URBANISTICA: Bohigas, Bofil e Hadid … accomunati dallo stesso destino !!

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Che Salerno sia “un porto di mare” è risaputo, ma che nel tempo potesse diventare anche un “porto di accoglienza” per i migliori e più blasonati urbanisti del mondo (eccezion fatta per Frank Owen Gehry di Los Angeles e di Renzo Piano) non era neppure lontanamente prevedibile. Ma con il primo sindacato di Vincenzo De Luca ci fu la svolta epocale e si passò dai pur grandi architetti e ingegneri nostrani tra i quali Alberto Cuomo – Giovanni Giannattasio – Franco Amatucci e Raffaele Galdi (appositamente inseriti in un elenco di oltre duecento tecnici predisposto dal famoso “laboratorio laico e di sinistra” voluto da Carmelo Conte, con molti geometri al seguito) ai blasonati archistar dell’architettura mondiale.

C’era da ridisegnare Salerno per avviarla verso il nuovo millennio e nacque il famosissimo “Ufficio di Piano” organizzato in prima persona da Oriol Bohigas (prima ostracizzato e poi richiamato da De Luca) e diretto dall’ing. Ercole Di Filippo che del compianto Bohigas era non solo amico ma anche vicino di casa alle Isole Canarie; e fu proprio Di Filippo con l’allora assessore Ferdinando Cappuccio (PRI) a portare a Salerno per la prima volta il catalano quando era ancora sindaco Vincenzo Giordano.

In rapida successione, visto il cambio di rotta di De Luca, negli anni sono arrivati Oriol Bohigas, Ricardo Bofil e Zaha Adid, e tutti e tre hanno cercato di dare il meglio nella progettazione delle opere richieste in maniera monocratica dallo stesso De Luca.

Ma tutti e tre dopo aver toccato lo schema urbanistico di Salerno sono passati a miglior vita, chi per ragioni di età e chi molto prematuramente.

Da qui la considerazione che, forse, Salerno è la tomba dei grandi urbanisti ed archistar planetari; e forse per questo il mitico Frank Owen Gehry rinunciò all’incarico costringendo De Luca ad andare fino a Los Angeles per tentare di far ritornare sui suoi passi il grande urbanista.

 

Oriol Bohigas

Oriol Bohigas – (Barcellona20 dicembre 1925 – Barcellona30 novembre 2021) – 96 anni –  è stato un architettourbanista spagnolo, come sappiamo tutti, ha redatto il PUC. Cioè ha dato metodo e principi ed ha disegnato la nuova città o meglio ha ridisegnato quella esistente avendo presente che la città non doveva ulteriormente espandersi.  Infatti solo dopo e con fatica accettò l’idea di poche aree di espansione destinate ad edilizia residenziale pubblica volute dall’Amministrazione. Oltre il PUC Bohigas, tra l’altro, ha progettato la piazzetta in via Duomo davanti al Tempio di Pomona, ha rivisitato il progetto generale della Lungoirno come progetto globale disegnando, in particolare, la piazzetta sull’Irno alla fine di via Nizza o meglio di fronte alla Cittadella Giudiziaria dal lato opposto del Faro della Giustizia (ironia della nostra condizione giudiziaria?).  Sempre sulla Lungoirno progettò anche il dettaglio della parte terminale dal lato di via Torrione dalla rotatoria lato monte fino al mare accogliendo l’idea dell’ufficio tecnico comunale (allora diretto dall’ing. Lorenzo Criscuolo) del sottostante parcheggio pluripiano. Poi In ogni zona della città, in pratica in molti PUA, Bohigas ha disegnato più in dettaglio le parti pubbliche più significative.

 

Ricardo Bofil

Ricardo Bofil – (Barcellona5 dicembre 1939 – Barcellona14 gennaio 2022) – 82 anni – è stato un architettourbanista spagnolo. Dunque, ci ha lasciati improvvisamente Ricardo Bofill.  E’ stato un grande architetto, in parte figlio anche della nostra cultura grazie alla mamma italiana ed alla sua consuetudine con il nostro paese. Lui si considerava in parte italiano ed aveva un grande amore per l’italia. Tra le altre cose amava, soprattutto, dire che era falso affermare che gli italiani sono poco efficienti e non produttivi. Diceva che dopo le 17 a Barcellona ed in tutta Europa non rispondeva più nessuno negli uffici iniziando dal suo studio. In Italia, invece, rispondevano sempre, e lo diceva ammirato.  Stimava molto l’ufficio tecnico comunale di Salerno e lo disse in più occasioni a De Luca, citando anche alcuni nomi alla presentazione pubblica del Crescent nel Salone dei Marmi. Lui a Salerno ha progettato solo la Piazza della Libertà ed il Crescent ma ha certamente lasciato un segno. Pensava che l’architettura dell’edificio dovesse essere moderna e non post-modern, come richiesto da De Luca, ma alla fine la grande forza di quello spazio proiettato sul mare, che è la piazza, rende giustizia ad un lavoro architettonico enorme. Lavoro che non può essere diminuito o rovinato dall’insipienza di personaggi che, grazie alla nostra cervellotica normativa, si sono ritrovati a confrontarsi con la realizzazione non avendo, all’evidenza dei fatti, le necessarie capacità e la indispensabile consapevolezza dei propri limiti

 

Zaha Adid

Zaha Adid – (in arabo: زها حديد‎; Baghdad31 ottobre 1950 – Miami31 marzo 2016) è stata un’architettadesigner irachena naturalizzata britannica. Ha ricevuto il Premio

Pritzker nel 2004 (prima donna a ottenerlo) e il Premio Stirling nel 2010 e nel 2011. È stata una delle capofila e massime esponenti della corrente decostruttivista. Nel 2010 il TIME la incluse nell’elenco delle 100 personalità più influenti al mondo. Nel 2013, lo studio Zaha Hadid Architects con 246 architetti dipendenti, si collocò al 45º posto nell’elenco dei più importanti studi di architettura del mondo secondo BD Insurance Bureau. A causa della morte repentina non ha fatto in tempo a partecipare all’inaugurazione della Stazione Marittima di Salerno, inaugurata lunedì 25 aprile 2016. Quel giorno Vincenzo De Luca, già governatore della Campania, disse “… ringrazio tutti coloro i quali oggi – nonostante le avverse condizioni meteo – hanno deciso di essere presenti all’inaugurazione della Stazione Marittima. Portiamo a conclusione una delle opere simbolo della nostra città e direi dell’Italia …”.

 

 

One thought on “URBANISTICA: Bohigas, Bofil e Hadid … accomunati dallo stesso destino !!

  1. Senza necessariamente vederci i segni di qualche dietrologia, trovo davvero apprezzabile e degna di essere letta questa breve ma significativa riproposizione, fatta dal Direttore Bianchini, dell’evolversi dell’urbanistica salernitana negli ultimi decenni.

    Salta all’occhio la frattura che si è verificata in occasione della transizione temporale da una prima fase caratterizzata da una determinata connotazione politica, ad un’altra, subito apparsa di “rottura” rispetto al passato.

    Visivamente e sostanzialmente essa è stata molto evidente nel settore dell’urbanistica, dove si è assistito ad un salto di qualità che non va inteso necessariamente quasi un passaggio dal “peggio” al “meglio”, quanto piuttosto come un cambio di indirizzo della specificità progettuale, in grado quindi di proporre le innovazioni da introdurre nel tessuto urbano della città e individuare gli interpreti più idonei che potevano affacciarsi sul proscenio, con proprie idee innovative e originali.

    La rottura risultata però la più indigesta per una larga parte di professionisti locali è stata che il programmato ed esteso restyling di varie parti del territorio cittadino sia stato affidato ad architetti di lingua e cultura straniera.
    Comprensibili certe reazioni ma assolutamente non giustificabili, specie se tuttora vengono sostenute con persistente attualità, riversando giudizi pesantemente negativi su questa o quell’altra realizzazione, con l’aggravante, sottolineata dal dr. Bianchini, della carenza di “necessarie capacità e di indispensabile consapevolezza dei propri limiti”.

    Forse qualche autocritica di chi é stato protagonista e responsabile (o non si è opposto) dello scempio urbano che in passato ha colpito le zone orientali e collinari di Salerno contribuirebbe ad evidenziare in loro almeno un residuo di obiettività.

    Non si ha peraltro evidenza che da parte di architetti e urbanisti locali si stia dando consistenza a progetti di recupero e di concreta valorizzazione di monumenti cittadini che da anni vivono nel limbo del “non uso” e “disuso”, anticamera dell’abbandono e della rovina.
    La Carnale è uno di questi, ma anche l’Acquedotto Medievale colpevolmente sottratto ad una completa visuale di quel che è rimasto, l’ex Ostello della gioventù, il vecchio carcere, alcuni suggestivi e pittoreschi borghetti del Centro Storico non più impreziositi da antiche chiese e palazzi nobiliari lasciati in rovina e con le facciate scheggiate.

    Onestamente, non si può ignorare l’intrinseco valore rappresentato dall’apporto dato da chi, venuto da oltre confine, ha messo a disposizione ed esplicato il proprio talento per un rinnovo estetico, visivo, funzionale su un tessuto urbano che “vivacchiava”, sia detto non in tono offensivo ma solo per esprimere l’assuefazione ad una statica, passiva quotidianità.

    Ed è stata una circostanza che andava apprezzata col massimo dei consensi per l’intrinseco valore che rappresentava e per le indubbie ricadute sul futuro assetto di varie zone cittadine.

    Ma soprattutto non rappresentava un unicum, quasi un azzardo sperimentale.

    Quanti architetti, scultori, pittori – non di origine ed estrazione romana – sono stati chiamati e hanno lasciato la loro impronta e le testimonianze della loro arte nella Capitale?
    Michelangelo, Raffaello, Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, Caravaggio, Carracci, Pier Luigi Nervi, Zaha Hadid, Richard Meier e tanti altri.

    Perché allora tante ostilità e sdegnati rifiuti nei riguardi di Oriol Bohigas, di Ricardo Bofil, di Zaha Hadid e con essi accogliendo anche Paolo Portoghesi e David Chipperfield??

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