L’UDIENZA PRELIMINARE DEL PROCESSO TRINCERONE

 

di Giovanni Falci

(avvocato – penalista)

 

Il compianto avvocato Alessandro Lentini

SALERNO – Come detto nel precedente articolo su questo processo (TRINCERONE), l’Udienza Preliminare, all’epoca, poteva essere celebrata dallo stesso Giudice per le Indagini Preliminari, il DOTT. VITTORIO PERILLO, che aveva emesso l’ordinanza cautelare nei confronti degli imputati.

Solo nel 2001 la Corte Costituzionale con sentenza n. 224 del 6 luglio dichiarò la illegittimità costituzionale dell’art. 34 del codice di procedura penale che non prevedeva tale situazione d’incompatibilità.

Pensateci su per un momento: poteva il Giudice che ti aveva mandato in galera decidere che eri innocente e non rinviarti a giudizio?

In realtà sarebbe stato anche possibile se tra l’arresto e il rinvio a giudizio fossero state raccolte prove a favore dell’innocenza dell’arrestato, ma questo solo in teoria.

Eravamo rimasti, poi, allo stupore della prima udienza difronte alla richiesta del DOTT. MARCELLO RESCIGNO che aveva chiesto e ottenuto un rinvio per studiare il processo e “comprendere di cosa parlare”; stupore di ammirazione di noi avvocati e stupore di sorpresa e quasi incredulità del Giudice.

Sta di fatto che il dott. Rescigno alla seconda udienza, dopo aver studiato gli atti processuali, dimostrando un’indipendenza intellettuale non comune ma dovuta a chi ricopre quell’incarico, propose una perizia.

Egli rappresentò al Giudice che non era convinto delle numerose consulenze tecniche delle difese degli imputati, ma non era neanche convinto delle consulenze dell’accusa svolte da tecnici nominati dal precedente PM.

Ecco un vero esempio di onestà intellettuale.

Un membro di un organismo a struttura gerarchica, i cui componenti sono interscambiabili tra di loro e rappresentano un Ufficio impersonale, la Procura, non si era “adagiato” sul lavoro del suo collega, ma aveva sentito la necessità di richiedere un approfondimento.

Le difese subito aderirono a quella richiesta di correttezza giuridica e professionale.

Ancora non era entrato in vigore l’art. 111 della Costituzione nella versione attuale che prevede la “ragionevole durata” come elemento del giusto processo, ma quel magistrato già ne percepiva la necessità.

La sua era una richiesta motivata prima ancora che sulla legge che uscirà nel 1999, sulla sensibilità giuridica e sulla visione moderna e civile, non autoritaria dell’amministrazione della giustizia.

In definitiva il dott. Rescigno proponeva l’espletamento di una perizia che ponesse fine alla guerra tra i consulenti e consentisse, all’esito, una definizione veloce del processo, appunto in tempi ragionevoli.

Questo benedetto progetto approvato era o no esecutivo?

Perché, in fin dei conti, era quello il problema processuale.

Quando veniva approvata una delibera nella quale si diceva “visto il progetto esecutivo”, se questo non lo era, la delibera configurava un falso in atto pubblico.

Ovviamente la richiesta venne rigettata da quel giudice che aveva arrestato tre sindaci e non poteva finire “subito” il processo.

Che poteva interessare un GIUSTO PROCESSO IN TEMPI RAGIONEVOLI quando si era in tenuto in scacco tutto il consiglio e la giunta comunale coinvolta in quella indagine?

La perizia la farete a dibattimento tra quattro/cinque anni!

Un altro reato di falso era contestato a diversi assessori tra cui anche al mio assistito.

L'avvocato Giovanni Falci in udienza

C’erano una serie di delibere di giunta nelle quali, a fronte di una intestazione nella quale risultavano presenti cinque assessori, vi erano in calce all’atto solo quattro firme.

Apriti cielo! Altro falso in atto pubblico.

Non erano presenti in cinque contrariamente a quando attestato!

A questo punto mi venne l’idea di tirare un tiro mancino al Giudice.

A quell’epoca al termine dell’udienza preliminare si firmava, da parte di tutti i costituiti, il verbale dell’udienza; dopo si è abbandonata questa forma e oggi non si sottoscrive più il verbale da parte dei presenti; c’è solo la firma del Giudice e del Cancelliere.

In un’udienza, allora, giunti al mio assistito, il Giudice dichiarò che questi era assente ed era difeso da me, presente.

Nel corso di quell’udienza in un’aula non adatta, piccola, stracolma di persone (gli imputati erano 42 che furono alla fine del dibattimento TUTTI ASSOLTI), io me ne uscii alla chetichella senza firmare il verbale, prima della chiusura che rinviava ad una udienza successiva.

Quando dopo qualche mese, quando presi la parola per discutere la posizione dell’assessore che rispondeva anche di aver partecipato a qualche giunta con cinque presenti e quattro firme, esordii invitando il Giudice ad aprire il verbale di quell’udienza in cui ero andato via prima della conclusione.

Ricordo ancora che il Giudice Perillo mi guardava sorridendo garbato quasi a dire che ero un giocherellone che si divertiva con quello strano invito.

Io però insistevo e continuavo a chiedere che aprisse quel verbale per me fondamentale per la mia difesa.

Alla fine il Giudice ha ceduto e con il verbale aperto gli ho fatto constatare che a fronte dell’attestazione da lui fatta, della mia presenza, non c’era la mia firma in calce al verbale stesso.

“Sig. Giudice PROCESSATEVI!”  gli dissi, puntandogli il dito contro.

A questo punto quel sorrisino garbato si tramutò in sorrisino perplesso.

Gli avevo fatto vedere con i suoi occhi quello che nella realtà può accadere e che non è escluso che fosse accaduto anche nei casi “incriminati” e cioè che nessuna coscienza e volontà aveva determinato quella situazione.

“E’ chiaro”, conclusi, “che Lei non è colpevole di quel verbale “falso” perché sono stato io a causare volutamente quella situazione, ed è altresì chiaro che io ero presente in aula”; “Ma questo l’ho potuto ricordare innanzitutto perché ne ero l’autore volontario e poi perché erano passati pochi mesi dal fatto”.

Ma se a distanza di 4/5 anni mi fosse stato chiesto se c’ero o no in udienza, non so se avrei ricordato la circostanza.

Proprio come era accaduto a quegli assessori “senza firma” che convocati dalla Polizia per avere notizie della loro presenza o meno in quelle delibere di giunta, con i giornalisti e i fotografi pronti a riprendere il loro arresto, hanno detto di non ricordare niente in proposito.

Terminai l’udienza citando un passo delle “Epistole di Tiberio”.

Si trattava dell’epistola che l’Imperatore aveva scritto da Capri a Ponzio Pilato nel 34 DC: ”Caro Ponzio, ho letto gli atti del processo a quel tale Jesus di Nazareth” (…) “A me sembra che questi non abbia commesso niente” (…) “Mi raccomando non fate politica nei Tribunali”.

Era di un’attualità allora ed è di un’attualità oggi sorprendente e straordinaria.

Tra l’altro era attuale anche nella figura di Pilato che combaciava con quel Giudice Perillo; il primo aveva lasciato decidere alla Folla, il secondo al PM. Entrambi non erano stati completamente automi nel loro giudizio.

La mia “trovata” piacque a tutti i colleghi presenti, ma in particolare piacque all’avv. ALESSANDRO LENTINI, un vero Maestro dell’avvocatura penale salernitana.

Oltre ad abbracciarmi lì in udienza, ogni volta che m’incontrava, per strada, in Tribunale, a Scario davanti al bar, continuava a celebrare questa mia “trovata geniale” come lui la definiva, e la raccontava ai presenti.

Questa è una medaglia professionale guadagnata sul campo che porto con orgoglio perché conferita da uno di quelli che considero tra i migliori che ho ascoltato nei miei 44 anni di professione.

Preparato, intelligente, moderno, l’avv. Lentini era persona sopra la media ed era uomo di cultura non solo giuridica.

Inoltre era anche un uomo generoso aperto e comunicativo con le generazioni nuove che si affacciavano alla professione e verso le quali era interessato e alle quali elargiva consigli spassionati e preziosi.

Cito solo lui perché legato a quell’udienza preliminare ma sono molti gli avvocati di quella generazione che hanno fatto di Salerno un Foro famoso e apprezzato in tutta Italia.

Comunque il processo terminò con 42 assoluzioni su 42 imputati e con un costo per l’erario di diverse centinaia di milioni di lire.

Quello è stato il primo di una serie di flop giudiziari di matrice politica succedutosi con cadenze quasi decennali, l’ultimo dei quali, il famoso processo “Crescent”, conclusosi a settembre 2022 anche questa volta con 26 assoluzioni su 26 imputati.

Ora siamo in attesa del prossimo che sicuramente non tarderà ad arrivare.

Chi vivrà, vedrà.

 

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