Dopo tre giorni dal referendum del 12 giugno, il Senato ha approvato velocemente la legge dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio Superiore della Magistratura.

 

da Pietro Cusati

Dr. Pietro Cusati (giurista - giornalista)

Ci voleva il referendum per l’approvazione lampo  da  parte del Senato della Repubblica  della  riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio Superiore della Magistratura. Con 173 voti a favore, 37 contrari e 16 astensioni, il testo già approvato  dalla Camera dei deputati è divenuto legge. In questo modo di allontana sempre di più la fiducia dei cittadini nelle istituzioni con l’astensionismo . Il disegno di legge di riforma  era già stato elaborato dal precedente Governo e su quel testo si sono innestati gli emendamenti . Perché non è stato approvato prima del referendum? I magistrati che hanno ricoperto incarichi elettivi non potranno più tornare a indossare la toga. La ministra della giustizia Marta Cartabia  ha definito il Csm “presidio imprescindibile dell’autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario”, che, con la riforma può “svolgere appieno la sua funzione propria, quella di valorizzare le alte professionalità su cui la magistratura può contare”. Secondo la riforma i collegi i sono formati in modo tale da essere composti, tendenzialmente, dal medesimo numero di elettori e sono determinati con decreto del ministro della Giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, emanato almeno quattro mesi prima del giorno fissato per le elezioni, tenendo conto dell’esigenza di garantire che tutti i magistrati del singolo distretto di Corte d’appello siano inclusi nel medesimo collegio e che vi sia continuità territoriale tra i distretti inclusi nei singoli collegi, salva la possibilità, al fine di garantire la composizione numericamente equivalente del corpo elettorale dei diversi collegi, di sottrarre dai singoli distretti uno o più uffici per aggregarli al collegio territorialmente più vicino. E’ stato introdotto il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi, come  è attualmente consentito. Il divieto vale sia per le cariche elettive nazionali e locali che per gli incarichi di governo nazionali o locali. E’ previsto l’obbligo di collocarsi in aspettativa ,senza assegni in caso di incarichi locali, per l’assunzione dell’incarico.  Alla fine del  mandato, i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive o incarichi di governo non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale. I magistrati candidati in competizioni elettorali ma non eletti, per tre anni non potranno  tornare a lavorare nella regione che ricomprende la circoscrizione elettorale in cui si sono candidati né in quella in cui si trova il distretto dove lavoravano, in più non possono  assumere incarichi direttivi e svolgere le funzioni penali . Per i magistrati che hanno svolto ruoli apicali , capi di gabinetto, capi dipartimento e segretari generali nei ministeri, dopo un mandato di almeno un anno, devono restare per un anno fuori ruolo, ma non in posizioni apicali  e poi rientrano, ma per tre anni non possono ricoprire incarichi direttivi. E’ previsto un solo passaggio di funzione tra requirente e giudicante nel penale, entro i 10 anni dall’assegnazione della prima sede . Limite che non opera per il passaggio al settore civile o dal settore civile alle funzioni requirenti nonché per il passaggio alla Procura generale presso la Cassazione. L’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi si decide in base all’ordine cronologico delle scoperture, per evitare le cosiddette nomine a pacchetto. Si prevedono corsi di formazione sia prima di aver accesso alla funzione che dopo. Viene valorizzato nella scelta del candidato il possesso di caratteristiche rilevanti rispetto allo specifico posto messo a concorso; si rendono trasparenti le procedure di selezione, con pubblicazione sul sito del Csm di tutti i dati del procedimento e i vari curricula; si dà modo di partecipare alle scelte su direttivi e semidirettivi anche ai magistrati dell’ufficio del candidato. Si prevede l’obbligo di audizione di non meno di tre candidati per quel posto; diritto di voto unitario per la componente dell’avvocatura nei consigli giudiziari solo se a monte c’è una segnalazione sul magistrato in valutazione  e, in ogni caso, con possibilità per i componenti dell’avvocatura di sollecitare una delibera del consiglio dell’ordine; valorizzazione delle pari opportunità a parità di merito. Arriva un giudizio ad hoc , graduato in discreto, buono, ottimo, sulla capacità di ogni magistrato di organizzare il proprio lavoro. E si introduce il voto degli avvocati nei consigli giudiziari sulla professionalità dei magistrati, ma con alcuni paletti, sarà unitario e possibile solo in presenza, a monte, di un deliberato del Consiglio dell’Ordine. Il fascicolo personale del magistrato sarà aggiornato ogni anno, con provvedimenti a campione e statistiche sull’attività svolta. I membri del CSM tornano a essere 30. Di cui tre di diritto: Presidente della Repubblica; primo Presidente di Cassazione; procuratore generale della Cassazione; 20 i componenti togati , 10 i componenti laici.

 

 

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