Palazzo Santoro: la vergogna della giustizia

 

Aldo Bianchini

Il palazzo Santoro visto dal mare

SALEERNO – Comunque lo si guardi, sia da mare che da terra, il “Palazzo Santoro” di Salerno più che storico appare come uno sfregio all’intera città, n vero e proprio cazzotto in faccia sia per la giustizia che per i condomini dello stesso palazzo, ormai divisi e guerreggianti da circa venti anni.

Al di là della lite o delle liti che insistono su quel palazzo va segnalata, per l’ennesima volta, la pericolosità dell’arrugginita impalcatura che da circa un quarto di secolo avvolge e stringe in una morsa mortale lo storico palazzo (realizzato dall’architetto Matteo D’Agostino, amico e ammiratore dell’artista toscano Gino Coppedè … un edificio dalle dimensioni planimetriche notevoli, 1250 m², ben superiori agli altri edifici civili già presenti sul Corso Garibaldi e sulla via Roma. I lavori, finanziati dalla famiglia Santoro, furono eseguiti tra il 1922 ed il 1924 … Palazzo Santoro presenta gli elementi caratteristici dello stile Coppedè – come il bugnato al piano terra, colonne, decorazioni, balconate e loggiate, torri, torrette, leoni ornamentali, fregi, decori, puttini ed anche il caratteristico ed esclusivo grande cappello di copertura. Tali elementi trovano però una nuova ed originale sintesi nel Palazzo salernitano che ne fanno un unicum per dimensioni, (ben sette piani fuori terra più terrazze laterali sormontate da un torrino centrale), articolazione degli elementi ed esposizione, tanto da essere un autentico monumento che decora con la propria presenza il Lungomare cittadino e si offre alla vista con la sua architettura eclettica, fantasiosa, bizzarra e fiabesca insieme – fonte Wikipedia) che sorge nel cuore storico della città posto com’è tra Corso Garibaldi e Lungomare Trieste; oltretutto il tunnel ricavato sotto la stessa impalcatura che serve come transito per i pedoni invade tutto il marciapiede e costringe, spesso, i passanti ad occupare anche parte della sede stradale del corso principale di Salerno.

Il palazzo Santoro visto dal lungomare Trieste

La recentissima pronuncia della Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso dell’ingegnere Giuseppe Carluccio e dell’architetto Maria Rita Acetoso e condannato entrambi al pagamento delle spese processuali oltre che alle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (Alessio Colombis, Aurelio Barela e Gabriella Pastore) liquidandole in complessivi 4.500 euro, ha riportato di grande attualità il problema di grande attualità non solo per il cazzotto in faccia alla città ma, soprattutto, per la più plastica delle dimostrazioni del pessimo funzionamento della giustizia in senso lato. Una vera vergogna.

Una vergogna che va ben oltre il legittimo diritto dei tre condomini contro le ormai palesi responsabilità del resto del condominio che avrebbe, con l’aiuto di tecnici e non solo, falsificato addirittura i progetti di risistemazione strutturali dell’edificio per coprire alcuni abusi edilizi.

La vergogna, difatti, si allarga e coinvolge il funzionamento della giustizia che non riesce a stabilire le colpe e le ragioni in tempi ravvicinati, concreto ed accettabili; non è possibile in un Paese cosiddetto civile aspettare oltre venti anni per sapere se un condominio ha commesso o meno un reato e forse più reati che hanno coinvolto, nel tempo, anche la Soprintendenza ed altri uffici istituzionali per l’urbanistica della città capoluogo.

Che senso ha continuare a mantenere, pervicacemente e forse strafottentemente, una impalcatura che secondo alcuni è a rischio di crollo nel bel mezzo della città che vuole cercare di essere considerata europea; le prove giudiziarie, ammesso che l’impalcatura sia una prova, vanno conservate e preservate negli archivi del palazzo di giustizia, sicuramente non possono restare esposte nel centro cittadino con grave rischio per l’incolumità della gente.

Tre persone, assolutamente rispettabili, continuano da sole a mantenere in scacco non tanto e non soltanto il condominio di appartenenza ma l’intera popolazione salernitana che per baipassare il blocco del tunnel sotto l’impalcatura si vede costretta nel migliore dei casi a percorsi alternativi.

Ci sarà pure un giudice a Salerno ? Ebbene se c’è lo invito a fare una passeggiata sotto il tunnel buio e pericoloso di Palazzo Santoro per acquisire diretta conoscenza dei luoghi e dei fatti e per poter, semmai, successivamente giudicare sull’esigenza di smantellare o meno quella mostruosa creatura metallica arrugginita nel cuore della city e che vent’anni troneggia come la vergogna della giustizia.

 

 

 

3 thoughts on “Palazzo Santoro: la vergogna della giustizia

  1. Come già per altre circostanze, il Direttore non lesina giuste critiche per questo “sfregio” che vede coinvolta anche la giustizia e che fa protrarre una situazione da venti anni, con l’aggravante di un mantenimento in opera di impalcature, la cui pericolosità dovrebbe essere responsabilmente valutata. Sarebbe veramente un dramma dovere assistere a qualche episodio con danni alle persone, con l’inevitabile … immediato(?) … rapido(?) … e … risolutivo(?) intervento della giustizia per l’accertamento delle responsalità
    Giorni fa, su un altro quotidiano on line, è stato ospitato un mio intervento riguardante i ritardi … storici che attanagliano Salerno per quanto riguarda il completamento di opere pubbliche e/o private.
    Citavo anche il Palazzo Santoro, pur non conoscendo le informazioni qui fornite dal dr. Bianchini.
    Restando in tema, ho però l’impressione che non sia particolarmente sentita a vari livelli, decisionali e non, l’importanza rivestita dallo stato di conservazione e di manutenzione degli edifici e neanche di come si presentano le facciate agli osservatori, siano essi turisti/visitatori oppure gli stessi abitanti della città.
    La facciata della Chiesa di S.Anna al porto sarebbe sicuramente più valorizzata se opportunamente rifatta nei suoi intonaci e ritinteggiata con i colori originari. Darebbe anche un aspetto più simpatico al borghetto antistante.
    Che dire della Casa del Combattente, anch’essa “sfregiata” per lo stato inaccettabile delle pareti esterne e della scala anteriore di accesso. Per giunta è situata lateralmente al Teatro P.P.Pasolini, completamente rifatto nel suo aspetto esteriore, ma soprattutto è affiancata da un rudere, di cui riescono incomprensibili la genesi e i motivi che ne impediscono la demolizione. Oltre a dare luce verso il lato mare, si creerebbe uno slargo di maggiore respiro per l’accesso alla vicina Piazza della Libertà e al Lungomare. Fa meraglia, e spero che dipenda solo da mia incompleta conoscenza, il fatto che da parte della Fondazione Menna e degli altri Enti insediati nello storico Palazzetto, non ci siano azioni determinanti per riportare l’edificio allo splendore che merita.
    Poco distante non sfugge che anche un altro storico edificio, il palazzo Sorgenti, mostri vistosi segni di degrado in danno delle facciate decorate a stucco tipiche dello stile architettonico del primo novecento. Non rappresenta un bel vedere per i tanti turisti provenienti da via del Molo Manfredi che, sbarcati dalle frequenti navi da crociera in arrivo e attratti dalla città, piuttosto che farsi trasportare dai pullman nelle località della provincia, preferiscono trascorrere alcune ore in giro per Salerno. Urge intervento.
    Un discorso analogo per il coevo palazzo di via Roma che ospita la sede di rappresentanza della Camera di Commercio di Salerno: facciate con balconate ed edicole che attendono di essere adeguatamente ravvivate e finalmente liberate da impalcature inutilizzate e da reti protettive contro la caduta di calcinacci.
    Ovviamente, sono solo casi esemplificativi attinenti al tema
    Ma se si allarga il discorso, non sfugge quanta inadempienza si constata riguardo i ritardi nell’assicurare la dovuta manutenzione del Fusandola e dell’Acquedotto medievale, nel definire il completamento della Porta Ovest e relativi svincoli, nel dotare il porto commerciale di un raccordo ferroviario per diversificare la viabilità di sistema, nel decidere sui doppi sensi di marcia per autoveicoli su via Benedetto Croce e su via dell’Unita d’Italia, nell’assegnare all’ex Tribunale di Corso V.Emanuele una degna destinazione d’uso, nel completare i box interrati del parcheggio di piazza Cavour, nel definire l’assetto dell’area commerciale del fronte mare di Piazza della Libertà, nel decidere cosa fare della Carnale e dell’ex Ostello della Gioventù.
    Queste e tante altre sarebbero le cose da fare. Ce ne è almeno qualcuna realizzabile con i fondi disponibili con la solidarietà europea? Esistono i relativi progetti necessari per i finanziamenti?
    Oppure “de minimis non curat praetor”? Attenzione però: “Sed maxima manet indecentia”.

  2. Il giornale e il giornalista affermano inesattezze strumentali dei suggeritori che sono loro che con continue azioni impediscono l’attuazione del restauro oramai oltre 12 anni.Il ponteggio arrugginito e soloun pretesto perché è a norma e verificato dagli organi competenti.Questi articoli non aiutano …e gettano fumo e maldicenze sulla maggioranza..che si sta adoperando anni per ripristinare il Palazzo fatto costruire da mio nonno ing.Santoro…ed io personalment
    e voglio che venga tenacemente restaurato.
    Perciò prego il quotidiano informarsi meglio sulle questioni tecniche enon prestarsi a pubblicare notizie deformate per interessi reconditi degli suggeritori .

  3. L’articolo scritto susuggerimento di persone integerrimo…lascia molto perplesso e sconcertato lo scrivente..che condomino e tecnico conosce molto meglio la verità dei fatti e degli.impedimenti causati proprio ad arte dai suggeritori.TUTTI I PROPRIETARI Vogliamo restaurare il palazzo da anni ma ci è impedito proprio dalla minoranza litigiosa che suggerisce articoli non rispondenti alla Realtà.. e non certo edotti in materia di.ponteggi e di lavori di edificio storico…MA REALIZZATO A CIVILI ABITAZIONI.

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