Il regime del 41bis è compatibile con l’articolo 27 della nostra costituzione : le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato ?

 

 

da PIETRO CUSATI

 

 

 

 

 

 

Il regime di 41 bis applicato per periodi molto lunghi, anche a persone non condannate in via definitiva, è costituzionale? Finora le pronunce della Corte costituzionale ne hanno confermato, nell’insieme, la legittimità. La Consulta  ha rilevato  però come ai detenuti venissero riservati “trattamenti penali contrari al senso di umanità non ispirati a finalità rieducativa e, in particolare, non “individualizzati” ma rivolti indiscriminatamente nei confronti di reclusi selezionati solo in base al titolo di reato”. Secondo i dati del ministero della Giustizia,ad ottobre 2022 ,i detenuti al regime del 41 bis erano 728,di questi, la stragrande maggioranza è costituita da uomini (716),  solo 12 sono  le donne sottoposte al “carcere duro”. Il “carcere duro”, disciplinato dall’ articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario, è un regime carcerario destinato ai detenuti più pericolosi ,un particolare regime carcerario che prevede numerose restrizioni per i detenuti, finalizzate ad isolarli dall’esterno. La norma  dell’art. 41 bis fu introdotta nel 1975 e indicava che “in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il ministro della Giustizia ha facoltà di sospendere nell’istituto interessato o in parte di esso l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati”. Si trattava  di una disciplina volta a garantire l’ordine in caso di tumulti nelle carceri, e a prevenire gli stessi. La legge Gozzini,n.663, del 10 ottobre 1986, incluse il  “sistema di sorveglianza speciale”, per colpire i detenuti ritenuti pericolosi,e   successivamente  all’articolo fu aggiunto un altro comma,con il  decreto – legge  Martelli –Scotti,più volte modificato. In pratica  il  “carcere duro” è stato pensato per non consentire ai  capi  della criminalità organizzata di continuare ad esercitare il proprio potere dal carcere. Il 41bis  era stato introdotto con un carattere temporaneo,poi  prorogato a più riprese nel tempo, fino ad essere stato reso definitivo nel 2002. Il regime prevede in particolare una serie di misure restrittive, tra queste l’isolamento sia nella cella che nelle parti comuni delle strutture carcerarie, limitazioni per l’ora d’aria, la sorveglianza costante affidata ad un corpo speciale della polizia penitenziaria,la limitazione dei colloqui con i familiari, il controllo della posta inviata e ricevuta, la limitazione degli effetti personali custoditi in cella. La motivazione del carcere duro ,il  41 bis , introdotto nel 1986, con la legge n.663, la Legge Gozzini, dal nome del suo promotore,è  quella di interrompere ogni tipo di legame tra il detenuto e l’organizzazione criminale cui apparterrebbe. La norma che ha  modificato la legge 26 luglio 1975, n.354, introdusse un particolare regime di reclusione carceraria, in determinati casi di emergenza,che sarebbe dovuta rimanere temporanea.Invece il 41 bis è entrato stabilmente nel sistema penitenziario italiano.

Dal 2009, è possibile applicare il regime del 41 bis al detenuto per quattro anni, ed è prorogabile per altri due anni. Il regime di “carcere duro” è, nei fatti, una sospensione del normale trattamento penitenziario. I detenuti sono in cella singola, hanno a disposizione due ore al giorno di socialità in gruppi da massimo quattro persone e possono usufruire di un colloquio al mese videosorvegliato di un’ora dietro un vetro divisorio.Solo chi non fa colloqui può essere autorizzato, dopo i primi sei mesi, a una telefonata al mese di dieci minuti. Il 41 bis si applica sia per reati di stampo mafioso sia per reati terroristici, anche internazionali, e di eversione dell’ordine democratico attraverso atti di violenza. Molteplici i delitti puniti con il carcere duro che può essere revocato in due ipotesi. La prima è su ordine del Tribunale di sorveglianza di Roma,l’unico in Italia che ha il compito di pronunciarsi a riguardo, la seconda ipotesi è la scadenza del termine senza che sia disposta la proroga. Fino al 2009 era inoltre possibile la revoca per opera del ministro della Giustizia nel caso in cui i presupposti che avevano giustificato il carcere duro fossero venuti a mancare, eventualità non più contemplata a seguito delle modifiche introdotte dalle legge 94/2009. Nel 1995, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, ha definito il 41 bis il regime più duro tra quelli presi in considerazione. Inoltre  la Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) varie volte ha condannato l’Italia per aver ritenuto fosse stato violato il divieto di trattamenti inumani e degradanti.

 

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