Italia fanalino di coda del G7? No, locomotiva in attesa di correre

di Antonio Lombardi

Presidente nazionale di Federcepicostruzioni

 

Nel recente aggiornamento del FMI e delle principali istituzioni economiche europee, l’Italia figura tristemente come fanalino di coda del G7 per crescita prevista nel 2024: solo +0,7% del PIL, a fronte di un +2,7% degli Stati Uniti e +1,4% della Germania. A ciò si aggiunge un dato ancor più allarmante: il reddito reale delle famiglie italiane è sceso dello 0,6% nell’ultimo trimestre del 2024, collocando il nostro Paese al penultimo posto tra i membri OCSE.

 

Molti leggono questi numeri come la fotografia di un declino. Noi, invece, li interpretiamo come l’ennesima sveglia ignorata da una classe dirigente che fatica a guardare oltre le scadenze elettorali, e che continua a sottovalutare le potenzialità straordinarie del nostro sistema produttivo.

 

Un tessuto industriale ancora vivo

 

L’Italia resta la seconda potenza manifatturiera d’Europa, con un peso del 2,2% sulla produzione industriale mondiale, superiore a quello di Francia e Regno Unito. Le PMI italiane, cuore pulsante del nostro modello economico, hanno dimostrato una straordinaria resilienza anche nei momenti più duri della pandemia, della crisi energetica e del blocco dei bonus edilizi.

 

Tra il 2020 e il 2022, il 58,6% delle imprese italiane con almeno 10 addetti ha attivato processi di innovazione. È un dato che troppo spesso viene ignorato nei dibattiti pubblici, ma che segnala una direzione chiara: le imprese italiane sono pronte al cambiamento, ma serve uno Stato capace di accompagnarle, non di ostacolarle.

 

I freni strutturali

 

Le ragioni della posizione arretrata dell’Italia nel G7 non sono dovute alla qualità delle imprese o dei lavoratori, bensì a ostacoli noti ma mai rimossi:

•        Una burocrazia farraginosa, che rallenta ogni autorizzazione, appalto o innovazione.

•        Una giungla normativa che cambia troppo spesso, scoraggiando investimenti strutturali.

•        Un accesso al credito penalizzante per le PMI, in particolare nel Sud.

•        Una carenza cronica di investimenti in ricerca e sviluppo, con la spesa privata in R&D ferma allo 0,8% del PIL.

 

Serve una strategia nazionale per l’industria

 

Non bastano slogan, serve una visione strategica condivisa per rilanciare l’Italia industriale:

1. Una politica industriale chiara, con settori strategici ben individuati (costruzioni, energia, meccanica, tecnologie verdi).

2. Investimenti pubblici mirati, non assistenzialismo, ma sostegno alla competitività.

3. Riforma della burocrazia, con un sistema autorizzativo snello e digitale.

4. Fiscalità di sviluppo, per premiare chi investe in tecnologie, capitale umano e transizione ecologica.

5. Un piano nazionale per la formazione, che valorizzi gli ITS, rilanci il sapere tecnico e combatta la fuga di cervelli.

 

La risposta: un nuovo patto tra imprese, istituzioni e territori

 

Come Federcepicostruzioni crediamo che il futuro si costruisca nella collaborazione, non nella frammentazione. È per questo che guardiamo con interesse a iniziative che puntano a riunire università, imprese, enti locali e associazioni attorno a obiettivi comuni.

Solo facendo rete, mettendo a sistema competenze, progettualità e visione, possiamo ridare all’Italia il ruolo di leadership che le spetta nel G7.

Non siamo il fanalino di coda del G7 per mancanza di capacità, ma per carenza di coraggio politico. Le nostre imprese sono pronte a correre. È tempo che la politica inizi a togliere i freni.
Roma/Salerno, 15 maggio 2025

 

Antonio Lombardi

Presidente Nazionale Federcepicostruzioni

 

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