Una scuola di prossimità.

 

Prof. Nicola Femminella (scrittore)

Prof. Nicola Femminella

Oggi si dice: “io consigli non ne do”, oppure “non ho bisogno di consigli”. Nel passato, soprattutto nella civiltà contadina, capitava di rivolgersi ai parenti più anziani e con più esperienze per chiedere un consiglio di fronte a una difficoltà o per eliminare un dubbio e non commettere errori. E non mi sembra che le cose andassero per il peggio. Quindi, mi armo di coraggio e rivolgo qualche indicazione ai colleghi docenti. Ne ho incontrato centinaia nella mia attività di formatore e con tutti ho avuto rapporti cordiali e ho sempre stabilito con loro interazioni proficue con lasciti di affetto e rispetto reciproco. Soprattutto con quelli del nord che, scherzando, si meravigliavano che un “terrone” fornisse loro strumenti e percorsi didattici spendibili per ridurre il deficit nella lettura dei loro alunni. Ma veniamo al consiglio che intendo sommessamente somministrare ai docenti del Cilento, iniziando con un assunto che si dovrebbe diffondere nelle scuole di ogni ordine e grado: fissare nella mente dei propri alunni il concetto di Cilento, inteso come una entità geografica e storica unica, composta dai quattro comprensori a sud di Salerno (Alburni, Cilento, Golfo di Policastro, Vallo di Diano). Lo si deve fare poiché nessuno oggi da solo, in qualsiasi settore operi, può individuare soluzioni vincenti per i numerosi problemi che interessano una comunità; forse neppure per quelli che riguardano una singola persona. Continua a essere valida l’affermazione “l’unione fa la forza”, oggi ancora da pronunciare più forte perché le nuove realtà connesse alle questioni dell’economia e dello sviluppo dei territori e degli altri settori che interessano la società sono composite, snodate e, spesso, oberate da enigmi e difficoltà. Esigono analisi mirate volte a individuare i dati che garantiscono soluzioni valide ed efficaci. Occorre, nei casi più complessi, una platea di attori e protagonisti che devono assicurare apporti molteplici e, il più delle volte, multidisciplinari, per giungere al risultato finale cercato.

Per quanto riguarda il Cilento è esso stesso con le sue caratteristiche fisiche, che proietta negli occhi dell’osservatore una immagine unitaria fatta di armonia, perché tutto contiene, dal mare all’alta montagna, dal clima benefico e ristoratore alla lucentezza del cielo stellato, dalle risorse che possiede alle vocazioni per il loro utilizzo, dai tesori nascosti sotto la superficie marina a quelli segreti sotto le vegetazioni offuscanti.

Anche la storia ci avvolge in un afflato unico con il concertato di vicende ed eventi secolari vissuti dai nostri paesi in comunione tra loro. È una linfa che irrora la dimensione antropologica di noi tutti e vi inietta cromosomi simili che ci accomunano e ci rendono orgogliosi di un destino illustre e condiviso. E la stessa esistenza di ogni giorno propone alle nostre comunità i medesimi problemi, le difficoltà e le ansie, gli stessi ostacoli da superare, che nutre le stesse speranze e delusioni. È l’amore per la stessa terra, a cui ci sentiamo legati da un vincolo che nessuna lama può tagliare, ad alimentare gli stessi sogni che nei secoli hanno segnato percorsi temerari come quelli degli emigrati. Ho toccato con mano la durezza granitica di questi elementi comuni, incontrando nativi del Cilento emigrati negli Stati Uniti, in Germania e Francia, in Svizzera, Austria, oppure giovani laureati a Monaco di Baviera qualche anno addietro. Tra di loro un filo d’acciaio che non teme corrosione alcuna. E da questi temi ed argomenti i docenti devono trarre lezioni e capitoli da inserire nei curricula di ogni ordine di scuola per proporre la venuta degli Enotri nel Cilento, la nascita del regno lucano, le tracce dei Greci e dei Romani che si spinsero nelle nostre contrade, la presenza dei monaci italo greci che da noi interruppero il loro lungo viaggio nel sud forse perché trovarono la terra felice agognata. I ragazzi devono conoscere lo splendore dei Sanseverino e comprendere le congiure che ordirono contro Federico II (l’imperatore!) e la Corona Napoletana; devono cercare le ragioni perché le famiglie illustri di Napoli compravano i feudi sugli Alburni e negli altri comprensori cilentani. Scopriranno in tal modo che sono nati in un’enclave favorita dalla natura, nobile e segnata dalla storia maggiore.

E poi i docenti devono far studiare il patrimonio artistico diffuso nelle chiese, nei conventi, nelle dimore nobiliari, i nostri artisti che non respinsero il confronto con i grandi di Napoli. Peccheneda, Palmieri, Francesco da Sicignano, Carrara e tanti altri artisti seppero usare i pennelli e il marmo con somma maestria ispirati soprattutto dal desiderio di illuminare la mente dei conterranei con la bellezza delle loro opere. Sapevano che non rispondevano solo alla chiamata dei committenti laici o religiosi, ma ad uno spirito di servizio per procurare conoscenze ed emozioni alle comunità locali. E il patrimonio resta nei nostri edifici e continua la sua missione formativa su di noi. I docenti devono farlo conoscere alle giovani generazioni perché apprendano il valore educativo del bello, tappa fondamentale per accrescere lo spirito di vivere in empatia con l’altro e in armonia con la natura. Visite, quindi, nelle chiese, nei conventi, nei castelli, perché non restino in disparte; gli studenti un po’ alla volta accetteranno la proposta, i contenuti entreranno nel loro animo e la scoperta produrrà in loro la passione per la ricerca. L’esperienza li renderà migliori e sapranno che anche in mezzo a loro, a poca distanza da casa, c’è il tesoretto d’arte, come a Perugia, Firenze, Venezia: lo faranno proprio e da esso riceveranno tanta energia propulsiva che li renderà più forti per vivere e scrivere la loro storia. E insieme ameranno di più il territorio e su di esso forse decideranno investimenti per trascorrevi la propria esistenza e non andare via, svuotati di ogni volontà. In quale altro modo si potrà, arrestare lo spopolamento, quando la classe politica avrà compiuto per intero la propria parte, come ha fatto l’Unione Europea con l’Italia concedendo il Ricovery Fund?

In ultimo i luoghi della natura: le coste e il mare, le grotte e il fenomeno carsico, i fiumi con il loro percorso, le pianure e le colline, i boschi, i sentieri sono un laboratorio, un libro aperto, per entrare nel magico mondo della natura che nei nostri territori segna somme magnificenze. Qui la superficie terrestre si arricchisce di una biodiversità che sorprende e che neppure è traducibile in numero essendo infinite le specie, le forme, le famiglie di “erbe ed animali” che la alimentano. I ragazzi vedranno la propria curiosità stimolata al massimo grado e nascerà in loro l’amore per le scienze. Conosceranno così l’ambiente e con esso le risorse che può offrire loro. Se lo ameranno, potranno tutelarlo e anche accogliere nelle proprie mani le opzioni lavorative che procura. E forse rimanere nelle case dei loro padri, nelle vie e nelle piazzette ove hanno percorso i primi passi. Conoscere ciò che è a portato di mano, forse, è più utile di quanto immaginiamo, può essere una piccola scintilla che può portare i nostri ragazzi al mercato globale, dietro al quale già si intravedono nuovi orizzonti tecnologici e forme di ricchezza e produzione ancora non note. Scoprirla, valorizzarla e, magari, proiettarla nel firmamento del web e dell’e-commerce può essere una sfida affascinante da accettare. Conosco dei giovani che lo stanno facendo in agricoltura, nella piccola industria agro alimentare, nei servizi, nella logistica e nutro per loro una smisurata ammirazione. Per loro, secondo me, il viaggio è iniziato a un palmo dalla propria ombra, ma accompagnati dalla luce del coraggio e del sacrificio.

 

 

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