ASSASINIO DI ABRAHAM LINCOLN: “Preferirei gli applausi di un negro che quelli del presidente” -John Wilkes Booth-

 

di Bertie

 

14 aprile 1865, Ford’s Theatre di Washington DC, il sedicesimo presidente americano viene assassinato dal famoso ed esperto attore John Wikes Booth. Perse la vita anche Willams Withers Jr. Furono feriti invece Henry Rathbone e lo stesso John Wilkes Booth.

Lincoln è stato il principale artefice della vittoria degli unionisti nella guerra di secessione americana e dell’abolizione della schiavitù. Per questa seconda motivazione non veniva visto di buon occhio da parte della popolazione. Edwin Wilkes Booth -fratello di John Wilkes Booth e anche lui attore- era un grande sostenitore del presidente Lincoln. Nel 1909 il figlio di Abraham Lincoln, Robert, descrisse un avvenimento in una lettera: anni prima era caduto sui binari mentre stava per passare un treno. Edwin vide il fatto e trascinò in salvo il ragazzo. Pochi mesi dopo quest’eroico gesto, Edwin vide infangato il proprio cognome: John Wilkes Booth, suo fratello, assassinò il sedicesimo presidente americano, al fine di indebolire l’unione. Abraham Lincoln ammirava John Wilkes Booth, un talentuoso attore del Ford’s Theatre. Lo invitò molte volte alla Casa Bianca, ma questi rifiutava continuamente con delle scuse. John conosceva il Ford’s Theatre come le sue tasche. Il 14 aprile 1865, (sera il cui il teatro aveva registrato il tutto esaurito con 1700 spettatori), con una pistola a colpo singolo in tasca, attraversando la platea ed entrando in zone non accessibili al pubblico, arrivò agli spalti presidenziali. Sparò al presidente un colpo a bruciapelo. Il proiettile raggiunse il capo del presidente dietro l’orecchio sinistro, fratturando il cranio e penetrando nella parte sinistra del cervello prima di terminare la propria corsa appena sopra l’occhio destro. Lincoln perse conoscenza immediatamente, accasciandosi sulla sedia. Booth disse “Il sud dev’essere liberato”. Poi si lanciò dagli spalti presidenziali atterrando sul palcoscenico, provocandosi una frattura ad una gamba, e disse “I did it”. Mary Lincoln e Clara Harris urlarono “Fermate quell’uomo”, ma il pubblico non aveva ancora realizzato il fatto. Booth uscì dal teatro, montò in sella al suo cavallo e scappò. La polizia impiegò dodici giorni a trovare l’assassino di Lincoln. Un testimone oculare affermò: «Alle 22:25 circa, un uomo stava camminando lentamente nel corridoio dove si trovava il box presidenziale ed io sentii qualcuno dire “C’è Booth” e mi voltai a guardarlo. Stava camminando lentamente ed in prossimità del palchetto presidenziale si fermò, estrasse un foglio di carta dalla tasca, vi scrisse qualcosa sopra e lo diede all’usciere che lo portò all’interno. Dopo un minuto la porta si aprì e Booth entrò.». Lincoln non poteva sapere che colui verso il quale provava tanta ammirazione sarebbe stato il suo carnefice e avrebbe pronunciato, tra le varie,

parole come: “Preferirei ricevere gli applausi di un negro che quelli del presidente”. Il presidente morì il giorno successivo alle ore 7,22. Come già accennato, Booth fuggì e si diresse verso il Maryland e si fermò presso la casa del dottor Samuel Mudd per farsi curare la gamba. Dodici giorni dopo l’omicidio, alle prime luci dell’alba del 26 aprile 1865 i soldati raggiunsero l’attore e lo intrappolarono in un fienile di proprietà di Richard H. Garrett. L’uomo però non si arrese. Il colonnello Everton Conger (facente parte dei servizi segreti) ordinò ai soldati di incendiare il deposito. Gonger sparò un colpo verso Booth, provocandogli una ferita mortale al collo. L’uomo venne trascinato fuori dal deposito in fiamme. Morì dunque all’età di 26 anni sul portico di una cascina vicina. Il proiettile aveva leso il midollo spinale. Pare che Booth, nei suoi ultimi istanti di vita, disse “Dite a mia madre che sono morto per la mia patria”. Il funerale del presidente Lincoln fu molto particolare, di tipo itinerante: la sua salma venne portata in molte zone d’America, per sette Stati viaggiando in treno, per essere esposta ed aperta in luogo pubblico, così che le persone potessero mostrargli rispetto e porgli i saluti un’ultima volta. Più passava il tempo, più il corpo veniva esposto all’aria, al sole e alla polvere, e più deperiva. Raggiunta Manhattan, era arrivato ad uno stato di decomposizione talmente avanzato che era del tutto irriconoscibile. Curioso è che, secondo alcune fonti, sembra che una settimana prima della sua morte, Lincoln avesse visto un suo doppelganger (spesso simbolo di sventura) accanto a lui nello specchio. Quest’ultimo aveva un aspetto malandato e cadaverico. Lincoln e la moglie erano molto superstiziosi, quindi si preoccuparono. Siamo tutti a conoscenza però di ciò che accadde di lì a una settimana. Anche curioso è notare come la morte di Lincoln e quella di John F. Kennedy siano collegate da strane coincidenze. Lincoln è diventato presidente nel 1860, Kennedy invece nel 1960. Come detto fin ora, Lincoln è stato ucciso al Ford’s Theatre a Washington DC. Kennedy invece a bordo di una Lincoln costruita dalla Ford. Entrambi sono stati uccisi da un colpo in testa, uno nel 1865 e uno nel 1965. Entrambi i vicepresidenti che li hanno sostituiti si chiamavano Johnson, uno nato nel 1808 e il secondo nel 1908. Il segretario di Lincoln si chiamava John, e quello di Kennedy si chiamava Lincoln. I nomi “Lincoln” e “Kennedy” sono entrambi composti da sette lettere. Sommando le lettere del nome “John Wilkes Booth” e “Lee Harvey Osvald” (l’assassino di Kennedy) otteniamo per entrambi un numero di quindici lettere. Per finire, se sommiamo le lettere dei nomi Andrew Johnson e Lyndon Johnson (i due vicepresidenti) otteniamo un totale di 12 lettere per ciascuno. C’è chi dice che queste siano più che semplici coincidenze, ma questo non può essere dimostrato con prove certe.

Come abbiamo visto anche con altri personaggi storici, spesso questi ultimi vengono assassinati per essere stati gli unici a fare la cosa giusta.

 

 

 

 

 

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