Le leggi che determinano una incertezza nella loro applicazione concreta,lo ha stabilito la Consulta, sono in contrasto con il principio di ragionevolezza fondato sull’art. 3 della Costituzione.

da Pietro Cusati (Giurista-Giornalista)

 

 

 

 

 

 

 

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 110 ,del 5 giugno 2023 , in accoglimento del ricorso del Governo, ha  dichiarata costituzionalmente illegittima una disposizione in materia edilizia contenuta in una legge della Regione Molise. La norma  della Regione Molise  stabiliva l’ammissibilità di non meglio precisati “interventi” all’interno di “fasce di rispetto” contenute nelle “aree di piano”, senza precisare a quali piani facesse riferimento. L’ammissibilità di tali interventi, d’altra parte, era prevista “previa Valutazione Ambientale,  per il tematismo che ha prodotto la fascia di rispetto”: espressione giudicata incomprensibile dalla Corte Costituzionale, anche a fronte della circostanza che la Regione Molise aveva assegnato all’acronimo “V.A.” due significati diversi (“valutazione ambientale” e “verifica di ammissibilità”) nelle proprie stesse difese. Inoltre  la disposizione  non si inseriva in alcuna legge preesistente, restando per così dire “sospesa nel vuoto”: ciò che rendeva impossibile lo stesso tentativo di interpretare i suoi requisiti alla luce dello specifico contesto normativo di riferimento. Dopo aver richiamato, in particolare, le proprie precedenti sentenze in materia di sufficiente precisione delle norme penali e delle leggi che impongono limiti ai diritti fondamentali della persona, la Corte Costituzionale  ha osservato che anche rispetto alle disposizioni che regolano la generalità dei rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini “ciascun consociato ha un’ovvia aspettativa a che la legge definisca ex ante, e in maniera ragionevolmente affidabile, i limiti entro i quali i suoi diritti e interessi legittimi potranno trovare tutela”.  D’altra parte, ha proseguito la Corte Costituzionale , “una norma radicalmente oscura vincola in maniera soltanto apparente il potere amministrativo e giudiziario, in violazione del principio di legalità e della stessa separazione dei poteri; e crea inevitabilmente le condizioni per un’applicazione diseguale della legge, in violazione di quel principio di parità di trattamento tra i consociati, che costituisce il cuore della garanzia consacrata nell’art. 3 della Costituzione .”. La Consulta ha sottolineato che anche in altri ordinamenti e non solo in Italia, leggi radicalmente oscure sono da tempo considerate costituzionalmente illegittime, in quanto in contrasto con gli standard minimi di legalità propri di uno Stato di diritto. La sentenza della Corte Costituzionale ritiene la illegittimità costituzionale della legge regionale impugnata, che non era in grado di fornire “alcun affidabile criterio guida alla pubblica amministrazione nella valutazione se assentire o meno un dato intervento richiesto dal privato”, e rendeva arduo al privato “lo stesso esercizio del proprio diritto di difesa in giudizio contro l’eventuale provvedimento negativo della pubblica amministrazione, proprio in ragione dell’indeterminatezza dei presupposti della legge che dovrebbe assicurargli tutela contro l’uso arbitrario della discrezionalità amministrativa”.

 

 

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