Il manifesto di Munch.

 

 

da Antonio Cortese (giornalista)

 

La percezione dei messaggi elettorali si testa ancora sulla copertura dei manifesti cartacei in giro per le strade. Nonostante molti candidati si facciano spazio sulle testate on-line o sui social più informalmente, “carta canta” anche su muri, muretti e affissioni più svariate. I bigliettini da visita sui banchi dai bar e di altri esercizi denotano subito la volontà di nuovi protagonisti che ambiscono risicatamente ad un posto da consigliere, invece i 6×3 e manifesti più o meno grandi affermano la presenza sociale di persone che già in passato si sono fatte valere nei propri ambiti e che anche se non vinceranno mantengono comunque il proprio tessuto sociale. Tra le tecniche pubblicitarie, quella dei manifesti è la più primitiva: un pubblicitario internazionale di successo definì questo mezzo uno strillo, un urlo. Proprio perciò i manifesti possono risultare fastidiosi fino allo stress e al disgusto. Quindi questa battaglia di strada la vince chi sceglie lo svincolo critico, il muro più alto, l’incrocio allo stop, il muretto insospettabile, la cartellonistica ai cartelli stradali. Poiché l’influenza di queste voci ai fini del reale procacciamento del voto finale è comunque molto limitata e influisce con percentuali che si contano su una mano e che possono fare la differenza, i manifesti servono comunque a “recuperare le spese” del Comune che ne riscuote la tassa, oltre alle multe ai vari candidati che praticano l’affissione selvaggia. Questo contributo è un investimento da parte dei papabili che a loro volta sperano di far fruttarlo, si spera, impegnandosi in politiche produttive, specie ecologiche.

 

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