Malattia: la tassa di Brunetta

Un giudice del lavoro di Livorno ha sollevato il conflitto di incostituzionalità contro la ”tassa sulla malattia” introdotta dal ministro Brunetta. Riceviamo il commento dell’Esecutivo Nazione USB Pubblico Impiego e volentieri lo pubblichiamo. Non manca, ovviamente, il nostro commento.

Al.Bi.

Il giudice del lavoro di Livorno ha sollevato la questione di incostituzionalità dell’art. 71 della legge 133/2008, che prevede che ai dipendenti pubblici venga decurtata una parte di stipendio in caso di assenza per malattia. Si tratta della odiosa tassa sulla malattia che abbiamo contestato e contrastato in ogni modo sin dalla sua prima apparizione. La sentenza di Livorno è una sentenza esemplare nel suo genere che mostra come la condizione di attacco che vivono i dipendenti pubblici metta in discussione i principi stessi della nostra Costituzione. Preferiamo non commentare il testo ma lasciare la parola direttamente al giudice: il corsivo virgolettato infatti non riporta stralci di qualche nostro comunicato ma fedelmente il testo della sentenza! • Con riferimento all’art. 3 della Costituzione- che tutela la persona e la sua dignità e stabilisce il principio generale di eguaglianza dei cittadini:” l’art. 71 del decreto…determina un’illegittima disparità di trattamento nel rapporto di lavoro dei lavoratori del settore pubblico rispetto a quelli del settore privato…..L’appartenere i lavoratori al settore pubblico o privato non giustifica la disparità di trattamento in quanto entrambi i rapporti di lavoro sono caratterizzati dagli stessi elementi di subordinazione ed in quanto la malattia è un evento rispetto al quale non ha alcuna rilevanza la natura pubblica o privata del datore di lavoro”. • Con riferimento all’art. 36- che prevede che sia garantita una retribuzione proporzionata ed in ogni caso sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa: “…il lavoratore legittimamente ammalato, si trova privato di voci retributive che normalmente gli spetterebbero in funzione del suo lavoro, subendo pertanto una riduzione dello stipendio in busta paga. Riduzione che, dati gli stipendi che percepiscono oggi i lavoratori del comparto pubblico, diventa tale da non garantire al lavoratore una vita dignitosa. Di fatto la malattia diventa un lusso che il lavoratore non potrà più permettersi…”. • Con riferimento all’art. 32 che garantisce la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività: “…la norma in questione, incidendo pesantemente sulla retribuzione del lavoratore malato, crea difatto un abbassamento della tutela della salute del lavoratore che, spinto dalle necessità economiche, viene di fatto indotto a lavorare aggravando il proprio stato di malattia…”. • Con riferimento all’art. 38 che prevede che i lavoratori hanno diritto a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di malattia: “privare, durante la malattia, un lavoratore, di parte dello stipendio, della retribuzione globale di fatto, integri esattamente quel far venire meno i mezzi di mantenimento e assistenza al cittadino in quel momento inabile al lavoro”. Le motivazioni del giudice vanno quindi ben al di là della sola disparità di trattamento tra lavoratori pubblici/privati, tanto da arrivare ad esprimere un giudizio negativo sul livello delle retribuzioni dei lavoratori del pubblico impiego. Una sentenza importante, che delinea con chiarezza il quadro di cancellazione dei diritti che la USB denuncia quotidianamente.  La decisione spetta ora alla Consulta, che dovrà pronunciarsi sulla legittimità Costituzionale. In attesa della sua pronuncia, che non avrà presumibilmente tempi brevi, il nostro studio legale ha predisposto lo schema di domanda che si deve inviare alla propria Amministrazione per interrompere la prescrizione quinquennale dei termini. La domanda deve essere inviata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, o inviata via e mail tramite la PEC, oppure consegnata alla segreteria della propria Amministrazione. F.to: Esecutivo Nazionale USB Pubblico Impiego.

 

NOTE: Non ho a mia disposizione le motivazioni della sentenza del giudice del lavoro di Livorno, per questa ragione non mi permetto di commentarla nel merito. Ritengo, però, doveroso esprimere il mio pensiero a livello più generale. Ho direttamente una esperienza di 37 anni vissuti nel pubblico impiego e molto spesso mi sono chiesto come fare per arginare l’emorragia delle malattie dei dipendenti pubblici, soprattutto come fenomeno sociale che dura fin dagli anni cinquanta. Difatti la semplicità con cui i pubblici dipendenti potevano usufruire di periodi di malattia, come di periodi di cure termali inesistenti, come il rispetto fondamentale dell’orario di lavoro, produsse la famigerata distinzione tra “colletti bianchi” (pubblici dipendenti) e “classe operaia” (dipendenti dell’industria privata). Lo Stato, gli Enti Pubblici e gli Enti Locali sono stati considerati da sempre “volgari carrozzoni della politica”, guai quindi a toccare tutto ciò che dagli impiegati veniva mano a mano conquistato con la scusa di governare i processi politici ed economici del Paese. Per carità se la norma anti-malattia ideata dall’incauto Brunetta è anticostituzionale va certamente abolita, ma resta però lo scandalo della malattie che minano alla base qualsiasi modello organizzativo e lavorativo. E allora cosa fare? Beh! in primis il problema dovrebbe porselo il giudice del lavoro di Livorno (anche se dirà che non è sua competenza!!) che invece, forse, cerca solo notorietà e contrapposizione al governo. Qualcosa bisogna fare, ma quel qualcosa purtroppo fatalmente può andare contro la Costituzione. Negli USA, che un po’ tutti prendiamo a modello di democrazia, il lavoratore in genere (pubblico o privato) non becca nemmeno un centesimo per i primi quindici giorni di malattia e ricorre, inevitabilmente, alla previdenza privata. Il giudice di Livorno fa bene a rimandare alla Corte il caso singolo che ha esaminato, ma dovrebbe anche segnalare che la massa dei dipendenti pubblici non è culturalmente all’altezza della situazione, almeno sotto il profilo della correttezza nei confronti della stessa amministrazione da cui dipende. Si eviterebbe, così, lo scontro inevitabile tra Corte e Governo e si imporrebbero dei paletti ben precisi anche agli stessi sindacati. Così nonè e andiamo avanti, lancia in resta, verso il crollo totale.

2 thoughts on “Malattia: la tassa di Brunetta

  1. a proposito delle emorragie delle malattie dei dipendenti del pubblico impiego:

    sono dichiarate da un medico curante. Multiamo i medici che svolgono con leggerezza il proprio lavoro.
    Eviteremo di penalizzare e discriminare chi è malato.

    1. Ha ragione Piera. A me sembra evidente di come ci si scagli sempre e solo verso l’ultima ruota del carro…ossia i dipendenti pubblici. E nel contempo si lascino agire indisturbati e senza nessun controllo nè decurtazioni di sorta o sanzione disciplinare o addirittura denuncia, tutti i medici consenzienti, collaborativi, disonesti e forse…anche corrotti e corruttibili, dato che firmano certificati falsi!!!la solita casta che viene protetta sempre e comunque e il povero impiegato Fantozzi che viene martirizzato!!!storie vecchie come il mondo…

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