STATUS QUO

di Michele Cavallo (scrittore)

MONTE SAN GIACOMO – Definizione di Wikipedia: “In politica lo Status Quo viene utilizzato soprattutto per indicare, spesso negativamente, una situazione di immobilismo, il più delle volte originata da convenienze di compromesso tra le parti”.

E ancora (Giuseppe Giusti, Il brindisi di Girella): «Quando tornò lo Status Quo feci baldorie, staccai i cavalli, mutai le statue sui piedistalli».

Mantenere una situazione “in equilibrio” o, più  correttamente di immobilismo, è, come dice la definizione, la situazione più conveniente per qualsiasi classe politica.

Mantenere lo Status Quo significa non migliorare, perché di questo stiamo parlando, le condizioni economiche dei più disagiati, del mondo del lavoro, della scuola, delle infrastrutture, del debito pubblico, delle spese dello stato, delle condizioni in cui versano la nostra cultura, i nostri monumenti, le nostre coste, il divario enorme tra nord e sud e, soprattutto non modificare i propri (della politica) interessi, diritti acquisiti, in una parola “il loro potere”.

Ma Status Quo vuol dire anche “cambiare per non cambiare nulla”. Dare solo l’impressione di fare, senza ottenere un qualsiasi effetto duraturo.

Un esempio lampante lo stiamo avendo in questi giorni attraverso il teatrino che hanno installato i nostri governanti per l’appuntamento al referendum di dicembre su tutti i Media e social network; appuntamento che in ogni caso cambierà poco o nulla, sia che vinca il SI’, sia che vinca il NO. Ma non  è questo l’argomento che vorrei approfondire oggi.

Quando si ha l’impressione  che non si riesce a migliorare le cose, anche noi comuni mortali tentiamo di mantenere intatto almeno quello che abbiamo e quindi il nostro tenore di vita. Ma, e qui sta la sostanziale differenza, noi non possiamo quasi mai decidere di ottenere un conveniente Status Quo perché al nostro cambiamento, al nostro peggioramento,  contribuiscono azioni e comportamenti che prescindono dalla comune volontà. O almeno pensiamo che sia così. Il Cambiamento (o peggioramento) quindi, delle nostre condizioni di vita, non deve comunque essere di sostanziale entità, onde evitare di scalfire l’equilibrio  ed il conveniente immobilismo di cui sopra. Mantenere una giusta dose di disoccupazione, di povertà assoluta, un basso livello di scolarizzazione soprattutto in posti dove è meglio e più conveniente delinquere che imparare a leggere, tutto questo ha un suo scopo. Mettere mano a questi problemi, vorrebbe dire comunque minare senza possibilità di controllo, lo Status Quo tanto caro ai nostri parlamentari.

Ora dovete permettermi di citare ancora una volta il caro grande Karl Marx, perché credo che la causa di buona parte di questa stagnazione, possiamo ritrovarla nelle sue parole:

“La maggior parte dei SUDDITI crede di essere tale perché IL RE è IL RE; non si rende conto che in realtà IL RE è IL RE perché ESSI sono SUDDITI”

Un esempio di “sudditi rivoltosi” diventati governanti lo abbiamo avuto ultimante con il Movimento 5 Stelle, ma la profezia del grande gobbo secondo cui “il potere logora chi non ce l’ha” sembra avverarsi di nuovo. Forse perché “il vero RE” non alberga nel castello del parlamento? Forse perché l’italiano è antropologicamente portato a lamentarsi solo quando non sta bene, ma pensa che tutto si rimetta a posto non appena abbia migliorato la SUA personale posizione a prescindere dagli altri?

O forse solo perché la situazione è talmente grave che mantenere le cose più o meno come sono è già un’avventura?

Io vedo che altrove le cose vanno meglio e quindi sono portato a credere che non tutto sia perduto. Se solo fossimo altrove…

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