2012: un augurio all’economia italiana

Filippo ispirato

Siamo arrivati, dopo la definitiva approvazione della Manovra anti crisi, anche detta decreto Salva Italia, al nuovo anno in cui partiranno gran parte dei punti fissati dall’esecutivo Monti.  Si partirà dalla nuova tassazione sugli investimenti bancari, detta mini patrimoniale, alla nuova Imu, che ha mandato in soffitta la vecchia Ici, fino ad arrivare ai nuovi criteri per raggiungere l’età pensionabile. Una serie di pacchetti che andranno messi in atto per arginare e contenere l’enorme debito pubblico e deficit raggiunto dal nostro paese, che rappresenta la terza economia del Unione Europea. Il mio augurio per il Governo tecnico di Mario Monti, ma soprattutto per noi cittadini, è di riuscire a raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio in tempi brevi, ossia entro il 2013, e del contenimento del rapporto debito/pil, come annunciato più volte in sede di presentazione della manovra anti crisi.Dopo tanti studi statistici, teorie macroeconomiche e previsioni sull’andamento dell’economia, dei consumi e sulla recessione in corso, il 2012 dovrebbe cominciare a far vedere i suoi effetti benefici per le casse dello Stato. Sarà l’anno della resa dei conti, in cui tutte le promesse fatte dai governi che si sono succeduti da quando la crisi ha cominciato a provocare i suoi contraccolpi in Europa dovrebbero iniziare a produrre i loro effetti benefici: una promessa fatta in cambio di enormi sacrifici per le tasche dei contribuenti e cittadini italiani. Il mio augurio è che si attenuino anche gli attacchi speculativi nei confronti del nostro paese nel corso del 2012. Lo spread, infatti, tra Bund e Btp continua a rimanere sempre su livelli molto elevati sebbene sia cambiato Governo e si siano messi in piedi dei piani di risanamento dell’economia. Il differenziale rimane tuttora alto attorno a quota 500, ma in maniera ingiustificata, soprattutto se si osserva che il principale motivo dello spread così alto era dovuto, a detta del mondo finanziario, al vecchio governo e al suo operato. Uno spread ingiustificato anche se facciamo riferimento alla situazione spagnola, il cui differenziale tra Bonos, i titoli di stato spagnoli, e i Bund si mantiene a livelli nettamente inferiori, sotto quota 400; questo  seppure lo stato iberico non abbia né modificato la sua struttura economica, né sia dotato di un sistema produttivo industriale al livello della Francia, Germania o Italia ed abbia un tasso di disoccupazione di oltre il 22%, il più alto fatto registrare tra i paesi avanzati. Con le riforme che verranno attuate in Italia nel prossimo anno dovrebbe attenuarsi, a meno di nuove ondate speculative, la corsa dello spread e tornare se non a livelli pre crisi almeno a valori più contenuti. Un auspicio di un’economia più sana che ritorni ai suoi fondamentali.

 

 

 

 

 

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