LAVORO & SICUREZZA: feste, concerti e chiacchiere

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Era il 3 maggio 2021 quando la giovane Luana D’Orazio, in una fabbrica di Montemurro, perse la vita perché letteralmente inghiottita da un orditoio mentre lavorava in un’azienda tessile (rientrante nel mondo pratese del Façon); pensavo che quella sciagura dovesse segnare il “punto e d’accapo” di una storia lunga almeno 135 anni che investe il mondo del lavoro e della sicurezza per gli addetti.

Difatti in Italia le manifestazioni per il 1° maggio vennero organizzate, in un primo lasso di tempo, dal 1890 al 1923. Nel 1923 il regime fascista, stoltamente, ne proibì la celebrazione. La festività venne, infine, riconosciuta ufficialmente con un decreto legislativo del 1946, dopo la fine della seconda guerra mondiale e la definitiva sconfitta del fascismo.

Il mio maestro delle elementari ebbe la capacità di non trasformare mai nella narrazione lo scopo della festa del lavoro per trasformarla soltanto in una manifestazione antifascista (lui che da comunista convinto aveva anche combattuto in Libia con il grado di capitano dei granatieri). Ci fece capire, come capimmo, che quella festa era destinata ai lavoratori e, quindi, a tutti i lavoratori italiani di qualsiasi colore e/o ideologia politica.

Dall’antifascismo, ormai desueto e solo di maniera, si è arrivati addirittura alla “marchetta” utilizzata, l’anno scorso, dall’onnisciente Maurizio Landini (CGIL) per rispolverare, forse, antiche e sepolte esternazioni della sinistra radicale degli anni ’60 fino al famoso, o famigerato sessantotto; dagli altri sindacati (UIL e CISL) nessuna novità, neppure la marchetta.

Invece, come prima, in questi ultimi quattro nani dalla tragica morte di Luana sono stato costretto ad ascoltare chiacchiere al vento, soltanto chiacchiere e sempre le stesse chiacchiere; dal Presidente della Repubblica fino all’ultimo imbecille che sale sul palco per lanciare editti e irriverenti soprattutto verso quei poveri disgraziati che ci rimettono la vita e/o restano invalidi per sempre; imbecilli ed inetti tutti quelli che d sempre dopo ogni morte bianca si lancino in filippiche contro il governo e le imprese, senza mai essere stati in un cantiere di lavoro.

Parlano a vanvera anche le tre donne chiamate da oltre due anni al governo del mondo del lavoro ed alla tutela dell’integrità fisica e igienica dei lavoratori “Giorgia Meloni (presidente del consiglio dei ministri), Marina Calderone (ministra del lavoro e già presidente dell’ordine nazionale dei consulenti del lavoro) e Elly Schlein (segretaria nazionale del Partito Democratico)” senza mai essere state in un cantiere di lavoro, non quelli giganteschi delle grandi imprese ma quelli piccoli disseminati come formicai su tutto il territorio nazionale ed in cui il concetto di sicurezza è lontano mille miglia dalla realtà. Cantieri in cui si verificano la maggior parte delle centinaia di migliaia di piccoli e medi infortuni che producono un “costo sociale” davvero impressionante.

Anche ieri l’intero Paese è stto seppellito sotto una montagna di chiacchiere e di vane promesse; si è parlato di formazione, ma tutti hanno dimenticato le decine e decine milioni di euro spesi nella seconda metà degli anni ’90 e nei primi dieci anni 2000 nei famigerati e fantomatici corsi di formazione, nei più disparati luoghi del territorio nazionale, organizzati soltanto per distribuire laute prebende ai tanti formatori non formati.

Nessuno, però, dice che la causa maggiore degli infortuni sul lavoro risiede proprio in ogni singolo lavoratore che ancora oggi tenta a recepire il concetto di “prevenzione” come baluardo insostituibile della propria sicurezza.

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