il Quotidiano di Salerno

direttore: Aldo Bianchini

Giù le mani dal Reddito di Cittadinanza

 

scritto da Luigi Gravagnuolo il 10 Settembre 2021

per “GT – Gente e territorio

 

Chi ha visto con i propri occhi la povertà, quella veramente assoluta, la gente appestata o lebbrosa – sì, in India e altrove la peste e la lebbra esistono ancora – denutrita, che compete nella monnezza con le scimmie per accaparrarsi qualche alimento avariato e condivide il giaciglio con le pantegane, difficilmente può dare credito alle statistiche che parlano di cinque milioni di poveri assoluti in Italia. Suvvia, se le parole hanno un senso, la povertà assoluta è un’altra cosa.

Ma, assoluta o no che sia, la povertà di cinque milioni di residenti in Italia è comunque una realtà. Molti mangiano alle mense dei poveri, alcuni passano le notti nei dormitori, laddove ci sono, altri stentano comunque a tirare avanti.

Quando il primo governo Conte, quello giallo-verde, istituì il Reddito di Cittadinanza molti, tra questi chi scrive, furono perplessi. Non si sarebbero incentivati l’indolenza dei Neet e soprattutto il lavoro nero? E in un sistema come il nostro, che fa acqua da tutte le parti, chi avrebbe potuto dare garanzie sull’effettiva povertà dei beneficiari?

Preoccupazioni più che sensate, tant’è che, a distanza di due anni, si sono scoperti molti percettori del RdC, sedicenti poveri ed in realtà benestanti, quando non addirittura affiliati a cosche criminali. Come pure si è effettivamente incrementato il lavoro nero.

Poi è arrivata la pandemia. Per due anni, salvo alcuni mesi di tregua, siamo stati tutti costretti nelle nostre case. Tutti. Ricchi e poveri. Le fabbriche e gli uffici, salvo quelli ‘essenziali’, hanno chiuso, i negozi hanno tenuto le serrande abbassate, i ristoranti pure. L’Italia si è impoverita. Solo che i ricchi avevano le riserve per resistere e chi aveva un lavoro fisso o una pensione ha continuato a beneficiarne. Per parte loro i commercianti e gli imprenditori del settore turistico alberghiero e della ristorazione hanno ottenuto indennizzi parametrati alla fatturazione media degli anni pre-Covid, e in qualche modo hanno rimediato.

Chi sarebbe restato tagliato fuori dai ristori del Governo sarebbero stati proprio i più poveri e quelli che si arrangiavano alla giornata e lavoravano in nero. Quale fatturazione media avrebbero potuto esibire se da sempre non avevano lasciato traccia dei propri guadagni? Si tratta di un numero rilevante di persone, in gran parte residenti nel Mezzogiorno. Sarebbe stata rivolta certa, forse anche sanguinosa, se … se non fosse stato già operativo il Reddito di Cittadinanza.

Questa disposizione normativa, con tutti i suoi limiti, è stata la salvezza dell’Italia, il più efficace tra gli ammortizzatori sociali. Anche a prescindere dalla pandemia non era più eludibile. Avevano ragione i 5Stelle. Ma, alla prova dei fatti, è stata efficace?

Frequento alcune mense dei poveri. I loro operatori mi dicono che, da quando è stato istituito il RdC, il numero di utenti è diminuito. Non di molto, ma è diminuito. Sia pure empirico, è già di per sé un dato su cui riflettere.

Tuttavia, c’è chi ancora bofonchia. Molti imprenditori del settore della ricettività alberghiera, che utilizzano personale stagionale per ovvi motivi, si sono lamentati che questa estate hanno faticato a trovare persone disponibili a lavorare e ne hanno attribuito la ‘colpa’ al RdC.

Mi sono informato. Ai Centri per l’impiego non arrivano i prospetti del fabbisogno di stagionali dalle imprese del settore, né esse si rivolgono ai Cpi per individuarli. E si capisce, dovrebbero poi contrattualizzarli a norma di legge. Preferiscono le trattative private. Sono andato quindi a cercare qualche conoscente che percepisce il RdC e che tradizionalmente d’estate lavorava negli alberghi. Questa estate è stato a spasso. Come negli anni scorsi alcuni albergatori gli si sono effettivamente rivolti per offrire il solito lavoro stagionale, ma loro hanno rifiutato.

Perché? gli ho chiesto. Gli offrivano tre mesi di lavoro a mille euro al mese per 12 ore al giorno, solo otto delle quali ‘regolari’, e senza riposo settimanale. Quando non addirittura gli chiedevano di restituirne in nero due-trecento al mese. Ci si può meravigliare se, godendo già del RdC – in genere sui settecento euro al mese – si sono rifiutati? A ben vedere il RdC, togliendo dal bisogno estremo tante persone – nel Mezzogiorno sono oltre tre milioni i suoi percettori – le ha anche messe nelle condizioni di difendere la propria dignità. Per come è stato concepito e strutturato ha certamente molti limiti. Alla luce dell’esperienza va certamente revisionato. Ma guai a farne a meno.

Chiudo con una preghiera. Per cortesia, la politica la pianti di azzuffarsi sulle parole – reddito di cittadinanza no, ma di inclusione sì; oppure no, meglio lavoro che reddito di cittadinanza; o altre baggianate – lo chiamino come si voglia, lo emendino come si deve, ma non lo eliminino.

 

 

1 Commento

  1. Aggiungerei alla difesa del tema il fatto che chi rifiutava il lavoro lo faceva per più motivi: paura di perdere il diritto acquisito, anche se nella maggior parte erano proprio questi protagonisti a osteggiarne il varo per seguire i padri padroni o essendone perdutamente succubi; stanchezza naturale dopo anni e anni di lavoro di ricerca umiliante del lavoro date le conseguenze pisichiche e quindi fisiche; ritrovo e “riposo” consapevole della propria seppur minima dignità riscoperta e iunfine non stiamo parlando solamente di gente con la terza elementare ma di tanti diplomati e laureati che a tali richieste hanno cominciato ad esigere un trattamento consono in caso di assunzione regolare o meno.

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