Dalla Piana del Sele alla Lombardia: l’estate amara di angurie e meloni

da Raffaella D’Andrea (giornalista)

 

Prezzi crollati, costi di produzione triplicati e consumi in calo: gli agricoltori trinciano interi campi. Coldiretti denuncia una crisi che rischia di cancellare un simbolo dell’estate italiana.

 

 

Nella Piana del Sele, in Campania, le angurie – “‘melonesse” come vengono chiamate localmente – sono da sempre simbolo d’estate: frutti dolci, succosi, di grandi dimensioni, un tempo immancabili sulle tavole di Ferragosto. Oggi, però, questa tradizione è minacciata da una crisi che non risparmia nessuna area di produzione italiana.

Lev difficoltà economiche, unite alle distorsioni della filiera, stanno portando molti agricoltori a compiere scelte estreme: interi campi vengono trinciati direttamente sul terreno perché il prezzo di mercato non copre i costi di produzione. Per le angurie quotazioni di appena 5 centesimi al chilo, mentre il pregiato melone giallo brindisino si ferma intorno ai 30 centesimi al chilo. Un valore ben al di sotto della soglia di sostenibilità, aggravato dall’aumento generalizzato dei costi in campo, in alcuni casi triplicati rispetto a pochi anni fa.

Il problema, tuttavia, non riguarda solo il Sud Italia. Dal Lazio alla Puglia, dalla Sicilia all’Emilia-Romagna, fino al Veneto e alla Lombardia, i produttori lamentano cali di consumo, concorrenza sleale da importazioni a basso costo e un forte squilibrio tra il prezzo riconosciuto in campagna e quello pagato dal consumatore sugli scaffali. Nel frattempo, anche le condizioni climatiche estreme incidono: piogge fuori stagione, scarsa insolazione e improvvise ondate di calore hanno ridotto le rese fino al 20% in alcune aree, compromettendo la qualità dei frutti.

Nonostante l’anguria resti il quarto frutto più esportato dall’Italia, con mercati esteri come Germania, Austria e Svizzera che continuano ad apprezzarla, la tenuta del comparto è messa a dura prova. Coldiretti rilancia la battaglia per la trasparenza in etichetta e per il sostegno agli agricoltori, chiedendo controlli più efficaci sulle importazioni e politiche che valorizzino la stagionalità e la provenienza dei prodotti.

Il rischio, se la situazione non cambierà, è vedere scomparire non solo un comparto agricolo strategico, ma anche un pezzo di cultura gastronomica italiana, dove l’anguria non era solo un frutto, ma un rito condiviso dell’estate.

 

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