Crisi: paghi anche il vaticano

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento di Raffaele Cicalese, giovane esponente di “Nuova Forza Italia”

 

Quando penso a San Francesco che ha abbandonato la ricchezza per abbracciare la povertà non posso non pensare ai “nuovi preti”, la maggior parte dei quali, abbandonano la povertà per abbracciare la ricchezza“.

Con queste parole interviene in merito la grave crisi economica internazionale il giovane esponente salernitano del Popolo della Libertà, Raffaele Cicalese, già presidente nazionale dei giovani di Nuova Forza Italia. “È dovere di tutti pagare le tasse, perché se tutti lo facessero molti problemi sarebbero già risolti –afferma Cicalese, che continua – Non fa una piega il ragionamento del cardinal Bagnasco.  È proprio vero: 120 miliardi di euro di evasione stimata (si immagina sia ancora più alta) valgono una volta e mezza la doppietta di stangate (90 miliardi) che il governo ha appena confezionato sulla testa degli italiani. E arriverebbero ogni anno. Ma parlando di tasse da pagare, Bagnasco sfida una “crociata” che da tempo si sentiva nell’aria: la battaglia di chi, sempre sotto traccia, perché attaccare Madre Chiesa è sempre ostico, vorrebbe che l’Ici si pagasse anche Oltretevere; di chi pensa che la gestione dell’8 per mille sia per lo meno estemporanea e sbilanciata.” In poche parole si richiede responsabilità da parte di tutti. Cicalese passa al contrattacco e parla dei numeri: “Un miliardo di euro dai versamenti dell’otto per mille. 650 milioni per gli stipendi degli insegnanti di religione. 700 milioni per le convenzioni su scuola e sanità. 250 milioni per il finanziamento dei Grandi Eventi. A cui bisognerebbe aggiungere almeno il cumulo di vantaggi fiscali concessi al Vaticano e oggi al centro di un’inchiesta dell’Unione europea: il mancato incasso dell’lci, l’esenzione da Irap, Ires e altre imposte, l’elusione consentita per le attività turistiche e commerciali. Per un totale di circa 4 miliardi di euro, l’equivalente di un Ponte sullo Stretto o di un Mose all’anno. Una somma (è la stessa Conferenza episcopale italiana a dichiararlo) che solo per un quinto viene destinata a interventi di carità e di assistenza sociale”.

 

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