I nuovi antidiabetici

da Dr. Alberto Di Muria
Padula-Il diabete mellito di tipo due è la forma più comune di diabete, costituisce circa il 90 % dei casi. Si differenzia dall’altro tipo per la fascia di età che colpisce, prettamente i soggetti adulti, e per la sua correlazione ad un’alimentazione scorretta e obesità, probabilmente uno dei fattori di rischio più importanti, che porta ad un lento instaurarsi della malattia. Il diabete mellito di tipo due è una malattia cronica caratterizzata da livelli di glucosio circolanti che diventano sempre più alti e possono causare danni ai vari organi. Fisiologicamente questo ormone agisce facilitando l’ingresso del glucosio circolante all’interno delle cellule, questo stato iperglicemico può instaurarsi quando l’insulina non riesce a svolgere il suo ruolo per ridotta produzione di insulina stessa da parte del pancreas o per la risposta inadeguata all’ormone da parte degli organi bersagli.
Fisiologicamente, a determinare il rilascio di insulina è l’introduzione di cibo a livello gastro-intestinale; infatti, lo stimolo alla produzione di insulina da parte delle cellule pancreatiche è sostenuto dalla produzione di due ormoni, detti ‘incretine’, prodotte dal tratto gastrointestinale in risposta all’ingestione degli alimenti e che vengono rapidamente degradati da uno specifico enzima, il DPP-4. Quando il soggetto è affetto da diabete mellito di tipo due si ha una ridotta secrezione di questi ormoni in risposta al pasto, con conseguente iperglicemia postprandiale. Tra i nuovi antidiabetici troviamo molecole che agiscono su questi meccanismi per analogia strutturale delle molecole con gli ormoni fisiologici ma resistenti alla degradazione enzimatica, e farmaci inibitori dell’enzima DPP-4, le gliptine, che prolungano l’emivita degli ormoni endogeni.
Nella pratica clinica questa nuova classe di farmaci dimostrano un buon profilo di efficacia e sicurezza, per via del miglioramento del controllo glicemico in monoterapia o associazione con altri farmaci, ed effetti favorevoli sul peso e sul rischio cardiovascolare, con basso rischio di ipoglicemia. Tuttavia, l’alto costo di queste terapie e la necessità di definire in modo accurato le caratteristiche metaboliche dei pazienti cui indirizzarne l’uso, rappresentano un limite per il loro utilizzo come prima scelta terapeutica, ancor di più quando il paziente ha una terapia pregressa con altri farmaci per la stessa patologia.

 

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