da Angelo Giubileo (avvocato – filosofo)
Abbiamo da poco superato un secolo contraddistinto da due guerre mondiali e l’attuale rischio di una terza. Nel 1994, lo storico marxista Eric Hobsbawm pubblica un saggio dal titolo Age of Extremes. Nel saggio, l’Autore sostiene che il periodo tra il 1914 e il 1991 può essere suddiviso in tre fasi: un’età della catastrofe, dal 1914 al 1945; un’età dell’oro, dal 1946 al 1973; e un’età della frana, dal 1973 al 1991, con il crollo dell’Unione Sovietica e la fine del conflitto tra il capitalismo e i sistemi totalitari del fascismo, nazismo e comunismo.
E così, scrive l’Autore: “il secolo breve è finito in un disordine mondiale di natura poco chiara e senza che ci sia un meccanismo ovvio per porvi fine o per tenerlo sotto controllo”. In tale incertezza, finiscono allora per assumere il controllo, su scala globale, tre superpotenze quali gli USA, l’Unione europea e la Cina. Ciò che è così narrato e descritto in specie da un giovane globetrotter indiano, nazionalizzato statunitense, di nome Parag Khanna, in un saggio pubblicato in Italia nel 2009 con il titolo I tre imperi.
E tuttavia, quello che a quel tempo poteva sembrare un quadro definito, con il passare degli ultimi tre lustri, si è rivelato piuttosto un quadro provvisorio e in rapida dissoluzione, culminato definitivamente con lo scoppio della guerra russo-ucraina e della guerra israelo-palestinese.
Nell’arco di poco più di un secolo, quanto all’Occidente, il disfacimento del quadro organizzativo è iniziato con la narrazione del tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler, dapprima pubblicato in un solo volume nell’estate del 2018 e poi in edizione definitiva, comprendente due volumi, nel 1923, con il titolo Umrisse einer Morphologie der Weltgeschichte (Lineamenti di una morfologia della storia mondiale). Disfacimento orchestrato, ampliato e, per opera del destino, non completato, per mezzo della diffusione dell’ideologia woke, termine che ha origine nella cultura afroamericana degli anni Trenta del secolo scorso. E quindi relativo alle vicende occorse circa un secolo fa.
Nella monumentale opera di Spengler, che, alla stregua di quanto accaduto per le grandi civiltà del passato, prefigura l’estinzione dell’ancora attuale civiltà occidentale, un passo appare senz’altro molto significativo: “Nell’antichità si aveva la retorica, nell’Occidente si ha il giornalismo e, invero, al servigio di quella cosa astratta che rappresenta la potenza della civilizzazione, il danaro”.
In pochissime parole, Spengler disvela il segreto della narrazione dei media che finisce per ampliare e rendere sempre più potente il fenomeno del capitalismo. Così che l’attuale metamorfosi del capitalismo nel consumismo – altro che fine del capitalismo e “fine della storia” di Fukuyama memoria (!) – ha finito per conquistare anche l’Oriente e in particolare la Cina.
E allora perché esiste il rischio attuale di una terza guerra mondiale?
Azzardo un’ipotesi, per mezzo di una domanda retorica. Siamo davvero sicuri che avesse ragione Catone nel dire: Numquam se plus agere quam nihil cum ageret, numquam minus solum esse quam cum solus esset? E cioè, con la traduzione di Hannah Arendt: “Mai qualcuno è più attivo di quando non fa nulla; mai è meno solo di quanto è solo con se stesso”. Personalmente, non credo affatto che l’Arendt, che così conclude il saggio The human condition pubblicato nel 1958, abbia avuto ragione.
Ciò che non giova all’ape, non giova neppure all’alveare.
Angelo Giubileo