”Non siamo ciechi…viviamo in una realtà alla quale cerchiamo di adattarci come alghe che si piegano sotto la spinta del mare “. E’ l’amara considerazione del Principe di Saline nel romanzo di Tommasi di Lampedusa “Il Gattopardo”.
L’Italia, in quegli anni, veniva unificata. L’ideale patriottico era il credo di uomini veri, capaci di sacrificare la loro stessa esistenza per realizzare un sogno antico e raccogliere sotto uno stesso cielo popoli diversi ma geneticamente figli di un medesimo seme.
Fu così che i vecchi sopravvissuti raccontarono alla storia di aver visto nel cielo terso un arcobaleno di mille camicie rosse e bandiere colorate. Erano mille chicchi di grano che sfuggivano con la forza delle idee da dita serrate e cadendo morivano per rifiorire lungo i campi da nord a sud. E prima che le ombre della notte coprissero il tramonto, raccontarono ancora di corpi che profumavano di terra, di lunghi bivacchi, di ginestre in fiore e del rumore della guerra mentre un esercito di camaleonti sonnecchiava su massi arroventati dal caldo sole meridionale.
Garibaldi fu colpito in Aspromonte e Bixio ordinò di fare gl’italiani e credette di poterlo fare a colpi di scalpello e martello. Mentre la corona inglese e la massoneria internazionale ordinarono un pensiero laterale organizzato nei grandi palazzi della City londinese. Un pensiero che si era accreditato come un “assicurazione” di vittoria legandosi a doppio nodo nella barba ispida e invecchiata di Vittorio Emanuele e risvegliando lo sguardo miopico di Cavour. Fu così che sul trono delle due Sicilie sedette il ventre flaccido della corruzione che arrugginì i cannoni dell’esercito borbonico e gonfiò le pance dei generali.
Garibaldi fu colpito in Aspromonte e disse “Obbedisco”. La narrazione del suo eroismo, l’ala protettiva del mito non lo salvarono dalla ferocia dei piemontesi. Forse sulla nuda terra che, ancora oggi, partorisce fiori di sangue, l’eroe comprese che i sognatori sarebbero diventati poeti e non più uomini d’azione. Mentre a Mentana i francesi facevano strage dei veri patrioti riuscendo a preservare il potere temporale dei Papi.
“La storia come insegna la storia è scritta dai vincitori”.
Così ci dissero che le vittime erano semplicemente carnefici, i patrioti briganti, i morti assassinati di Bronte contadini sindacalizzati. Alla fine della storia il suono della tromba dei Bersaglieri, lo sventolio di piume di gallo cedrone buttate nel vento e la piccola vedetta lombarda aveva reso tutto credibile ed eroico. “Arrivano i nostri” con la divisa di alamari, i bottoni dorati e le sciabole dritte al cuore dei nemici. Arrivano sempre al momento giusto per trucidare gli indiani, tutti gli indiani della terra scacciandoli dalla loro storia.
Non dissimile la realtà che attraversiamo. Una rivoluzione incruenta ha coinvolto uomini e cose in un ideale di Europa senza frontiere. Una costruzione complessa realizzata dopo un secolo di odio che ha profondamente lacerato le nazioni schierandole su fronti contrapposti. Il criterio della superiorità di razza, del dominio legittima la mano degli assassini e dei paranoici contro popoli inerti.
Così inorriditi da tanta storia ci chiamarono a vivere il giorno della speranza. Un giorno ricco di colori, di canti e di luci. “Tutti pensarono di essere tutti” dimenticando una grossa fetta di realtà che viaggiava sui barconi della morte chiedendoci il conto di secoli di sfruttamento e guerre. Cadde il muro di Berlino con le sue fibre di carne martoriata. Caddero le frontiere e scoprimmo come d’incanto che indossavamo una pelle aliena: un trapianto di minuti mattoni fatti in euro, in debiti, in fallimento. Ancora una volta gli ideali si erano arenati sulle scale della City. Non più vecchie divise, il rumore dei tacchi degli stivali, l’esaltazione di parole d’ordine ma una guerra strisciante di interessi nazionali, sovranazionali, regionali e condominiali che sta trasformando le persone, modificando il linguaggio, destrutturando i buoni propositi. Una luna malefica e nascosta in nome degli interessi e dei privilegi scrive il destino e la stessa stabilità delle nazioni.
I miei amici si muovono di notte dormendo il sonno dei disperati sui sedili di un pullman. Risalgono le vie del paese. Il popolo meridionale è, ormai, una realtà migrante. Molti, ormai, abbandonano l’Italia sfiduciati dal chiacchiericcio dei politici e dalla propaganda volgare dei leghisti. Sono delusi da tante belle promesse mentre toccano una realtà diversa: episodi di corruzione e di malavita che toglie il respiro e uccide la loro terra con la terra dei fuochi. Il profitto delle multinazionali, dei sistemi bancari e assicurativi dettano regole e ritmi disinteressandosi di realizzare una vera politica comunitaria che consideri l’ Europa e il mondo un bene di tutti.