontologici, nazionali e internazionali,secondo il  Presidente nazionale  dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Verna che  ha deciso di supportare  questa battaglia accanto ai giornalisti  di Report: «Valutate la sentenza del TAR Lazio e la volontà della Rai di rivolgersi al Consiglio di Stato sulle questione che riguarda Report ed ha conferito mandato ad un legale per un ricorso ad adiuvandum da parte del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti».L’accesso alle fonti di Report viene chiesto in virtù della legge 241/90 che, tuttavia, si esercita , per quanto riguarda la pubblica amministrazione , quando si tratta, appunto, di una attività amministrativa. Il punto è proprio questo: l’attività dei giornalisti della RAI, anche se dipendenti pubblici,  può essere equiparata all’attività amministrativa?E’ legittimo l’accesso alle informazioni propedeutiche al servizio giornalistico televisivo Rai trasmissione Report : “Vassalli, valvassori e valvassini? ”Il TAR Lazio, Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ,sezione terza, ha pronunciato la  sentenza n.7333, depositata il 18 giugno 2021, sul ricorso contro la RAI, Radiotelevisione Italiana S.p.A.,  concernente la :«trasmissione “Report” “Vassalli, valvassori e valvassini”, del 26 ottobre 2020 .La RAI  aveva  respinto l’istanza di accesso  agli atti. Per il TAR Lazio è illegittimo il diniego, opposto dalla Rai, di accesso al materiale informativo connesso all’attività preparatoria di acquisizione e di raccolta di informazioni inerente un servizio televisivo di inchiesta giornalistica trasmesso, nel cui ambito è stata fornita la rappresentazione di circostanze asseritamente riguardanti l’attività professionale dell’istante, necessario per poter promuovere iniziative a tutela del suo buon nome dinanzi alle competenti Autorità giudiziarie e amministrative .Secondo il TAR Lazio,sezione terza, la RAI è assoggettata al diritto di accesso in forza del riferimento normativo anche ai “gestori di pubblici servizi” in quanto tale Ente, pur nella sua veste formalmente privatistica di s.p.a. e pur agendo mediante atti di diritto privato, conserva  significativi elementi di natura pubblicistica, ravvisabili  nella  nomina dei  componenti del Consiglio di amministrazione  da un organo ad essa esterno quale la Commissione parlamentare di vigilanza. Nell’indisponibilità dello scopo da perseguire ,il servizio pubblico radiotelevisivo, prefissato a livello normativo.Nella destinazione di un canone, avente natura di imposta, alla copertura dei costi del servizio da essa gestito. L’azienda RAI  è di proprietà pubblica e rappresenta la concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo, sicché non è revocabile in dubbio la sua riconducibilità di pieno diritto all’ambito di applicazione della normativa sul diritto di accesso, entro i confini delimitati dall’art. 23, l. n. 241 del 1990 che, non a caso, menziona tra i soggetti passivi del diritto di accesso, accanto alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici, anche i “gestori di pubblici servizi”, nel cui novero va certamente collocata la RAI. Secondo la sentenza del TAR Lazio la rappresentazione di notizie operata all’interno di un servizio trasmesso nel corso di un programma di inchiesta giornalistica in onda su una rete RAI non può configurarsi come attività distinta da quella di “informazione pubblica” riconducibile nell’ambito della nozione di servizio pubblico radiotelevisivo affidato in gestione alla medesima Società, del quale sono ritenuti caratteri essenziali il pluralismo, la democraticità e l’imparzialità dell’informazione. Dall’altro, l’attività consistente nella rappresentazione di notizie non può ritenersi disgiunta da quella preparatoria, volta all’acquisizione, alla raccolta e all’elaborazione delle notizie poi oggetto di rappresentazione. Con ricorso del  7 gennaio 2021 il ricorrente aveva  proposto istanza di accesso documentale e civico alla RAI,  in ragione della dichiarata “esigenza di tutelare la propria reputazione nelle sedi competenti”, esponendo che la sua persona e l’attività professionale esercitata erano state oggetto,per la durata di venti minuti, della narrazione editoriale resa nell’ambito di un servizio mandato in onda durante la trasmissione “Report” e deducendo al riguardo che nel contesto del suddetto servizio sarebbero state riportate notizie false e fuorvianti. Il ricorrente deduceva la sussistenza di un interesse “diretto”, in ragione dell’obiettiva riferibilità della documentazione richiesta alla sua persona trattandosi di materiale inerente al servizio televisivo che lo aveva specificamente riguardato, di un interesse “concreto” in quanto funzionale a promuovere iniziative a tutela del suo buon nome e di un interesse “attuale” dal momento che il servizio giornalistico lesivo della sua reputazione sarebbe  visionabile sul sito internet della RAI. Nella motivazione della sentenza il TAR Lazio  osserva che  il servizio di inchiesta giornalistica trasmesso, nel cui ambito è stata fornita la rappresentazione di circostanze asseritamente riguardanti l’attività professionale del ricorrente, aveva ad oggetto la gestione dei fondi regionali e la complessa rete di rapporti che vedrebbero coinvolti l’amministrazione locale e i professionisti attivi sul territorio della Regione Lombardia e che in tale contesto la persona del ricorrente veniva indicata come professionista di riferimento per le attività di consulenza e per altri incarichi affidati dalla Regione e da alcune amministrazioni comunali ovvero da altri enti pubblici a carattere locale.

 

 

 

 

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