UNIVERSITA’. E’ TOTO DIRETTORE GENERALE. Poltrona ambitissima

di Michele Ingenito

 

Sembra ormai fatta. O quasi. A breve il neoeletto Senato Accademico dell’Università di Salerno tirerà fuori dal cilindro la terna dei migliori per l’ambitissima poltrona di nuovo direttore generale. L’ultima parola al rettore, cui spetta di diritto scegliere uno dei tre papabili finalisti. Come a dire, l’uomo che conosce meglio e di cui, conseguentemente, si fida di più per capacità, competenza e, soprattutto, affidabilità, mai servile, ovviamente.

Chi sarà il fortunato? Data la situazione e le premesse, va da sé che Pasquino dovrebbe confermare automaticamente il direttore uscente, Giuseppe Paduano. Lo impongono, lo imporrebbero, logica e buon senso. In nome della coerenza e dell’interesse istituzionale. Pasquino farà propri, abbracciandoli, quei principî?

O, come si sussurra e grida, preferirà un esterno? La danza delle candidature a fiume all’ambitissima poltrona di direttore generale dell’Università – ben oltre 200.000,00 euro l’anno – si è arrestata al numero settantasette. Tante sarebbero state, infatti, le domande degli aspiranti. Un numero sconcertante ed inatteso corrispondente, guarda caso, ai diavoli, nella smorfia napoletana.

Un vanto o una vergogna? Dipende da quanto siano qualificati quei candidati. La risposta è lì, nei loro curricula. Se tutti validi, un vanto assoluto; in caso contrario; un’autentica vergogna. La verità su quei nomi è nelle segrete stanze del rettorato. Cosa che non incoraggia all’ottimismo.

La domanda è d’obbligo.

Possibile che tutti quei settantasette aspiranti posseggano titoli, competenze, professionalità, qualità e maturità adeguati per un incarico da capelli bianchi? Sinceramente non ne saremmo tanto certi.

In un’Italia allo sbaraglio e in totale crisi di lavoro, e di valori, non ci meraviglieremmo se finanche qualche sbarbatello si sia giocata la carta, inventandosi la speranza. Una vera offesa, se vero, per una istituzione in sé prestigiosa come l’accademia. Uno schiaffo immeritato, ma pur sempre uno schiaffo, al discusso ateneo salernitano e a chi attualmente ancora lo rappresenta.

Un affronto per chi, evidentemente, l’ha interpretata o la interpreta come terra di facile conquista e non come meta prestigiosa. Ovviamente, la scrematura inevitabile di gran parte di quegli aspiranti allo sbaraglio ha messo un po’ d’ordine tra le cose.

Del resto, in tutto ciò l’ateneo salernitano non ha responsabilità dirette; tutt’al più indirette se ha fatto da cassa di risonanza a sbarbatelli e ad aspiranti carrieristi improvvisati attratti da una impossibile sirena.

Non a caso, com’era ovvio che fosse, i candidati finiti nella terna da sottoporre a breve al Senato Accademico, previo parere del Consiglio di Amministrazione, sarebbero stati scelti tra quelli di qualità.

Proviamo a indovinare chi tra loro i papabili. Un rettore o ex-rettore dell’Istituto Universitario “L’Orientale” di Napoli? Un ex-rettore dell’Università di Firenze? Un ordinario di diritto amministrativo dell’Università Roma3? Un direttore generale dell’Università del Sannio? Un ex-manager del Ruggi d’Aragona di Salerno (Attilio Bianchi)? E, infine, lo stesso direttore generale in carica dell’ateneo salernitano, Giuseppe Paduano?

Sembrerebbe di sì. Va da sé che quei nomi sono tutti validi. Ma una seria riflessione si impone alla luce di alcuni presupposti fondamentali.

Primo: il direttore generale dell’università, persona di esclusiva fiducia del rettore, dovrà subentrare all’uscente Pasquino. Il quale ha il potere di confermarlo o di dismetterlo nell’incarico.

Secondo: dal 1 novembre prossimo, Raimondo Pasquino non sarà più né professore né rettore dell’Università di Salerno in quanto in pensione per raggiunti limiti di età. L’uscita di scena è d’obbligo, banditi per sempre, e per fortuna, gli antichi giochetti di un recente passato, basati su interessati rinnovi di statuto per automatici prolungamenti di incarichi verticistici.

Quindi, se il rettore Pasquino scegliesse un nuovo direttore generale esterno, quest’ultimo rischierebbe di non essere confermato dall’immediato successore (giugno 2013). Certo, analogo rischio correrebbe l’attuale direttore generale ove riconfermato. Ma questa soluzione sarebbe molto meno traumatica rispetto alla prima.

Alla luce di questi presupposti, non sarebbe allora il caso di evitare soluzioni rischiose e, di fatto, inconcludenti, garantendo la continuità in nome delle specifiche competenze in precedenza richiamate, con la conferma, anche se momentanea, dell’attuale direttore generale Giuseppe Paduano? In attesa delle successive decisioni del nuovo rettore?

Non un contentino al diretto interessato. Senza nulla togliere, infatti, agli altri aspiranti accreditati tutti esterni, pur da interno (il paradosso è d’obbligo), Paduano vanta una esperienza conclamata ed una professionalità di altissimo profilo. Da tutti i punti di vista, in perfetta aderenza con le qualità innanzi richiamate per questo tipo di carica istituzionale.

Certo, più d’uno gli contesta una eccessiva morbidezza nei confronti dell’attuale rettore. Sarà. Ma le qualità professionali sono e restano incontestabili. Sul piano personale, poi, trattasi di un gentiluomo d’altri tempi, che qualsiasi rettore sarebbe onorato di avere e, soprattutto, di riconfermare. Per coerenza, se non altro, nei confronti del proprio uomo di fiducia da anni.

Lo farà Pasquino? Per ragione, sì; ma per istinto, e non per pregiudizio, diremmo di no. Naturalmente la speranza è l’ultima a morire. E, comunque, il ‘favore’ non andrebbe a Paduano, ma alla intera collettività accademica salernitana. Le competenze non si inventano. L’esperienza altrettanto.

A meno che Pasquino non abbia già in tasca il nome di chi aiuterà lui stesso a succedergli e al quale potere ‘raccomandare’, poi, per la riconferma, il neo direttore generale esterno nel frattempo prescelto.

Si capirà solo allora qual è e dov’è la verità: se nell’interesse dell’istituzione o se nell’interesse di altri criteri, che francamente ci sfuggono.

Avrà tanta forza, dunque, l’attuale rettore dell’Università di Salerno, recentemente ‘scaricato’ da De Mita per la mancata candidatura al Parlamento? Dopo avere vomitato pubblicamente rabbia e fango su propri colleghi candidati, a lui preferiti, che, a suo dire, “non sanno né leggere né scrivere”? Ne dubitiamo fortemente.

Traumi di tal genere sono l’ultima cosa di cui la nostra università necessita di questi tempi. Come le altre, infatti, vivrà d’ora in poi delle proprie risorse soltanto. Non più di quelle dello stato.

Il suo patrimonio immobiliare è immenso. Gestirlo economicamente sarà sempre più difficile. Nuovo e vecchio si sommano in maniera preoccupante, tra costruzioni recentissime e manutenzione edilizia infinita.

Dove prendere i soldi, a quali risorse attingere? A quelle degli studenti, espressione di un tessuto economico-sociale del Sud tradizionalmente povero? Cioè ai figli degli agricoltori del Cilento, dell’Agro-Nocerino-Sarnese, del Vallo di Diano, del ceto medio o medio-basso di Salerno e dell’intera provincia?

Quei genitori continueranno ad iscrivere i propri figli all’Università di Salerno a fronte di inesistenti o quanto meno critiche prospettive di concreto inserimento nel mondo del lavoro?

Sarà già un miracolo se gli attuali iscritti e fuoricorso confermeranno la propria presenza negli anni a venire.

Una cosa è certa. Se qualcuno (ce ne sono diversi, purtroppo, in circolazione) pensa di risolvere il problema facilitando (è un eufemismo) i percorsi formativi, non ha capito o non capisce nulla. O, peggio, finge di non capire nulla. Cosa che ingigantisce responsabilità e disonestà.

Da questo punto di di vista, per casi specifici almeno, documentabili e documentati, reiteratisi per anni nel recente passato, e quel che è peggio mai perseguiti finora (ci riferiamo a qualche migliaio di scandalose ed illegittime convalide di ufficio di lingua straniera perpetrate per anni presso la locale Facoltà di Economia sulla base di pseudo certificazioni scolastiche perché in grandissima maggioranza fotocopiate), è innegabile che l’autorità accademica di vertice certamente non ignara abbia notevoli responsabilità per avere consapevolmente occultato inqualificabili ed illegittimi percorsi curriculari di migliaia di studenti di qualche ben definita Facoltà. Esempio illuminante di incoerenza applicata all’ignoranza certificata, diversamente da quanto, poi, urlato, poco meno di un mese fa, per mera convenienza ex trombatura politico-elettorale, contro professori e colleghi, sol perché a lui preferiti nella candidatura al Parlamento, e che, a suo dire, “non sanno né leggere né scrivere”!

Anche per questo, caro Pasquino, le università precipitano nel sottofondo delle graduatorie nazionali riguardanti la qualità e l’importanza acquisite.

Per un ennesimo ‘delitto’ nei confronti della povertà e della tasca dei diretti interessati. Perché una cosa è essere meritevoli, ma preparati, in un pur carente mercato del lavoro. Altro è contribuire a varare consapevolmente un fiume di promossi e/o di laureati alla buona (come nei infiniti casi a cui ci riferiamo), se o se pure per non perdere l’unica vera fonte di reddito e di sopravvivenza: i soldi garantiti dalle tasse studentesche.

L’università è innanzitutto scuola di cultura. E la cultura va acquisita con lo studio, con l’applicazione, con il sacrificio. Non quelli a chiacchiere,  sbandierati ipocritamente nelle presentazioni ufficiali di convegni, manifestazioni, inaugurazioni.

Valori, quelli richiamati, da investire nella società, a beneficio di tutti. Se quelli che la cultura rappresentano viaggiano su corsie opposte, come sovente accade nel nostro Paese, avranno solo raggiunto l’agognato traguardo personale dei complessati di turno che provengono dal niente.

Quale azienda pubblica o privata, infatti, a maggior ragione se in crisi, assumerebbe un ignorante certificato? Facile da capire, difficile da accettare. Si continuerà solo a sprofondare ulteriormente nella palude delle ultime classificate tra le attuali università italiane, fino al disastro finale. Allora sì che neppure gli stipendi saranno più pagati.

Un brutto,bruttissimo segno dell’Italia che non va. L’ennesimo favore al Grillo che va.

 

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