De Mita e Salerno.

 

da Salvatore Memoli (avvocato – giornalista – scrittore)

 

Gli uomini grandi debbono al loro impegno ed al destino la buona sorte. Se poi si aggiungono le convergenze di fattori concorrenti, il successo è assicurato. Quando si parla di Ciriaco De Mita si racconta la sua carriera come un fatto esclusivamente prodigioso ed invece a lui vanno meriti personali di scelte e di impegni negli studi che lo hanno portato fino all’Università Cattolica.
Un traguardo che lo collocava tra la migliore gioventù studentesca dell’Italia e del suo territorio, un ambiente che era fucina di menti elette e di giovani promettenti donati alla politica ed alla società sotto i migliori auspici.
Ciriaco De Mita da Nusco giunse a Roma come parlamentare nel 1963, avendo opportunità di conoscere e frequentare il parterre di una Democrazia Cristiana forte, qualificata, responsabile del sollevamento delle sorti postbelliche dell’Italia.
Fece il suo percorso politico riuscendo a superare maestri come Fiorentino Sullo, conquistò più volte il Parlamento e poi spazi autorevoli nel Governo, fino alla sua guida nel 1988, per un anno.
Non c’è che da riconoscergli valore, volontà e meriti personali! Questo lo sapeva bene ed in qualche modo con una nobile spocchia provinciale ostentava un suo stato originale di persona influente, capace e determinata. Si fece strada nella Democrazia Cristiana, avendo spazi nella sinistra di Base collocandosi tra le correnti politiche maggiori. Il suo primo incarico nel  Ministero
gli diede molta visibilità coincidendo con una crisi energetica che costrinse l’Italia all’austerity. Tutti vissero domeniche senza auto oppure con auto con le targhe alterne, seguendo i consigli di un giovane ministro che parlava in televisione con un eloquio stentoreo è meridionale che, però, diceva cose sensate. Il suo impegno politico prese l’avvio e durò
un tempo lungo per fortificarlo sulla scena regionale e nazionale ma anche nelle relazioni internazionali. Tutte le carte politiche gli servirono per crearsi un’aurea meritoria che lo faceva vivere quasi senza toccare i piedi a terra ed in più gli consentivano di circondarsi di un “manipolo di comparielli che giocava a tressette con lui” ( qualcuno aggiunse per farlo vincere!) che, divenendo il più delle volte cacicchi dei territori conquistati, assolvevano i loro incarichi con una presunzione che superava quella del loro riferimento.
Dall’Università Cattolica alla Democrazia Cristiana il passò fu breve fino a diventarne un uomo di punta all’apice del Partito (1982/89) e del Governo (1988/89). Unica eccezione fu l’adesione al Partito Democratico di cui fu un fondatore ma che lasciò a seguito della sua mancata ricandidatura alle elezioni politiche del 2008, ad 80 anni!
Ebbe, a suo dire, nella vita due meriti: la nomina di Romano Prodi ( suo consigliere economico e presidente dell’Iri) e l’impegno in politica di Sergio Mattarella.
Ebbe molti estimatori nel mondo politico ma anche detrattori o avversari, tra i grandi politici, imprenditori e giornalisti.
Per Agnelli, De Mita era ” un tipico intellettuale della Magna Grecia”, salace Montanelli si chiese cosa centrasse la Grecia. Lo stesso Montanelli prese di mira più volte il suo entourage che definì “clan degli avellinesi”.
Oscar Luigi Scalfaro, a ragione di un suo giudizio pesante sulla ricostruzione in Irpinia, fu iscritto nel libro dei nemici. Lo stesso Arcivescovo-Vescovo di Nusco, aveva per lui qualche riserva, a motivo della sua saccenteria!
Certamente la vita di De Mita é stata in continua ascesa ma conobbe anche le rapide discese e i voltafaccia.
La sua corrente politica irpina ebbe il pregio di restare unita, tranne qualche defezione e tanti mal di pancia di chi non osava contrariarlo.
Il suo carattere ebbe una parte nelle antipatie che suscitava; nei rapporti interpersonali si aveva la sensazione di un macigno che incombeva sull’interlocutore. Fu spesso borioso, incomprensibile ed anche incerto nella sua caratterizzazione linguistica, sebbene il nucleo dei suoi ragionamenti fosse sempre limpido, logico e sensato.
Le sue preoccupazioni regionali erano incentrate su Avellino. A Salerno era capace di fare shopping elettorale, individuando interlocutori di grande valore in politica e nella imprenditoria.
Fui ad Avellino per sollecitargli maggiore attenzione verso De Luca ma lui mi chiese di dire a De Luca di “scegliere la piazza più grande di Salernoper dichiararsi un buffone”.
Dopo qualche anno si alleò con De Luca in vista di obiettivi regionali di governo che gli interessavano, soprattutto nella sanità.
Ne fui felice perché restituiva da Avellino al salernitano De Luca consensi elettorali dopo averne presi tanti per sé.
De Mita non é mai stato un mio riferimento politico, avendo avuto nelle mie scelte una forte attenzione per la “salernitanitá” ed avendo scelto di stare con Paolo Del Mese, in contrapposizione con gli avellinesi.
Della mia avversione politica ho pagato prezzi altissimi, comunque meno di quello che era stato riservato alla famiglia Del Mese.
Ne ebbi sempre disgusto… ed oggi ancora!
L’opposizione politica della D.C. al Comune di Salerno fu inflitta dal PSI di Conte contro De Mita proprio quando Craxi e De Mita a Roma andavano a braccetto!

Quando, con Dino Milanese e Nicola Esposito, tutti e tre Consiglieri Comunali di Salerno, all’Hotel Baia lo contestammo, mentre era Segretario Nazionale della DC e Presidente del Consiglio dei Ministri,flemmatico ci chiese “contro chi contestate?”.
Rispondemmo: “nessuno!”,  ” perché tu  sei nessuno per noi!”

 

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