il Quotidiano di Salerno

direttore: Aldo Bianchini

ALFREDO DE MARSICO: “L’AVVOCATO”

 

da avv. Giuseppe Amorelli

Il 29 maggio 1988 nasceva a Sala Consilina, (SA) da Alfonso, archivista di prefettura, ed Emilia Rossi,  ALFREDO DE MARSICO: Avvocato, Docente universitario e Politico.  “Il Maestro dei Maestri”. Fu definito da Enrico De Nicola “un penalista emulo di Demostene” in virtù dell’autorevolezza conquistata nelle aule dei Tribunali. Faro dell’avvocatura di ieri e direi anche, e, soprattutto di oggi. Rimangono principi ed insegnamenti indelebili  e di sicuro riferimento ancora oggi,  la sua concezione della ”Parola” , l’Arte Oratoria, e dell’ “Avvocato”. Il 06 dicembre 1969 veniva inaugurato il Nuovo Palazzo di Giustizia a Vallo della Lucania in Piazza dei Martiri. In quella occasione il Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Vallo della Lucania, presieduto dall’Indimenticabile Avv. Giovanni Sofia, gli conferì la Presidenza Onoraria dell’Ordine Forense Vallese con la consegna di una chiave d’oro del nuovo Palazzo di Giustizia. Indimenticabile il possente “Intervento” rivolto ai politici dall’Insigne Maestro: “Il primo dovere di tutti i regimi, di tutti gli ordinamenti giuridici è che la giustizia sia vicina a coloro che ne hanno bisogno. Occorre impedire che la giustizia sia una meta ed una garanzia raggiungibile soltanto quando abbondino le forze fisiche o i mezzi finanziari di coloro che tendono la mano per chiedere i suoi provvedimenti. Ma io guardo alla conservazione e alla tutela dei tribunali anche di modesta circoscrizione territoriale, come ad una componente tra le piu sicura ed efficaci della creazione o della conservazione di una struttura civile della collettività.” Ai Giovani Avvocati il Maestro volle rivolgersi  nel giorno dell’inaugurazione del palazzo di Giustizia.“ Tempi migliori bisogna sperarli, le avversità si superano con impegno e dedizione e  Voi, Giovani Colleghi,  avete tutte le capacità e possibilità per raggiungere le Vostre legittime aspirazioni di avvocati. ” Nostro dovere, inaugurando  questi edifici splendenti, è  di augurarci e proporci che i riti  non soverchino la fede e che i templi si ingrandiscano , ma la fede non si affievolisca, poiche, confessiamolo, questo è il pericolo che si affaccia all’orizzonte. (Il Maestro aveva già intravisto le fitte nebbie che hanno avvolto il mondo giustizia). Col dono di questa chiave simbolica voi mi esprimete  nella misura piu alta  la fiducia a cui io potessi aspirare, ed al tempo stesso  mi conferite la piu alta responsabilità che io possa essere chiamato  ad assumere. Ed io ho qui il dovere di dirvi quali saranno  i pensieri  cui sarò fedele nella ideale guardiola, che mi costruirò dietro il solenne cancello di questo palazzo, per cercar di adempiere  al mio dovere di custode  responsabile  della purezza della soglia. Dietro all’ingresso  della mia guardiola  io cercherò di difendere  le grandi memorie del passato. Il passato non deve morire quando nella palestra forense cercherò di difendere il vostro passato.Il passato non deve morire quando nella palestra  forense ha creato costellazioni splendenti che sono fonti inesauribili di luce morale e di dottrina. E poi dalla mia guardiola  io sarò assai severo  nel procurare, che al soglia del tempio  non sia calcata se non da coloro che vi entreranno corazzati da quella purezza etica che è requisito indispensabile per adempiere ad una funzione  che è missione e presidiati da quell’amore per il sapere che aiuta a salvare la giustizia dal pericolo di essere una ricerca nel buio. Ma non potrà soltanto questo essere e non sarà il compito mio, perchè custode dell’edificio deve evitare che l’eresia ne valichi l’accesso  senza almeno che un tentativo di difesa le sia opposto. E qui ci avviciniamo a temi brucianti, che chiameremo speranza, perchè qualunque siano le tempeste che scuotono oggi la vita italiana e non soltanto italiana, noi abbiamo il dovere di ricordare che la vita non si arresta ed è fatale che la vita non si cristallizzi nel male, sia esso l’errore la rivolta. Il sacro valore della vita  si afferma precisamente in ciò: essere marcia continua verso l’ideale, anche quando si debbano  scrivere delle pagine che sarebbe tanto desiderabile non fossero riempite. D’altra parte le nostre aspettative non possono non agganciarsi ai ricordi ed agli insegnamenti del passato, e questi  si trasformeranno in quelle, in modo da assicurarne una continuità sana e feconda”.

La Sua concezione della  “Parola”: elegante e al tempo stesso rigorosa che l’arte e le scienze trovarono la perfetta armonia.

L’arringa del Maestro è simile ad una costruzione  architettonica della parola, ed  è soprattutto sorretta  da saperi  multidisciplinari, tutti diretti alla dimostrazione difensiva, non fine a se stessa.

“L’arringa sia sempre diretta al perseguimento di un “fine pratico” una delle ragioni per le quali l’oratoria forense si distacca dalla letteratura” . L’oratoria, arte del convincere e del muovere spiriti, non ha sede; può esplicarsi nel deserto, e v’è infatti chi parla sulle spalle del suo tempo, all’avvenire, ma se  un vestigio non resti, chiunque vi s’imbatterà, ne sarà mosso e convinto. La essenza oratoria della lirica, che può esser vista come una espressione, più alta dell’oratoria , è questa.. Cosi, il Maestro  nella prefazione delle Arringhe vol.II. Rimane superba ed altera la Sua definizione di oratore: Oratore è chi , nelle tenebre o nella caligine, fa spuntare una luce, e di luci gli uomini saranno sempre avidi, e ad essa sempre aspireranno gli occhi con un battito festoso di palpebre.

De Marsico, giunto quasi al termine della vita, dopo aver attraversato tutte le forme e tutte le fasi dell’eloquenza, si trovò di fronte a una rivoluzione epoca le che minacciava la sopravvivenza della parola e dunque della difesa stessa.

Nella prefazione al V volume delle Arringhe è racchiuso un messaggio che il Maestro ha voluto tramandare all’avvocatura di oggi.

Infatti De Marsico, quasi alla fine della sua carriera, avvertì un pericolo che poteva travolgere la parola. L’introduzione nel processo della “scienza” .

Il destino della eloquenza, cuore della difesa e anche la figura dell’avvocato erano in pericolo con l’avvento di nuovi saperi specialistici . l’eloquenza quindi doveva “trasformarsi” se “prima accettava i risultati della filosofia e li applicava al caso ristretto che illustrava, oggi l’eloquenza respinge le conclusioni acquisite, le considera tutte suscettibili di modificazioni e di incrementi e definisce per questo allargamento gli elementi che il caso ha offerto”.

Ci si può chiedere quale  fu l”Arringa” piu bella del Maestro. La risposta nella prefazione delle Arringhe vol.III: “ Ogni manifestazione della parola, anche la piu restia ai morsi del tempo, non può che essere approssimativa, in ciò consistendo la diversità della parola e della musica da tutte le altri arti, ,, e forse la loro superiorità: che mente le arti figurative possono avere termine di comparazione una parte del mondo oggettivo, e la distanza fra opera dell’artista e la realtà può ridursi fino alla scomparsa, la parola e la musica non lo hanno che in un modello ideale, non raggiungibile mai, poiché quando il talento di un oratore sembra realizzarlo esso è già sfuggito alla stretta avanzando ed innalzandosi .Sicchè non arringhe può dare un avvocato ma abbozzi, tentativi, nel modo inconquistabile della sua tecnica e della sua arte.”

Il Maestro ha colto sempre l’occasione di tracciare la figura dell’Avvocato, libera e fiera, in ogni suo intervento pubblico sostenendo espressamente che:” L’Avvocato che aspiri ad essere tale dovrà in primo luogo rendersi libero e poi  dimostrare   financo nel corso di disordini sociali e nonostante il vento contrario dell’impopolarità che non rinuncia  ad esprimere il proprio argomentato dissenso  quando questo è necessario per la difesa di un altro uomo. Grazie al suo mondo interiore deve sempre rendersi libero da ogni pastoia. “Lo studio dell’Avvocato  è da una parte  un posto  di difesa della pace sociale, dall’altra una fucina di cultura. Chi crede  l’avvocato umanista, di un tempo superato, è miope, perchè questa invece una realtà permanente. Perchè ?  Perchè il segreto  dell’umanesimo  fu nell’associare  le varie vene  del sapere  e legare il vario sapere alla moralità ed alla civiltà, e in un tempo , come il nostro che è , sotto tanti aspetti di disgregazione, la funzione dell’avvocato è un principio  di riassociazione nella funzione combinata  dell’avvocato e del magistrato, è un processo di riorganizzazione della società nell’ordine , nell’equilibrio, nella legge.”

Mirabile il discorso che il Maestro tenne a Pescara nell’anno 1971 sull’Avvocatura, delineando il “ruolo” insopprimibile dell’ AVVOCATO           e quindi  della professione forense nell’ambito della società civile e che valga anche come monito alle nuove generazioni di Avvocati.

“In ogni momento del nostro cammino, l’occhio non sia fisso che al vero. La ricerca del vero, la difesa del vero, il culto del vero; questo indica il primo obbligo a cui costringe la nostra toga; essa diventa la divisa di una grande funzione civile: l’attuazione della giustizia attraverso l’accertamento, quasi arduo , del vero”.

 

1 Commento

  1. ALFREDO DE MARSICO NATO A SALA CONSILINA (SALERNO) IL 29 MAGGIO 1888.
    “Il sole tramonta sul tavolo di questa Corte di Assise”, è il titolo di una famosa raccolta di lettere ,quasi un diario ,del grande Maestro Prof. Alfredo De Marsico, il celebre avvocato ,nato a Sala Consilina (Salerno), il 29 maggio 1888. Emerge la figura di un penalista che vive la professione come una missione alla quale non può fare a meno, spesso ha dovuto dedicare la notte allo studio dei processi, sacrificando il sonno per il bene della causa. ’’ Un grande Maestro della scena della vita” , lo definì Eduardo De Filippo.In una intervista del 1929 Alfredo De Marsico disse che: “Ogni Avvocato può avere per sé il vero, sol che non confonda la sua funzione con l’arte dell’audacia, del virtuosismo o della violenza. Chi vuole soffocare la prova dei fatti dove i fatti gridano; chi vuole camuffare per folle l’uomo normale che ha ceduto ad un impeto di affetto o di collera, colui offrirà uno spettacolo di abilità, creerà forse anche il capolavoro del sofisma, ma non farà un’arringa”.

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