Caso P.D.: da Bari a Torino e Catania … passando per Oddati a Napoli ed anche per Salerno

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Le vicende giudiziarie che attanagliano, in queste ultime settimane, il P.D. (Partito Democratico) nelle città di Bari, Torino e Catania sono apparse, almeno dalla narrazione dei media, come una novità assoluta per il partito che da sempre sbandiera legalità e trasparenza ed è pronto a compilare vere liste di proscrizione contro gli idioti del centro destra che vengono sbattuti in prima pagina sotto l’incalzare delle inchieste giudiziarie che nella quasi totalità dei casi si risolvono con assoluzioni del tipo “il fatto non sussiste”.

Sarà così anche per le inchieste sul centro sinistra ?, da garantista spero proprio di si.

Nel titolo ho parlato di Nicola Oddati che andrà a processo per direttissima fra qualche settimana; la vicenda giudiziaria che ha travolto l’uomo considerato fino a qualche settimana fa alla stregua di uno “stakanovista” del Partito Democratico in Campania ed in altre regioni del sud quali la Calabria e la Puglia (ritorna la Puglia); e sappiamo tutti che questo appellativo in politica viene letto come una grande capacità di controllo delle varie anime di un partito, di recupero di fondi (leciti e illeciti, poco importa !!) da utilizzare (si spera !!) per l’organizzazione dello stesso partito, di aggregare e fare proseliti e quindi voti per il partito, di rispondere incondizionatamente agli ordini perentori del capo partito, di pagare infine (se c’è da pagare !!) anche sul piano penale senza coinvolgere nessuno … tanto alla fine lo stakanovista verrà sempre e comunque recuperato perché passata la tempesta ritornano gli stessi augelli a far festa.

Ma un caso altrettanto grave, se non addirittura ancora più clamoroso di quelli enunciati, è accaduto a Salerno negli anni tra il 2011 e il 2012 e, seppure ancora in fase di indagini, è stato quasi del tutto dimenticato.

Non so quanti ricordano cosa è accaduto a Salerno e provincia per i tesseramenti PD del 2011 e 2012 e per le primarie PD del 2012 e 2013 con il travaso di voti delle primarie da Pier Luigi Bersani a Matteo Renzi: prima il 97% a Bersani e dopo il 97% a Renzi, come se i voti e i votanti fossero dei fagioli da contare in una trasmissione televisiva a quiz; esattamente come faceva Raffaella Carrà sia sulle frequenze Rai che su quelle di Mediaset. Insomma una chiara dimostrazione del potere del sistema politico deluchiano che riusciva a spostare masse enormi di consensi prima da un lato e poi dall’altro a seconda di come soffiava il vento.

E così, finita l’era Bersani l’intera provincia di Salerno (almeno per quanto riguardava il PD, quello di De Luca) si spostò come una vela al vento in casa del travolgente Renzi; e la cosa più impressionante fu che le percentuali di voti risultarono essere praticamente identiche; insomma come se una folta schiera di truppe cammellate si fosse spostata da un segretario nazionale all’altro agli ordini inflessibili del kaimano.

In quel momento, però, nessuno dei tanti volenterosi sostituti procuratori della repubblica del distretto di Salerno si pose la domanda se quanto avvenuto potesse dare il via ad una ipotesi investigativa, almeno per palese transumanza di voti da Pierluigi a Matteo.

Accadde, però, un fatto molto importante verso la fine dell’estate del 2013 quando:

  • Su questa vicenda (come anche per il tesseramento PdL del 2011e 2012, e le primarie 2012 e 2013) arrivò con tutta la furia possibile il pm antimafia salernitano Vincenzo Montemurro (ora a Potenza) sulla scorta di un pacchetto (di ben 48 tessere firmate dall’allora segretario Pier Luigi Bersani (tessere in bianco ma risultate intestate a fantomatici personaggi – forse deceduti – appartenenti alla sezione di un paese del Vallo di Diano; tessere distribuita dal centro operativo di Sant’Arsenio), consegnate da una mano anonima ad un giornalista salernitano (il pacchetto fu lasciato anonimamente davanti la casa del giornalista nel Vallo di Diano) il quale, fiutato il possibile scandalo, dopo aver consultato senza ottenere risposta sia il cdx che il csx consegnò, accompagnato dal suo avvocato Giovanni Falci, il pacchetto di tessere direttamente nelle mani del pm Montemurro che subito si mosse come un elefante in una cristalleria seminando il panico ovunque. Nel PD accadde il finimondo, un deputato di Nocera Inferiore e una senatrice della Valle del Sele occuparono la sede provinciale del PD di Via Manzo a Salerno per protesta contro i brogli del tesseramento. Nel frattempo, sempre quella mano anonima e con lo stesso sistema, consegnò sempre a quel giornalista salernitano uno scatolone pieno di certificati di voto per le primarie utilizzati probabilmente in maniera scorretta per assegnare la vittoria sulla base di precisi ordini di scuderia; scatolione proveniente sempre dallo stesso paese del Vallo. A quel punto il pm Montemurro fece il salto di qualità e con i suoi uomini piombò nella sede nazionale del PD a Roma per perquisizioni e interrogatori vari. Non riuscì ad interrogare Bersani perché proprio in quei giorni venne sottoposto ad un delicato intervento chirurgico al cervello. Era l’inizio del gennaio 2014 ed erano passati pochi mesi dal settembre 2013, mese in cui il giornalista aveva consegnato alla procura il primo pacchetto di tessere. Qualche settimana dopo il blitz romano di Montemurro entrò in gioco, grazie all’azione di forza dei due parlamentari sopra citati, anche l’agro nocerino-sarnese con la consegna di tessere in bianco per altri filoni di inchiesta finiti nella mani di altri pubblici ministeri che scoprirono altarini che definire inquietanti è molto riduttivo.

Poi come d’incanto “Passata è la tempesta – odo gli augelli far festa e la gallina, tornata in su la via, che ripete il suo verso” e tutto finì a tarallucci e vino; anche se almeno il faldone di Montemurro dovrebbe essere ancora al suo posto nelle stanze occupate in quel tempo dal P.M. antimafia e ovviamente l’indagine, a questo punto, deve considerarsi ancora aperta.

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