MELUZIO: una “famiglia” o soltanto una famiglia ?

Aldo Bianchini
SALERO – L’ultima volta che ho scritto sulla “famiglia Meluzio” risale al 19 febbraio scorso in occasione della sentenza di condanna in appello per la vicenda dell’Hotel Bristol di Battipaglia a conclusione di una inchiesta che definire “inquietante” è dire poco. Per il Bristol fu avanzata una ipotesi di “bancarotta fraudolenta” in ragione della quale il capostipite Antonio, insieme al figlio Morgan ed altri, finì in galera e non per la prima volta. Poi la vicenda si è sgonfiata e l’accusa di bancarotta è stata revocata ma il processo di primo grado è andato avanti, come pure quello di appello con identiche e riconfermate sentenze di condanna. Ora nell’attesa della pronuncia della Corte di Cassazione ecco la nuova terrificante tegola sulla testa dei Meluzio: l’arresto di Meluzio junior (Morgan), del sequestro di 40 milioni di beni, contestazione del reato di truffa e associazione a delinquere anche per altri componenti la famiglia, tra cui il capostipite Antonio (detto Tonino). Ho già scritto nel precedente articolo del 19 febbraio dal titolo “Hotel Brisol: da Meluzio a Mastrolia, passando per D’Andrea … una lunga storia” ed avevo, in un certo senso, annunciato una nuova puntata della “lunga storia” dei Meluzio, puntata che puntualmente è arrivata tra barche, ville, conti bancari, ecc. con undici società finite nel mirino degli investigatori. Non so se i Meluzio sono responsabili di qualcosa e fino a che punto lo sono, non è compito mio assumere le vesti del difensore d’ufficio posso soltanto continuare a descrivere la figura del capostipite “Tonino” che insieme al fratello Angelo nei primi anni ’90 dettava legge un po’ dovunque nell’imprenditoria salernitana, e non solo. Lo conobbi da vicino in quegli anni, spesso andavo a cena con lui anche in compagnia di imprenditori e grossi politici salernitani. L’ultima volta lo incontrai a cena, presso l’Eureka, la sera del 28 maggio 1992 (esattamente tre giorni prima che scattassero i clamorosi arresti della giunta laica e di sinistra di Salerno, quando finirono dietro le sbarre gli ex sindaci Vincenzo Giordano e Aniello Salzano e l’ex vice sindaco Fulvio Bonavitacola –oggi vice governatore della Regione Campania); con alcuni amici ci intrattenemmo a lungo e Tonino, in chiave di novello giornalista, mi preavvertì degli imminenti arresti; era presente anche uno di quelli che poi venne realmente arrestato nella tragica e inquietante serata di lunedì 31 maggio 1992. Ho parlato di “Tonino giornalista”, non soltanto per stigmatizzare il suo enorme potere con ramificazioni anche negli uffici giudiziari ma anche perché in quel periodo aveva la passione per la tv ed aveva sponsorizzato diversi programmi politici (alcuni dei quali condotti da me personalmente !! – da qui le ragioni della mia conoscenza -) su Salerno e Battipaglia in favore dei candidati del suo padrino politico (on. Ciriaco De Mita) che era anche il suo “compare d’anello”. Meluzio era nato a Nusco e per questa ragione intratteneva ottimi rapporti con il potente uomo politico; e fu anche questa la ragione (a mio sommesso avviso) che causò i primi incomprensibili guai giudiziari a Tonino nel bel mezzo di tangentopoli con gravissime accuse a suo carico. All’epoca era un uomo molto invidiato, oserei dire quasi odiato anche da alcuni magistrati d’attacco che, forse, tramite la sua persona intendevano arrivare al “gran visir di Nusco”. Tonino Meluzio ebbe, ed ha, la forza di non trascinare mai De Mita nelle sue disgrazie e seppe mantenere sempre un atteggiamento davvero coraggioso nei lunghi anni di sofferenze e di carcerazione preventiva. Ora arriva la mazzata per il figlio Morgan (già coinvolto in alcune delle precedenti inchiesta a carico del padre) fatto oggetto delle attenzioni da parte del GICO della Guardia di Finanza; una inchiesta da seguire attentamente per poterne capire di più. Se dovessi esprimere un giudizio sereno sulla figura di Antonio Meluzio e della sua famiglia potrei soltanto dire di aver conosciuto una persona corretta nei rapporti ed apparentemente coinvolto in affari molto più grossi delle sue capacità personali imprenditoriali; non potrei dire niente altro. I Meluzio, per quanto mi riguarda e per quanto di mia conoscenza, sono una famiglia normale e non “una famiglia” come il GICO lascia intendere con la sua inchiesta, nonostante l’alto tenore di vita tra yacht e ville da favola, undici società fantasma con sede in Bulgaria – Roma – Campobasso e Potenza, 25 quote societarie, 6 tra immobili e terreni, 5 veicoli di grossa cilindrata, 2 grosse imbarcazioni e numerosi rapporti bancari presso più di 40 istituti di credito e ben diciotto persone coinvolte oltre il succitato Morgan, portatore di un nome che evoca nella fantasia le imprese del famoso pirata.

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