La vittoria dell’Italia: messaggi e significati.

 

Prof. Nicola Femminella

(docente – scrittore)

La festa per la vittoria europea della nazionale italiana di calcio

Di solito faccio delle riflessioni a riguardo degli eventi che interessano vasti strati dell’opinione pubblica, cercando di cogliere in essi messaggi e significati degni di nota. L’epilogo finale del Campionato europeo di calcio appena terminato, che ha visto vittoriosa la gloriosa armata della nostra Italia, guidata magistralmente dall’allenatore Mancini, mi ha offerto qualche spunto che voglio qui riportare.

  1. La nostra squadra, dicono, ha trionfato perché i giocatori si sono riuniti sotto la bandiera tricolore in un gruppo granitico, compatto, coeso come non mai. Una volontà unica, quella degli atleti,  incrollabile di fronte alle dure prove da superare, pronta a rialzarsi subito dopo una fase avversa, aiutandosi l’un l’altro come samurai di fronte ad un invasore più forte, soverchiante. Vibranti gli abbracci, dirompenti le pacche sui corpi, deliranti gli urli; corse forsennate in aiuto del compagno circondato dagli avversari, ricerca indiavolata della palla. Un muro mai visto contro il quale le altre squadre sono cozzate, incapaci di abbatterlo del tutto. Non ufficiali ardimentosi con medaglie lucide, ma soldati semplici decisi a non cedere e a moltiplicare gli sforzi ad ogni assalto. Nessuno durante le sette partite ha ritirato lo scarpino; l’avevano giurato tra di loro nelle riunioni segrete, simili ai carbonari risorgimentali votati alla morte. Il messaggio limpido che essi lanciano ai giovani è che nessuna impresa è impossibile se il cuore si erge sulle fiamme e si imbraccia l’ardore agonistico, disciplinati e organizzati da un capo che ha studiato la partita, gli avversari ed ogni opportunità da cogliere sul campo. Posso solo aggiungere che ancora una volta la determinazione, il coraggio, il sacrificio, l’unità sono il traino per compiere l’impresa e che soprattutto i giovani devono assumerle come regole da seguire.
  2. Il messaggio della corona inglese. Sorprendente e inatteso, per nulla elegante ma fortemente deplorevole, becero, in ogni caso per nulla… regale! Sicuramente un atto, quello di non restare sugli spalti, né partecipare alla premiazione della nostra squadra, dettato dalla confusione che da un po’ regna nella famiglia regnante, segnata da rampolli che ripetono le figuracce del genitore. Il british style tanto ostentato in molte occasioni si è perso nelle acque nere del Tamigi e la corsa disonorevole di William per guadagnare celermente l’uscita ha privato la ripresa televisiva di esempi edificanti e rispettosi dei cerimoniali corretti. Il messaggio che devono cogliere i ragazzi è che devono costruirsi con gli anni uno stile di pensiero e comportamento caratterizzato dalle buone maniere e dal galateo rigoroso, specie quando si rappresentano le istituzioni supreme dello stato. Il principino oltre allo stato rappresentava la monarchia. Un elemento in più. Un messaggio il suo da biasimare.
  3. Prof. Nicola Femminella

    Gli atleti inglesi, convinti di essere già sul tetto del mondo e resi claudicanti dalla batosta subita hanno respinto la medaglia d’argento, togliendola dal collo. “Non sia mai! Per noi solo quella d’oro”. Non sapevano gli sprovveduti che l’altra, quella preziosa, bisognava conquistarla sul campo e non ricavarla dai forzieri della regina che di oro ne ha a bizzeffe. Pavidi, con le gambe tremanti nel calciare il rigore; altezzosi ma con gli occhi abbassati nel respingere la medaglia della vergogna. Nessuno ha mai insegnato loro il nobile pensiero di Pierre de Coubertin, perché prediligono innalzare i canti della vittoria accompagnati dalle cornamuse. Il ritiro nei sottopassaggi l’hanno fatto in trance con la mente obnubilata dalla disfatta e relativa vergogna. Il messaggio: non solo si può perdere o vincere. Si può anche perdere e vincere! Con dignità e rispetto degli avversari.

  4. I tifosi. I meno colpevoli, perché quelli inglesi spesso entrano nello stadio con pance/otri pieni di birra. E allora prevale l’istinto bestiale e anche l’azione vigliacca. Oltre ad aver rimesso fischi indirizzati alla nostra bandiera, ho visto immagini con decine di energumeni avventarsi contro i singoli ragazzi italiani che cercavano di uscire dallo stadio, scaraventati a terra con schiaffi e calci e calpestati dal vil piede, trasformato in zampa unghiata. Ai nostri ragazzi il mio invito. Quando gli hooligans inglesi verranno in Italia, accogliamoli col sorriso e mazzolini di rose e diamo loro una lezione di buona accoglienza e gesti gentili, ma imponiamo loro di… bere la nostra buona acqua. Il messaggio per i nostri ragazzi è quello di non seguire gli esempi stupidi dei coetanei inglesi, esaltati e stabilmente posti sui marciapiedi della violenza e destinati alle sacre galere. Mostrino ed esaltino il nostro italian style.
  5. Il popolo italiano. Si è trovato unito nel festeggiare una vittoria che ha colmato il cuore di entusiasmo soffocante, di esultanza impetuosa, di felicità festosa, rumorosa, che ha fatto toccare loro con mano la pienezza dell’estasi. Tutti uniti in un sol coro, in una sola corsa sfrenata al seguito del pullman sotto un pezzo di cielo denso di piacere con le stelle a illuminare una notte irripetibile. D’incanto tante separatezze del passato mai abbattute, dalle Alpi alle coste della Sicilia, sono svanite, si sono abbracciate. I genitori hanno lasciato andare i propri figli in mezzo alle strade, senza fermarli, perché giammai il male avrebbe piegato quei cuori felici e indurli all’azione malevole. Tutti nelle strade chiamati da una voce misteriosa e alla ricerca di una bandiera qualche volta calpestata dal delinquente di turno ma onorata da 26 ragazzi che avevano lasciato la paura nel cassetto dei sogni. Sia sempre così unito il popolo italiano, faccia della solidarietà, della coesione il proprio credo politico, la stella polare da cui farsi guidare e gli steccati divisivi scompaiano definitivamente allo sventolare della nostra bandiera tricolore. Viva l’Italia unita!

 

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