Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Farina M5S: opportunità o limite per la popolazione residente?


Antonio Citera

SALERNO – Spesso la politica è vista come opportunità di potere ma, nei rari casi in cui fa il proprio dovere è un valore aggiunto alla salvaguardia della dignità umana. Enrico Farina, candidato al consiglio Regionale della Campania per il M5S è l’icona del buon politico, non ama le platee di lusso, imbraccia il suo megafono e parla alla gente, lo fa con lo spirito di chi come tanti è stufo dell’arroganza diffusa da una classe dirigente astuta e priva di senso civico. Vuole cambiare le cose, vorrebbe la Campania dei sogni, la Regione d’altri tempi. Lo fa partendo da presupposti semplici, dalla valorizzazione del territorio, dalle bellezze e dalle priorità che esso offre. La sua semplicità è spiazzante e dopo aver visitato il Parco Nazionale del Cilento del Vallo di Diano e degli Alburni la sua rabbia si fa accecante. Una gestione misera che ha sottovalutato tutto ciò che poteva essere la vera ricchezza di un territorio all’avanguardia, incontaminato che, specie nel Vallo di Diano ha subito la smania di potere di chi lo ha amministrato negli ultimi 30 anni. La rabbia di Farina è la rabbia di tanti cittadini impotenti di fronte alla realtà, racchiusa in poche righe che vi proponiamo:

“Il Parco Nazionale del Cilento è una realtà costituita da 8 Comunità montane ed 80 Comuni, divenuta nel 1998 Patrimonio dell’umanità dell’Unesco con i siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula, dal 1997 Riserva della biosfera e dal 2010 il primo Parco Nazionale Italiano a diventare Geoparco. Un potenziale impressionante, ricco di opportunità di sviluppo per questo territorio che ancora oggi rimane imprigionato da una gestione politica incapace di valorizzare le ingenti risorse economiche già investite ma che ancora poco hanno prodotto. Da un punto di vista politico la Comunità del Parco non ha una guida dal 2010, da quando il “sindaco pescatore”, Angelo Vassallo, è stato ucciso in un attentato la cui sospetta matrice camorristica è tuttora oggetto di indagini da parte della magistratura. La gestione dell’Ente Parco, invece, rimane ancorata alla figura del presidente Amilcare Troiano, il quale permane in qualità di commissario con nomina del Ministero per l’Ambiente. Una gestione politica ferma e stagnante, congelata al passato e che rappresenta emblematicamente la condizione di immobilità che caratterizza questo territorio. La comunità del Parco non riesce a vedere in questo Ente una guida capace di orientare adeguatamente le risorse e le potenzialità che potrebbero consentire lo sviluppo del territorio; tutt’altro, per molti cittadini il Parco è divenuto un limite, una restrizione che impedisce di vivere con serenità questa terra. Limiti che nascono per proteggere l’ecosistema ma che, in realtà, diventano un cappio che stringe alla gola coloro che invece questo territorio vorrebbero svilupparlo, attraverso una gestione virtuosa dell’Ente. Guardando questi luoghi, i sentieri incontaminati, le strutture come il Centro di Educazione Ambientale di Sanza, un antico Monastero ristrutturato sito nella località Salemme per il quale sono stati spesi circa 5 mln di € lasciati a dormire e che potrebbe, invece, essere valorizzato (ad esempio) riconvertendo questa struttura in una facoltà di Agraria capace di attrarre risorse economiche per il territorio; beh, quando vedo questo spreco di opportunità credo sia necessario impegnarsi con determinazione per riportare al centro del dibattito politico regionale la questione Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, al fine di sollecitare la definizione di una nuova gestione politico/amministrativa, spuria da contaminazioni clientelari e partitocratiche, ma basata su criteri trasparenti di qualità e merito.
Tale impegno, a livello regionale, dovrà integrare e rafforzare la posizione già assunta dal M5S con l’interrogazione parlamentare presentata dal deputato M5S Tofalo al Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, attraverso la quale si è mira a porre la questione Parco al centro del dibattito politico il quale dovrà necessariamente orientarsi sul tema della riparametrazione dei confini disposti dai provvedimenti emessi dal Ministero dell’Ambiente negli anni 90: temi come il contenimento della fauna selvatica che genera danni incalcolabili alla popolazione locale, la valorizzazione dei terreni incolti appartenenti all’ente Parco e riportati in catasto come agricoli, il monitoraggio dell’assetto idrogeologico, delle emergenze fitosanitarie dei boschi, del degrado ambientale e il controllo delle discariche abusive, vanno affrontate nell’ottica di una riparametrazione dei confini del Parco per una migliore e più funzionale gestione delle risorse a disposizione da parte delle strutture preposte.
Quanto già presentato dal M5S a livello parlamentare traccia l’orientamento di ciò che dovrà essere fatto anche a livello regionale per ristabilire il giusto equilibrio tra vincoli e opportunità, attraverso una riparametrazione dei limiti del Parco, che andranno rivisti nell’ottica di una migliore canalizzazione, gestione ed ottimizzazione delle risorse a disposizione di questa comunità”.

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