San Gregorio Magno: rogo e giustizia imperfetta

Aldo Bianchini

SALERNO – “La giustizia è sempre giustizia, anche se è fatta sempre in ritardo e, alla fine, è fatta solo per sbaglio” così diceva il grande George Bernard Shaw. L’affermazione di Shaw non si cala, però, alla perfezione nella vicenda giudiziaria relativa al rogo della SIR di San Gregorio Magno in cui persero la vita ben 19 ricoverati affetti da turbe psichiche. Dopo dieci anni non è stata fatta ancora giustizia e quella che si profila non appare neppure giusta. Per la cronaca era la sera del 15 dicembre del 2001 quando le fiamme, forse dovute ad un corto circuito elettrico, avvolsero il prefabbricato (adibito a ricovero per malati mentali) riducendolo ad un cumulo di polvere sotto cui furono seppelliti per sempre 19 corpi straziati dalla violenza dell’incendio. Sulle responsabilità si è dibattuto tanto, forse troppo, ed alla fine si rischia di condannare a pene severe che aveva meno responsabilità ed a pene leggere chi quelle responsabilità, per uno strano gioco ed intreccio delle indagini, le aveva forse molto più pesanti. Cerchiamo di capirci qualcosa in più, perché nelle controverse maglie della giustizia non è assolutamente facile insinuarsi. Innanzitutto diciamo che ci sono due tipi di responsabilità: una oggettiva e l’altra personale. La responsabilità oggettiva ricade sui direttori sanitari del distretto di Buccino (Agostino De Bellis e Giuseppe Sarro), sul sindaco (Pierangelo Piegari, giornalista e capo redattore RAI), sull’assessore comunale con delega alla sanità (Onofrio Grippo), sul tecnico comunale (Vito Saggese) e sull’ingegnere incaricato dal comune di periziare la SIR (Gregorio Iuzzolino). La responsabilità personale ricade sui tre infermieri di turno quella sera nella SIR (Pierluigi Corrado, Giovanna Stabile). Già assolti il vice sindaco (Gerardo Malpede) e la terza infermiera di turno quella sera (Pamela Luisa Gallo). Usciti presto dal processo per pregresso patteggiamento gli unici due tecnici della ASL incriminati (Luigi Panariello e Giuseppe Pisacreta) e finiti agli arresti domiciliari per un certo periodo di tempo. Al centro della vicenda rimangono inquietante una “porta chiusa a chiave” probabilmente dall’esterno, la presenza o meno dei tre infermieri al momento della tragedia , e l’orrenda morte di diciannove persone. Chi aveva chiuso quella porta a chiave che in pratica non consentì agli ammalati di fuggire? Dove erano e cosa stavano facendo gli infermieri nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 2001 ? Domande alle quali le lunghe indagini preliminari, l’impegno profuso dalla pm Maria Carmela Polito e dal procuratore aggiunto Michelangelo Russo, non sono riuscite a dare risposte verosimilmente adeguate alla smisurata entità della tragedia. Dalle fitte maglie del segreto istruttorio, all’epoca, emersero varie indiscrezioni. Uno degli infermieri si era allontanato momentaneamente per andare alla festa pubblica in paese (la SIR dista circa due chilometri da San Gregorio Magno), gli altri due si erano momentaneamente assentati. Insomma i ricoverati, a quell’ora della notte, erano stati lasciati soli e per di più chiusi dentro. Da chi, non si è mai saputo. Ed ora, dopo oltre dieci anni dai fatti, arriva la cosa più assurda. La responsabilità oggettiva viene valutata sul piano penale molto più pesantemente di quella diretta e personale. Da un punto di vista esterno mi sembra anche giusto che la responsabilità oggettiva, e nella fattispecie è tanta, venga valutata ai fini della condanna in maniera esemplare, ma resta il fatto che la responsabilità diretta e personale quasi scompare da un processo che è stato troppo lungo ed ha evidenziato troppe ombre. L’altro giorno il PG della CA ha  richiesto la conferma delle condanne di primo grado. Domani, si proprio domani giovedì 22 dicembre, in Corte d’Appello inizieranno a sfilare i difensori degli imputati (Marcello Giani, Federico Conte, Arnaldo Franco, Francesco Saverio D’Ambrosio e Gaspare Dalia) per le arringhe difensive che si concluderranno, forse, a gennaio. Dopo la sentenza di giustizia, che sarà comunque una sentenza arrivata tardi per una cattiva giustizia. Un’ultima nota, forse la più drammatica: molti di quei corpi straziati non sono stati ancora reclamati dai familiari.

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