Evitiamo di portare, almeno i più piccoli, in guerra una seconda volta, nella dimensione digitale . È il monito che il Garante per la privacy rivolge ai media, alle grandi piattaforme di condivisione di contenuti e a ciascun utente dei social network.

da Pietro Cusati

 

 

 

 

 

 

I bambini vanno tutelati anche in tempo di guerra come stabilisce la Carta di Treviso, il documento deontologico che fissa le regole riguardanti la trattazione delle informazioni relative ai minorenni, approvata nel 1990 dall’Ordine dei Giornalisti e dalla Fnsi, la Federazione nazionale della stampa italiana. In questa situazione di estrema fragilità per la fascia più debole e indifesa di una popolazione colpita duramente da una guerra tanto inimmaginabile quanto cruenta , che occorre un modo corretto per fare la giusta informazione e tutelare al contempo la privacy dei bambini .Un appello che assume maggiore rilevanza proprio perché rivolto principalmente ai giornalisti, già vincolati dalla propria deontologia professionale a tutelare sempre e comunque i minorenni, in qualsiasi situazione. Quelle fotografie e quei dati, nella dimensione digitale, perseguiteranno quei bambini per sempre, e, magari, in molti casi li esporranno a conseguenze discriminatorie di carattere sociale, culturale, religioso o politico di ogni genere, conseguenze, forse, oggi, in molti casi persino imprevedibili. E, certamente, quelle immagini finiranno in pasto ad algoritmi di ogni genere per le ragioni più diverse. I mezzi di comunicazione di massa, pur nell’indispensabile lavoro di testimonianza dei tragici effetti della guerra,ritiene il Garante della Privacy che vanno richiamati a  una maggior tutela dei minori. L’ appello è rivolto ai media, alle grandi piattaforme di condivisione di contenuti e a ciascun utente dei social network,basta con i volti disperati dei bambini in televisione, sui giornali e sui social network. Evitiamo di portare, almeno i più piccoli, in guerra una seconda volta, nella dimensione digitale. L’immagine del bambino, come qualsiasi dato personale che lo riguardi , in realtà, dovrebbe entrare nel sistema mediatico solo quando ciò sia indispensabile o, ancora meglio, solo quando la sua pubblicazione sia nell’interesse del bambino. Perché, altrimenti, quelle fotografie e quei dati, nella dimensione digitale, perseguiteranno quei bambini per sempre, e, magari, in molti casi li esporranno a conseguenze discriminatorie di carattere sociale, culturale, religioso o politico di ogni genere, conseguenze, forse, oggi, in molti casi persino imprevedibili. E, certamente, quelle immagini finiranno in pasto ad algoritmi di ogni genere per le ragioni più diverse. Il Garante della Privacy richiama quindi tutti i mezzi di comunicazione di massa, pur nell’indispensabile lavoro di testimonianza dei tragici effetti della guerra, ad una maggior tutela dei minori.

 

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