PENNA: la maledizione del “ragno violino” … è complotto politico-giudiziario o un calderone di “pan’ e puparuol”

 

Aldo Binchini

SALERNO – Tutto tace, il silenzio è tombale; mancano le veline sapientemente scucite da …… non si mai da chi !! …… e i giornali hanno smesso di scrivere titoloni senza senso. Insomma appena il magistrato, il carabiniere, il poliziotto, il finanziere o l’avvocato non passano più notizie di prima mano, a volte a che a pagamento, ecco che cala subito il sipario su ogni vicenda, su una vicenda del calibro di quella relativa al pm Roberto Penna che è caduto miseramente in una ragnatela da lui stesso, forse, creata con l’aiuto di un altro personaggio che è stato pm in passato.

Atteso il fatto che la ragnatela c’è, è necessario adesso scoprire che è stato e chi è “il ragno” perché se gioco forza dobbiamo concedere a tutti, Penna compreso, la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva, è giusto anche porsi la domanda sull’esistenza e sull’identità del “ragno violino” (Loxosceles rufescens) che in Italia è il più velenoso della specie e che riesce, attraverso la costruzione di cunicoli ed anfratti a mascherarsi sempre benissimo, fino a diventare introvabile.

Non voglio assolvere e/o condannare nessuno, ma nemmeno deluderli; purtroppo penso che fatalmente questa storia si concluderà, come tante altre, a “pan’ e puparuol”; lo affermo con tristezza perché, pur volendo credere fermamente nella giustizia, da tempo ho smesso di credere nell’azione equilibrata ed equidistante della magistratura salernitana.

Spero di avere torto; e Vi invito tutti a leggere con attenzione quanto sto scrivendo in merito alla vicenda che interessa molti e che sembra essere scomparsa dagli schermi della stampa locale; una vicenda che mette tutti insieme, senza distinzione di sorta, una serie variegata di personaggi che secondo gli inquirenti (PM – Antonella Fratello e Antonello Ardituro, coordinati dal capo Giovanni Melillo e dal vice Giuseppe Lucantonio – GIP: Rosamaria De Lellis; tutti del tribunale di Napoli competente per territorio) i numerosi indagati sarebbero responsabili dei reati di corruzione per l’esercizio delle funzioni, atto contrario ai doveri d’ufficio e in atti giudiziari, oltre che induzione indebita a dare o promettere utilità; accuse gravissime che, ovviamente, vanno tutte provate con sufficiente credibilità.

In apertura parlavo di ragnatela; ebbene sì, se la Procura ha messo insieme nello stesso calderone fatti e personaggi troppo distanti tra loro e suddivisi tra ricattatori e ricattati con la significativa possibilità che i ricattatori possano essere stati, a loro volta, ricattati dal altri soggetti, si capisce che il quadro investigativo è talmente confuso che alla fine la giustizia ne uscirà molto penalizzata.

Roberto Penna, Eugenio e Valeria Rainone (gli unici due destinatari di precise pressioni intimidatorie), Umberto Inverso, Mari Gabriella Gallevi, Francesco Vorro, Fabrizio Lisi, Giovanni Savalle, Gregorio Fiscina (già fuori dall’inchiesta), il sig. Bisignani, un ex magistrato, un direttore di giornale, Marina d’Arechi, i casalesi di Zagaria attraverso la “famiglia Piccolo” e, addirittura, Matteo Messina Denaro attraverso la figura di Savalle; un calderone indescrivibile nel quale poterci buttare tutto e di più, senza la minima possibilità di elevare al rango di “prova conclamata” nessuna delle ipotesi accusatorie che rasentano, in alcuni casi, fantasiose ricostruzioni ai limiti della credibilità.

Come andrà a finire ? Nell’attesa di scoprire la vera identità del “ragno violino” saranno svelati un po’ alla volta altri episodi marginali che non intaccheranno il castello accusatorio ma neppure lo confermeranno; e i giornali impazziranno di nuovo.

 

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