Il primo caso di suicidio assistito in Italia ,una legge non più rinviabile sul fine vita,l’auspicio che la materia formi oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del parlamento.

 

da Pietro Cusati

 

Mario (al secolo Federico Carboni) - protagonista del primo suicidio assistito

Il primo caso di suicidio assistito in Italia dopo la sentenza della Corte Costituzionale N.242, del 22-11- 2019.È morto  Federico Carboni, 44enne di Senigallia,  conosciuto come “Mario”. Le sue ultime parole: “Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita, sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola. Ma purtroppo è andata così. Ho fatto tutto il possibile per riuscire a vivere il meglio possibile e cercare di recuperare il massimo dalla mia disabilità, ma ormai sono allo stremo sia mentale sia fisico. Non ho un minimo di autonomia della vita quotidiana, sono in balìa degli eventi, dipendo dagli altri su tutto, sono come una barca alla deriva nell’oceano’’. È il primo italiano ad aver chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, reso legale dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019 sul caso Cappato-Antoniani. Federico è morto nella sua abitazione dopo essersi auto somministrato il farmaco letale attraverso un macchinario apposito, costato circa 5.000 euro, interamente a suo carico, e per il quale l’Associazione Luca Coscioni aveva lanciato una raccolta fondi. La procedura di suicidio medicalmente assistito è avvenuta sotto il controllo del  medico  anestesista di Piergiorgio Welby e consulente di Federico Carboni durante il procedimento giudiziario ,difeso  dagli avvocati Filomena Gallo, Francesco De Paola ,Massimo Clara, Angelo Calandrini, Cinzia Ammirati, Francesca Re, Rocco Berardo, Giordano Gagliardini. ‘’Per Federico, l’Associazione Luca Coscioni ha dovuto sostituire lo Stato nell’ attuazione dei diritti. Continueremo ad aiutare chi ce lo chiederà. A questo punto, una legge come quella approvata alla Camera non servirebbe più.” hanno dichiarato l’Avv. Filomena Gallo e Marco Cappato, Segretario Nazionale e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. L’associazione Luca Coscioni ha raccolto in tutta Italia oltre quindicimila firme per chiedere una legge sul fine vita, con l’obiettivo di migliorare l’attuale versione del testo di legge approvato alla Camera dei deputati, eliminando ogni discriminazione tra malati. La Corte Costituzionale con la sentenza del 22 novembre 2019, n. 242 ,pubblicata nella gazzetta ufficiale n.48, del 27-11-2019  dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017 ,n.219,norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale , con modalità equivalenti , agevoli l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputi intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente. Secondo la nota sentenza della  Consulta n.242 ,del 22 novembre 2019 il «principio personalistico»  pone l’uomo, e non lo Stato, al centro della vita sociale e quello di inviolabilità della libertà personale, riconoscerebbero la libertà della persona di autodeterminarsi anche in ordine alla fine della propria esistenza, scegliendo quando e come essa debba aver luogo. Inoltre in base all’interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo l’individuo ha  il diritto di «decidere con quali mezzi e a che punto la propria vita finirà» e che l’intervento repressivo degli Stati in questo campo possa avere soltanto la finalità di evitare rischi di indebita influenza nei confronti di soggetti particolarmente vulnerabili. Pertanto  risulterebbe ingiustificata la punizione delle condotte di agevolazione dell’altrui suicidio che costituiscano mera attuazione di quanto autonomamente deciso da chi esercita la libertà in questione, senza influire in alcun modo sul percorso psichico del soggetto passivo, trattandosi di condotte non lesive del bene giuridico tutelato. Con la citata sentenza la Corte Costituzionale ha escluso che  l’incriminazione dell’aiuto al suicidio, ancorché non rafforzativo del proposito della vittima, possa ritenersi di per sé in contrasto con la Costituzione. Si tratta di «situazioni inimmaginabili all’epoca in cui la norma incriminatrice fu introdotta, ma portate sotto la sua sfera applicativa dagli sviluppi della scienza medica e della tecnologia, spesso capaci di strappare alla morte pazienti in condizioni estremamente compromesse, ma non di restituire loro una sufficienza di funzioni vitali». In tali casi, l’assistenza di terzi nel porre fine alla sua vita può presentarsi al malato come l’unico modo per sottrarsi, secondo le proprie scelte individuali, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare in base all’art. 32, secondo comma, Cost.

La Corte Costituzionale peraltro  ribadì con vigore l’auspicio che la materia formi oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore, conformemente ai principi precedentemente enunciati nella sentenza del 22 -11-2019 e dichiarò  l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 ,norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento.con modalità equivalenti agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente, organo consultivo per i problemi etici che emergono nella pratica sanitaria, in particolare a fini di tutela di soggetti vulnerabili. L’articolo 580 del Codice penale è stato dichiarato, quindi, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevola il proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi. Queste condizioni procedurali introdotte con la sentenza della Consulta valgono esclusivamente per i fatti ad essa successivi. E quindi non possono essere richieste per i fatti anteriori .

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *