ATTENTI ALLA FREQUENZA DEI NOSTRI PASTI

da Dr. Alberto Di Muria
Padula-L’eccessivo apporto calorico non sarebbe l’unico e neppure il principale fattore alla base dell’obesità. Una revisione della letteratura esistente, appena pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences, sostiene che è il momento di prestare attenzione anche al momento e alla frequenza dei nostri pasti. Per i ricercatori, il limitare in modo intermittente la quantità di cibo consumato, introducendo nel corso della settimana delle giornate di quasi digiuno, può essere d’aiuto al nostro metabolismo.
Ridurre con una certa frequenza settimanale le calorie introdotte fin quasi a zero sarebbe più salutare di mangiare liberamente o di fare tre pasti al giorno. Per testare questa ipotesi, gli autori della pubblicazione hanno analizzato i dati relativi agli esseri umani e ai mammiferi, concludendone che periodi intermittenti di restrizione calorica di appena 16 ore possono migliorare gli indicatori di salute e contrastare processi patologici. I benefici deriverebbero da uno spostamento globale del metabolismo a favore dell’utilizzo dei grassi e della produzione di corpi chetonici, e dalla stimolazione di risposte cellulari adattative allo stress che impediscono e riparano il danno molecolare.
Nella storia dell’evoluzione umana, per molto tempo il cibo non era a disposizione sempre e ovunque come, ma non per tutti, lo è oggi. Ciò significa che il corpo umano è fatto per tollerare momenti di digiuno e alternarli a momenti di alimentazione. Studi scientifici hanno dimostrato che chi, umani e altri animali, effettua regolarmente dei momenti di digiuno vive più a lungo, ha meno probabilità di sviluppare tumori e mantiene meglio, nella vecchiaia, le proprie facoltà mentali. Il digiuno infatti innesca nell’organismo reazioni di risposta allo stress che alla lunga sono benefiche.
Intorno al cibo spesso ruota la nostra vita sociale. Ma il ritmo per noi più diffuso, costituito da colazione, pranzo e cena, con qualche snack saltuario, andrebbe abbandonato. I suoi effetti negativi si farebbero sentire anche sul nostro cervello.  Secondo il neuroscienziato Mark Mattson del National Institute on Aging di Bethesda, il digiuno ad intermittenza per alcuni giorni a settimana, non consecutivi, può migliorare le prestazioni nei test cognitivi e modificare le connessioni neurali e i livelli di stress ossidativo.
I nostri organismi si sono adattati a condizioni di cibo scarso, da consumare nelle ore diurne, cui facevano seguito anche molte ore di digiuno. Con la rivoluzione agricola, il cibo è diventato un bene costantemente a nostra disposizione e l’illuminazione artificiale in casa ne ha ulteriormente esteso le possibilità di consumo.
Fornire al nostro corpo la giusta quantità di energia, concludono i ricercatori, è importante per mantenersi sani e prevenire le malattie.

 

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