Consiglio di Stato: magistrato via dalla DDA ma … le generalità vanno oscurate

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Una recentissima sentenza del CdS (Consiglio di Stato: la n. 11729/2022REG.PROV.COLL. N. 01102/2022 REG.RIC.) squarcia, finalmente, il pesante velo di oscurantismo che molto spesso copre le responsabilità dei magistrati che violano il vincolo della segretezza delle loro indagini facendo trapelare notizie verso l’esterno; vincoli che diventano più stringenti nel caso in cui si tratta di magistrati incaricati di occupare un posto nelle varie DDA (Direzione Distrettuale Antimafia).

Il CdS non solo con la sentenza del 13 dicembre 2022 pone dei paletti insormontabili per i magistrati già oggetto di provvedimenti disciplinari da parte del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) o dal PNAA (Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo) ma elenca (forse per la prima volta) una serie di peculiarità che il magistrato destinato alla DDA deve possedere nel suo bagaglio professionale e personale come specifiche attitudini ad assolvere ad un compito così delicato senza mai perdere l’immacolatezza della sua credibilità :

a) dalla precedente trattazione, quale pubblico ministero e per un congruo periodo di tempo, di procedimenti penali relativi a reati di criminalità organizzata ovvero a materie analoghe;

b) dalla precedente trattazione, quale pubblico ministero o giudice, di procedimenti per misure di prevenzione ai sensi della normativa vigente;

c) dalla partecipazione a corsi di formazione gestiti dal C.S.M. concernenti la criminalità organizzata, le tecniche investigative e gli strumenti d’indagine;

d) dalla capacità ad operare in gruppi di lavoro;

e) dalla gestione informatizzata di dati processuali;

f) dalle esperienze relative a rapporti con autorità investigative e giudiziarie straniere;

g) dalla trattazione, come giudice, di procedimenti e processi in materia di criminalità organizzata;

h) dalle pregresse attività professionali extragiudiziarie comunque attinenti alla materia della criminalità organizzata;

i) dalle pubblicazioni e dai lavori scientificamente rilevanti in materia di criminalità organizzata, con particolare riferimento alle tecniche investigative e agli strumenti d’indagine;

j) da ogni altro elemento dal quale sia possibile desumere la particolare idoneità richiesta.

Dieci punti nodali, un vero e proprio decalogo sulla base del quale anche in futuro i competenti organi decisionali (locali e nazionali) potranno muoversi con maggiore tranquillità nell’esprimere il loro giudizio su un magistrato caduto nella trappola della “fuga di notizie” che sembra davvero il labirinto della “non responsabilità”.

Ho fatto questo lungo preambolo perché la succitata sentenza è stata emessa a carico di un magistrato molto noto negli ambienti giudiziari salernitani per la ricaduta politica delle sue travolgenti inchieste di alcuni anni addietro; il CdS nel corpo della prefata sentenza ha ordinato “di procedere all’oscuramento delle generalità delle persone fisiche indicate nella presente sentenza”.

Per questa ragione, e solo per questo, ho omesso di citare le generalità del magistrato interessato al provvedimento che, ovviamente, comporterà la revoca del provvedimento di nomina in seno alla DDA (anche questo ufficio ricade nell’oscuramento disposto dal CdS); sempre che nel frattempo non intervenga qualche fatto nuovo per consentire un ulteriore ricorso per ricominciare tutto d’accapo.

 

 

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