Lungomare: bello senz’anima

 

da Antonio Cortese (giornalista)

 

SALERNO – Col divieto alle bancarelle, dove i soliti schizzinosi pretenderebbero di fare i signori unicamente per portare a spasso il proprio cane, si sono muniti di un altro tipo di paletta, non quella per gli escrementi ma quella per privare ancora il lungomare delle innocenti tradizioni. Anni fa si cominciò a vietare i coriandoli a carnevale, poi a cacciare i venditori di pannocchie o di zucchero filato; poi si sono accaniti coi musicisti di strada (va ricordato che i Beatles e tanti altri gotha della musica internazionale hanno cominciato così) e infine multe ai risciò e monopattini. Quella dei “bancarellari” non è la solita categoria dei cosiddetti ambulanti del commercio: molti di loro rappresentano una specie di istituzione della vita sociale cittadina, alcuni ti possono procurare anche altro a parte della merce solitamente esposta (a meno che non sia spaccio occulto), a difesa non solo del reperimento ma della circolazione di beni che il terzo millennio non fabbrica più e che neanche saprebbe più farlo. Alcuni di loro hanno manifestato in questi giorni nei portici di palazzo Guerra e non vanno traditi. I veleni disseminati sul caso dei mercatini di Natale sembra li abbia raggiunti, ma il loro mestiere non va confuso con sagre ed eventi, organizzazioni svariate di turismo plastificato o altre kermesse alla moda ma fuori dalla vera moda, classica, quella della più antica forma di vendita al dettaglio. Di solito si va sul lungomare e c’è la bancarella di fiori di collina, accanto al pakistano, al cinese al bulgaro o al rumeno, ma perché privare la gente dell’occasione di poter trovare un foulard esotico, il ciondolo portafortuna per l’amata, il giocattolino per il nipote? Se c’é bisogno di regolamentare questo tipo di commercio arcaico e selvaggio non é detto che bisogna metterlo a spasso (altrove). Sorge spontanea una domanda: chi decide questo tipo di provvedimenti é veramante salernitano?

 

 

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