L’economia del farwest accanto

 

da Antonio Cortese (giornalista)

La Turchia supera da qualche decennio le lotte politiche e religiose con quelle economiche. Nello scacchiere internazionale è divenuto un quadratino jolly dove durante la distrazione delle guerre scongelate ad ovest, sono passati investitori arabi e russi. In Italia, manco a dirlo, dominati dal amore-terrore germanico siamo rimasti in una memoria demodé, poiché anche le tigri turche nel frattempo hanno acquisito aziende di produzione dolciaria, aerei, aziende di distribuzione. Pure quelli impegnati a rigurgitare fascismo e antifascismo erano troppo distratti a mangiare parmigiana.  Pochi fortunati ancora non sembrano fare tendenza se non nel campo del business e dell’interscambio in questo quadro di improsciuttati spettatori di media a senso unico. L’economia del sud invece, accorgendosene, potrebbe riequilibrare la vittimistica posizione nord-sud ad ovest- est; un pochino come ai tempi dei romani. Già, sono passati secoli su secoli, ora però americani compresi e le multinazionali e le banche forti fanno girare da quella parte flussi ed investimenti. Una sorta di pazzia ancora non debellata dibatte ogni giorno dei giovani che devono andare in Svizzera in Germania o in Inghilterra a conquistarsi una dignità. Come mai in Spagna e in Portogallo o altre nazioni europee non c’è traccia di questa filastrocca scaduta? Quale fissazione di rivalsa storica ipnotizza gli stessi opinion leader a parlare in questi termini a discapito di un’Italia che avrebbe altro da fare? Chi percepisce il reddito di cittadinanza mica è detto che debba fare a forza lo spazzino: potrebbe imparare nuove lingue ad esempio  e da qui a cinque anni avremmo persone in grado di aiutarci; altrimenti allora che figura di ignoranza in massa faremmo con la globalizzazione che ci verrà a deridere?

 

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