Tangentopoli & Stragi: trent’anni dopo … da Falcone alla caduta della prima repubblica

 

Aldo Bianchini

L'ex ministro Claudio Martelli con iol magistrato Giovanni Falcone

SALERNO – Trent’anni fa irrompeva sulla scena politica la cosiddetta tangentopoli di “Mani pulite” (era il 17 febbraio 1992) con l’arresto di Mario Chiesa e sempre trent’anni fa il Paese veniva sconvolto dalle cosiddette “stragi di Stato” con l’uccisione dei magistrati Giovanni Falcone (23 maggio 1992) e Paolo Borsellino (19 luglio 1992) insieme alle loro rispettive scorte.

Dopo trent’anni di stanca ripetitività di omaggio a “mani pulite” e di severa condanna della mafia e dello stesso Stato per le “stragi” credo sia finalmente giunto il momento di chiedersi, a bocce ormai ferme, il perché due avvenimenti storici come quelli enunciati, che hanno indiscutibilmente stravolto e riscritto la storia italiana, si siano verificati e consumati in una manciata di giorni con evidenti ripercussioni negli anni successivi.

Possibile che due sconvolgimenti così grandi, tanto da cambiare la storia , si siano concentrati in soli 152 giorni (dal 17 febbraio al 19 luglio 1992); due eventi che hanno profondamente inciso nel tessuto sociale-politica-culturale-imprenditoriale e malavitosa, e che pur avendo tradizioni millenarie si era ormai incartato su se stesso facendo dilagare la corruzione, la concussione e i perversi accordi tra politica-magistratura e mafie.

Me lo sono chiesto tantissime volte e pur non avendo mai trovato una risposta pienamente esaustiva ho maturato la convinzione che tra gli eventi drammatici accaduti in quei 152 giorni dovesse esserci un nesso non solo logico ma anche sostanziale.

Il quadro più esplicativo degli accadimenti di quel tempo potrebbe racchiudersi semplicemente in una “contemporaneità di eventi interconnessi tra loro”, ovvero che le mafie riuscirono ad inserirsi con grande abilità in quegli spazi in cui, alla caduta rovinosa della politica sotto i colpi di maglio della magistratura, si sostituiva l’imponente forza economica e delinquenziale delle prolifiche mafie che, in un presunto accordo con la stessa politica, cercava di mantenere lo stato dell’arte sui livelli più convenienti sia per la politica che per le stesse mafie. Insomma le stragi, forse, servivano per cercare di arginare l fine della prima repubblica che d decenni era scesa a patti con la malavita organizzata. Il tutto in una vera e infinita guerra tra i poteri dello Stato a tutto vantaggio delle varie organizzazioni riminali nazionali e mondiali.

La vedova Tina, di Antonio Montinaro, forse l'unica che ancora oggi difende la memoria del marito caduto nella strage di Capaci

A distanza di trent’anni da quella stagione mi ha colpito la considerazione espressa pochi giorni fa dalla vedova Montinaro (il capo scorta di Falcone), sig.ra Tina, con le seguenti parole: “C’è da lavorare ancora per raggiungere una piena verità su quella stagione, che ha ancora molti buchi neri. Quando non si sono ricostruiti con certezza tutti gli aspetti di ciò che accadde, si alimenta sfiducia. Dallo Stato si aspettano risposte e certezze che ancora non sono arrivate e questo non rispetta il sacrificio di chi ha dato la vita per lo Stato”.

La vedova ha pienamente ragione, ci sono ancora molti buchi neri; e in uno di questi buchi potrebbe anche trovare una giusta collocazione l’ipotesi avanzata in questo articolo che, seppure fantasiosa, evidenzia tratti di assoluta verità.

Quindi dopo trent’anni è giunto il momento di ragionare a 360° su quel breve periodo di 152 giorni che ha sconvolto la storia del nostro Paese, forse e purtroppo inutilmente.

 

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