Aldo Bianchini
SALERNO – Il mestiere di magistrato (PM, Riesame, Giudici, Cassazione, ecc) è completamente diverso da quello dell’avvocato semplicemente perché il primo ha il compito di raccogliere prove a carico e/o a discarico per poi decidere in piena coscienza e al di là di ogni ragionevole dubbio e il secondo ha il ferreo compito di difendere l’indagato con qualsiasi strumento che scopre o gli viene offerto nel corso della sua azione investigativa o dalle evidenze preliminari e processuali.
Al centro di questo assunto spesso, soprattutto per i processi clamorosamente incentrati sul rapporto politica-malavita, prevale la “figura del pentito” che con grande intelligenza, avendo capito le rispettive debolezze dei giudici e degli avvocati, gestisce a suo piacimento gli interessi sia dei giudici (che rincorrono le condanne a tutti i costi) e sia degli avvocati che afferrano qualsiasi appiglio (si spera quasi sempre legittimi) per cercare di far assolvere i propri assistiti; lasciando credere soprattutto ai giudici di essere loro i veri padroni delle confessioni che spesso vengono elargite a rate e ancora più spesso in contraddizione tra loro ed al solo fine di contribuire alla condanna e/o all’assoluzione degli indagati. Una soddisfacente dimostrazione di potere.
La figura del pentito è nata durante gli anni di piombo con leggi speciali che dovevano, una volta cessato il fenomeno brigatista rosso-nero, essere cancellate; invece è convenuto a tutti, perchè agevola il lavoro di tutti, non cambiare una virgola di quella legislazione d’emergenza, anzi molte sfaccettature sono state addirittura ampliate con la concessione sempre più corposa di benefici.
Nessuno ha mai ascoltato il grido d’allarme di Berlusconi quando, sostenuto dall’avvocato Raffaele Della Valle, lanciò l’idea che il pentito dovesse dire tutto e subito quello intendeva dire impedendogli qualsiasi ripensamento o ricordo successivo da vendere alla bisogna.
Tutto questo mi sembra che emerga, al di là dei tecnicismi e degli accenni filosofici, dalla sentenza n. 12182025 emessa dalla Suprema Corte di Cassazione (Rocchi, Centofanti, Zoncu, Aliffi e Oggero) l’8 maggio 2025 per ordinare l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno -sezione per il Riesame- per la vicenda dell’arresto in carcere di Giuseppe Cipriano (accusato di aver preso parte all’organizzazione dell’omicidio di Angelo Vassallo del 5.10.2010 e difeso dagli avvocati Giovanni Annunziata e Lucio M. Sena); alla cui sorte sono legati anche i destini del colonnello Fabio Cagnazzo e del carabiniere Lazzaro Cioffi in carcere fin dal 7 novembre 2024.
Tutto questo, ripeto, è stato messo a nudo dal lucido ed inattaccabile “ricorso per Cassazione” preparto nei minimi dettagli, come fosse una lectio magistralis, dall’avvocato penalista-cassazionista Giovanni Annunziata che nell’articolare la sua strategia difensiva ha evidenziato tutte le pecche (tra l’altro approvate anche dal Riesame) nella conduzione delle indagini preliminari condotte dalla Procura di Salerno nell’ultimo disperato e disperante tentativo di scoprire gli esecutori e i mandati dell’omicidio Vassallo.
Tra le tante pecche Annunziata ha ben evidenziato le storture di due deposizioni del pentito Ridosso che a distanza di due-tre anni prima afferma delle cose e poi le rimuove dicendo il contrario; e la Procura, a caccia di elementi di colpevolezza, riconosce come veritiera la seconda deposizione e non la prima; due deposizioni legate anche alle palesi contraddizioni della sig.ra Mosca (compagna di Ridosso ?) che prima afferma di ver assistito ad un colloquio tra il pentito e Giuseppe Cipriano e poi non riconosce lo stesso Cipriano; ebbene secondo l’avv. Annunziata se la Procura avesse incastrato tra loro le varie dichiarazioni avrebbe ancor prima della Cassazione capito di più e meglio il ruolo depistante di Romoletto e della compagna.
Grande lezione di come si fa e si deve fare l’avvocato penalista viene dalla strategia di Giovanni Annunziata che con freddezza e professionalità ha prima letto ed esaminato a fondo gli atti e poi ha sciorinato un ricorso da vero manuale del diritto.
Ora bisognerà aspettare che il Tribunale del Riesame di Salerno fissi la data dell’udienza in cui prendere atto della sentenza della Cassazione per farne, si spera, tesoro.