Convitto Nazionale Tasso: vicino e lontano

Aldo Bianchini

SALERNO – Era il 29 ottobre del 1954 quando, per la prima volta, varcai la soglia del Convitto Nazionale Torquato Tasso di Salerno. Tra passato e futuro, vicino e lontano, così mi apparve l’imponente e prestigiosa struttura muraria del Convitto che già dall’ingresso mostrava tutta la sua maestosità. Ebbi la netta sensazione di essere proiettato in un turbinio di sensazioni che quasi avrei potuto toccare con mano la storia passata e prossima non soltanto del Convitto ma dell’intero Paese, ma al tempo stesso mi dava quella spinta giusta verso il futuro di nuove ed ancor più importanti generazioni, pur conservando quell’alone di irraggiungibilità. Ecco perché nella mia mente di ragazzino si mescolavano alla perfezione passato, futuro, vicino e lontano. Mentre salivo lo scalone centrale, invaso dall’acqua  e dal fango, invece di vedere acqua e fango vedevo con la mia fervente fantasia immaginavo una splendida stuoia di colore vermiglio che mi accompagnava, sulla sinistra, verso il refettorio dove una figura austera accolse mio padre senza degnarmi neppure di uno sguardo. Ero quasi impaurito, timoroso, attento a come mi muovevo, l’ambiente mi appariva opulento, sfarzoso, irreale, ma anche accogliente e familiare.  Ruotavo la testa da destra a sinistra e dal basso verso l’alto per ammirare e registrare visivamente lo splendore che osservavo emergere con forza, dignità e consapevolezza da un disastro inimmaginabile. Non mi accorsi dell’arrivo di mio fratello che opportunamente chiamato era sceso dal piano superiore e già era stretto al petto di mio padre che con il solito sguardo severo mi riportò alla realtà che stavo vivendo al momento. Ero giunto in stazione ferroviaria da Muro Lucano in compagnia di mio padre, per la prima volta arrivavo a Salerno e ci arrivavo niente di meno che tre giorni dopo la catastrofica alluvione che aveva portato con se circa mille morti. Avevo poco più di otto anni e nessuno mi aveva spiegato l’accaduto, non c’erano i media di oggi e i ragazzi vivevano quasi in un limbo, oltretutto io arrivavo da un paese della lontana Lucania dove tutto era ovattato e dimensionato ai tempi ed ai luoghi della imperante realtà contadina. Prima di arrivare in Convitto a causa della mia mania di guardare tutto quello che mi circondava andai anche a sbattere con la fronte contro un palo malfermo della luce. Poi mentre abbracciavo mio fratello maggiore, che frequentava il primo anno del liceo classico, ritornai pienamente alla dimensione di quel momento. Visitai il dormitorio, lo studio, il salone dei ricevimenti e poi tutti e tre sedemmo, ospiti, a pranzo nella prestigiosa sala che l’altra sera ho avuto l’opportunità di rivedere e quasi di toccare con mano incredula dopo cinquantasette anni. Un’eternità che non ha assolutamente e minimamente scalfito il fascino che trasuda dai muri, dalle suppellettili, dagli androni, dalle scale, dai tendaggi, dalle raffigurazioni pittoriche che adornano il Convitto Nazionale. Non è mutata neppure l’imperturbabilità del Rettore, dei docenti, di tutto il personale che portano avanti da due secoli, con grande dignità ed enorme passione, i due punti di forza della storica struttura: cultura e memorie. Nacque nel 1812 il “Real Liceo” dalle ceneri del monastero benedettino, lo volle Gioacchino Murat che dopo aver tolto alla Chiesa realizzò una scuola sul modello francese, profondamente laica e con possibilità di vitto e alloggio. E tale è rimasta fino ai nostri giorni, pur essendo passata attraverso periodi grassi e magri, a seconda delle vicissitudini temporali e storico-politico-religiose che il Convitto ha dovuto subire nel corso dei secoli. Ha resistito finanche alle squallide forzature del fascismo di farne una sua propalazione pseudo propagandistica.  L’opprimente opulenza di un tempo si è trasformata nella capacità di penetrare profondamente i più disparati ambienti sociali e da scuola discriminante fatta per soli ricchi è diventata una sorta di “scuola statale di eccellenza”. Perché questo è il Convitto Nazionale Torquato Tasso di Salerno. Lo hanno ribadito a più voci i vari personaggi che martedì sera, 29 novembre 2011, a margine della presentazione dell’ultimo lavoro letterario di mons. Gerardo Pierro dedicato a mons. Giuseppe D’Ascola, hanno eloquentemente esaltato le qualità storico-culturali della più antica scuola di Salerno. Il rettore-preside Maurizio de Gemmis, i docenti universitari Alberto Granese e Luigi Torraca, il presidente del tribunale dei minori Pasquale Andria e due giovani ex allievi hanno condotto l’intera platea verso il momento culminante della ricostruzione storica fatta, con voce ferma e commossa, dal vicario del rettore prof. Claudio Naddeo. Nelle sue parole mi sono rivisto ragazzino ritornando a quel 29 ottobre del 1954 quando pur non conoscendo la mole impressionante di cenni storici relativi al Convitto ne avevo percepito la grandezza passata e futura, vicina e lontana. Oggi il Convitto ospita più di cento allievi e quasi come un moderno istituto comprensivo annovera i vari gradi di istruzione, dall’infanzia al liceo passando per la primaria. Una sfida per il futuro che viene dal passato, da lontano, e che è molto vicina. Quella di martedì scorso è stata soltanto la prima di una lunga serie di serate che culminerà a maggio con la presentazione di un libro-archivio del prestigioso Convitto. E’ cominciata così, nel più semplice dei modi ma in linea con la sua storia, la lunga cavalcata bicentenaria del Convitto Nazionale Torquato Tasso.

13 thoughts on “Convitto Nazionale Tasso: vicino e lontano

  1. Uno splendido cortometraggio che restituisce, con rara dovizia, tutta la magia del Convitto di Salerno

  2. Veramente una bella rivisitazione, quella di Bianchini, del prestigioso Convitto. Sarebbe meglio che il Convitto pubblicizzasse, però, bene tutte le sue iniziative nell’immediato futuro. Grazie.

  3. Quando passo davanti al Convitto mi fermo un attimo vicino alla fontana della piazza e guardo l’imponenza del palazzo. E mi ritornano alla mente tanti ricordi, forse troppi. Auguri.

  4. Da tempo non sentivo parlare del Convitto Nazionale, mi fa piacere che possa ritornare agli antichi splendori e che possa ritornare ad essere un punto di riferimento nel mondo della scuola salernitana, e non solo. Ottimo giornale.

  5. Bell’iniziativa, mi auguro che il convitto possa cogliere le sfide della modernità ed essere sempre più attuale.
    Una lunga storia che continua nel presente e si sposta nel futuro.
    Chi forma i giovani deve fare questo.
    auguri

  6. E’ vero il Convitto è tuttora uno dei simboli di Salerno. negli ultimi anni si era un pò appannato, ma in questi ultimi tempi sembra ritornare a nuova vita. meno male.

  7. Ho visto le immagini della cerimonia dell’altra sera in televisione e, quindi, ho seguito attentamente il tutto. Molto bello il racconto di Bianchini.

  8. L’altra sera dal palazzo del Convitto veniva fuori anche una bella musica, poi ho visto le immagini, ora ho letto questo bel ricordo. Finalmente questa scuola sta ritornando alla grande. Forza, andate avanti, Salerno e la salernitanità sono rappresentate anche da queste cose, altro che il brand di Vignelli.

  9. Ho lavorato a Salerno per molti anni in Via dei Principati. Ora da pensionato vivo a Caserta. Sentivo spesso parlare del Convitto e della sua decadenza. Ora leggo, con gioia, che sta rinascendo. Salerno merita questi fenomeni.

  10. Dare risalto a scuole importanti e gloriose come il Tasso è il miglior modo per distinguersi: complimenti Aldo, nel suo ricordo il mio e quello di tanti che sono passati per il Real Liceo di Salerno

  11. Ho frequentato il Convitto Nazionale di Salerno dal lontano 1948 al 1958 cioè sono cresciuto nel collegio, dalla quarta classe elementare fino alla maturità classica. I miei ricordi sono quelli di un immediato dopoguerra e della rinascita degli anni che vanno dal 1955 in poi. Il collegio era pieno di ragazzi che venivano anche da lontano e posso dire che… si studiava. I professori erano severi ma comprensivi ed io , dal mio punto di vista, posso dire che hanno ben contribuito alla mia educazione e mi hanno dato le nozioni che poi mi sono state necessarie nel prosieguo degli studi e nella vita. Ho poi frequentato ll’Università di Napoli, mi sono laureato in Ingegneria Meccanoica ed ho svolto la mia attività presso la FIAT di Torino e all’estero. Oggi sono in pensione, vivo a Brescia, ho girato il mondo per lavoro e per diletto, ma quando ripenso al Convitto Nazionale di Salerno, mi assale una ridda di ricordi che mi fa commuovere. Ero giovane quella volta, avevo la vita in pugno, ero ambizioso,volevo vincere la scommessa; facendo un bilancio, penso di aver realizzato qualcosa di quello che desideravo, ma, se sono riuscito lo debbo anche all’istruzione e all’educazione che ho ricevuto dai miei Professori che ricordo con affetto e che oggi purtroppo non ci sono più. Ho scritto queste poche righe con il cuore e porgo i miei saluti al corpo insegnante attuale ed ai ragazzi.
    Alberto Vinti classe 1940

  12. E’ sempre emozionante rileggere di questa scuola, dove ho trascorso gli anni della mia adolescenza.
    Ricordo i professori, l’atrio, il refettorio…
    Felice di sapere che è in ripresa.
    Auguri e complimenti per il bel ricordo

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