DODI : tra solidarietà, sociale e fede

di Nicola Mastrocinque

E’ domenica mattina, squilla il cellulare alle 09.58, è Dodi Battaglia pronto per l’intervista concordata in una telefonata, giunta nella tarda serata di sabato. Dodi si racconta a tutto tondo, rispondendo a domande inerenti il valore della solidarietà, l’insopprimibile importanza della fede, l’impegno nel sociale, il sogno realizzato di un bambino nato nella periferia di Bologna di diventare un grande musicista. L’intervista si conclude con le grandi emozioni provate sul palco di Bologna il 30 dicembre 2016, nell’ultima notte insieme ai Pooh. Non dimentica affatto l’amico fraterno Valerio Negrini, che nel 1968, lo sceglie come chitarrista della band più amata nel panorama musicale italiana per 50 anni. Le note delle chitarre acustiche, classiche ed elettriche, hanno accompagnato i testi delle celebri canzoni dei Pooh, i suoi ineguagliabili assoli restano ancora vividi nella memoria collettiva, applauditi dai fan nei concerti tenuti in ogni dove della penisola italiana e nel mondo. Il 16 febbraio, alle 18.30,  nel Teatro di Ateneo Uni Salerno, in Fisciano, con “Musica E Parole” incontra i ragazzi, i fan, portando con se la sua chitarra. L’ingresso è libero fino ad esaurimento dei posti.

  1. 1.      Dodi il 25 febbraio risali sul palco del Teatro Antoniano per lo spettacolo “Armonie di Vita”. Come si fonde la musica e la solidarietà per raccogliere i fondi, per le attività di ricerca delle malattie da debellare?

Chiunque faccia il mestiere del musicista o dell’artista, in qualche maniera è naturale che abbia un approccio nei confronti della vita e del prossimo in modo più privilegiato. Chi ha avuto la fortuna come me o come noi (Pooh), il privilegio di fare la passione, innanzitutto, della musica di farla diventare un mestiere con cui il quale campa la famiglia e le cose che servono per stare a questo mondo, non può non essere così sensibile alle persone che hanno bisogno. In un certo senso è come ridare indietro tutto l’affetto, l’amore, l’attenzione che il pubblico ti ha dato nel corso di questi anni. Ti sembra un gesto dovuto visto il grande successo che io e miei colleghi abbiamo avuto nel corso di questi anni. C’è da dire che si fanno questo tipo di operazioni legate al sociale, al sollievo e alle condizioni degli altri, al di la del ricavo economico fanno bene. Non si vive di solo pane, per cui è una delle cose più gratificanti.

  1. La fede nel Signore quanto è importante nei momenti della tua esistenza?

Io nasco da una famiglia cristiana con una estrazione chiamiamola tradizionale, come tanti bambini che nascevano come me nella periferia di Bologna del dopo guerra, ancora straziata. Io sono del ’51, per cui la fede era una delle cose, un cardine al quale aggrapparsi per svegliarsi la mattina, per cercare di vedere quale poteva essere una meta, il futuro, che doveva essere più roseo di quello che era stato l’ieri l’altro. Per la mia estrazione, per la mia educazione e per la mia necessità,  di guardare ad un futuro migliore, ecco che ha fatto nascere in me la fede. Tu mi chiedevi se avevo fede nel Signore, certo che ho fede nel Signore, sono figlio di cristiani. Credo che la fede sia un atteggiamento di vita, cioè, se uno non ha un anelito, questa speranza profonda del cambiamento, che sia meglio, che il mondo vada per il meglio, che le malattie continuano ad essere debellate e non si prova niente per questo, credo che uno si perda molto di quello che è la gioia per la vita e per gli altri.

  1. Dodi avresti mai immaginato di suonare 50 anni con i Pooh?

Ognuno deve avere motivazioni bellissime, fantastiche. Con delle grandi motivazioni si può stare insieme 50 anni, come è accaduto ai Pooh, perchè ognuno di noi aveva in mente un grande sogno, che permette anche di sopportare in 50 anni quelle parti meno piacevoli di vita. Per tornare un attimo al ragionamento della fede, credo che anche avere un grande sogno come è stato il nostro è una dimostrazione di fede, senza sapere che negli anni ’60, avremmo avuto 50 di carriera. Abbiamo avuto fede in tutto, in un obiettivo, in un bel ideale, un ideale di creatività, di amicizia, di coesione, soprattutto avere la possibilità di condividere con il nostro pubblico delle cose belle e positive. Questo io credo che sia, è la dimostrazione che oltre ad avere fede l’abbiamo messa in pratica.                

  1. In occasione di “Musica e Parole”, partecipi ad un incontro il 16 febbraio, in collaborazione con Devimeda e l’Università agli Studi di Salerno, nel Teatro dell’Ateneo di Fisciano. Come si articola la serata?

E’ un incontro che io ho voluto accettare, uno dei pochi, al di la di quelli che faccio in beneficenza quest’anno, dagli amici dell’università di Fisciano, che già, appunto avevo avuto quasi una decina di anni fa, dove c’è questa bellissima aula per fare conferenze. Nel corso di quest’ultimi anni l’università di Fisciano  è cresciuta esponenzialmente fino a diventare una delle più importanti d’Italia. Non voglio tenere nessuna lezione e  non voglio insegnare niente. Voglio semplicemente condividere quello che è stato un percorso mio di vita, che mi ha portato  grazie al cielo ad ottenere dei grandi risultati. Voglio condividere quello che si diceva prima la fede nei grandi obiettivi, quello che potrebbe essere di perseverare anche nei momenti meno gratificanti della vita, quello che è stata appunto la mia grande passione per la musica. E in quell’occasione magari alternerò alle parole che scambieremo in quel frangente con qualcosa che riuscirò a suonare e a cantare, portando una semplice chitarra con me.

  1. Dodi tu sei stato l’antisignano dell’impegno civile. Nel 1999, con i Pooh nel tour estivo con i fondi raccolti avete costruito i parchi giochi, per i bambini feriti e straziati dalla guerra nella ex Jugoslavia. In quale città ti sei recato per riportare la speranza all’infanzia?

Non è stata una città sola, sono state diverse. Grazie a questa raccolta di fondi noi siamo riusciti ad ottenere dei parchi giochi che hanno reso felice i bambini che nel frattempo durante la guerra non giocavano più, in maniera particolare nei territori dove c’erano le varie fazioni in contrasto. I bambini di una fazione non giocavano più con l’altra fazione, diciamo che abbiamo voluto agevolare questa riconciliazione e abbiamo dato la possibilità ai bambini di ritornare a sognare. Noi abbiamo voluto dare il nostro piccolo contributo ad una situazione che ogni giorno ci devastava il cuore ogni volta che accendevamo la televisione.  Siamo stati a montare i parchi giochi in Albania, in Kosovo e a Tirana. Abbiamo fatto visita anche al nostro contingente militare che era lì, è stata una cosa molto bella.

  1. Il 30/12/2016, a Bologna con l’ultima notte insieme i Pooh hanno chiuso una gloriosa carriera. Nella sua mente quali ricordi dei 50 anni e come sono affiorati le immagini di Valerio Negrini, il suo grande amico?

Il 30 di dicembre sul quel palcoscenico i pensieri che mi sono passati per la mente sono stati talmente tanti che servirebbe un libro intero per scriverli. Sicuramente per ognuno dei periodi che abbiamo inciso le canzoni, che abbiamo suonato in quella serata, sono passati davanti i posti dove siamo andati a suonare, dove siamo andati ad incedere, tra cui Milano, Roma, alle Hawaii, ai Caraibi, in Giappone.  Ognuno di questi lavori rappresenta per me una fase di vita, mi ricorda quando sono nati i miei figli, quando stavo con una persona piuttosto che un’altra. Sono degli spaccati di vita le canzoni. Esse automaticamente portano in un contesto del sud, perché ogni tanto si ricorda quell’emozione. Per me è stata la possibilità di rivivere questi 50 anni fantastici, giorno per giorno, nota per nota. Come ho detto prima di assaporare parola per parola, di quello che è stato un grande lavoro, che ha voluto regalarci quel grande amico fraterno. Mi manca immensamente, è stato appunto Valerio Negrini, che praticamente in quella condizione particolare ed emozionale, che era il 30 dicembre, ho avuto un’emozione assolutamente maggiore. Sappiano tutti che i Pooh nascono a Bologna grazie ad un idea di Valerio Negrini. I Pooh finiscono la carriera a Bologna, la città mia e di Valerio Negrini e ciò è stato emozionalmente devastante.  

  1. Quali sono i tuoi progetti per 2017 e se c’è un quarto album in programmazione?

Dunque io per il 2017, – come chi si ferma è perduto –  ho voluto dare seguito alle tante persone che mi supplicavano nel corso di questo tour di non abbandonare, quello di portare avanti la mia musica, la musica dei Pooh. Per il 2017,  ho già deciso e sto già sto lavorando per questo. Voglio portare in giro un mio spettacolo con cinque musicisti validissimi, è un viaggio all’interno di ciò che ho suonato, ho interpretato io da solo e con i Pooh.  Magari ci saranno delle cose inedite. Voglio innanzitutto divertirmi, io sono ancora una persona che si diverte ad andare sul palcoscenico. Lo spettacolo è un compendio di quello che sono stati 50 anni dei Pooh. Ci saranno altri brani che ho fatto, che mi rappresentano, sarà assolutamente lungo e sicuramente mi divertirò molto.

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