FINI: dall’aula del Tribunale di Roma si levò un urlo …  “Grazie Alberto”

 

 

Aldo Bianchini

(nella foto Gianfranco Fini tra i suoi avvocati: il salernitano Michele Sarno e Francesco Caroleo Grimaldi)

SALERNO – L’editoriale, firmato dall’avv. Giovanni Falci per questo giornale, incentrato sulle recentissime vicende giudiziarie dell’ex leader della destra moderata on. Gianfranco Fini (sentenza di condanna del Tribunale di Roma a 2anni e 8mesi di carcere per la nebulosa storia della casa a Montecarlo donata ad Alleanza Nazionale dalla contessa Anna Maria Colleoni <45 metri quadri in Boulevard Princess Charlotte>, acquistata dai Tulliani per 300mila euro e rivenduta al prezzo di oltre un milione di dollari) ha riscosso un notevole successo da parte di diverse centinaia di lettori.

Non solo, ha anche indotto (ironizzando su una specifica denominazione di tortelloni) il giornalista prof. Antonio Cortese a commentare l’editoriale di Falci proiettando ancora più in avanti il ragionamento complessivo che, nel riconoscere la grande capacità aggregativa e politica di Fini destinato ad un lungo percorso politico di valenza nazionale ed internazionale, ha privilegiato la corrente di pensiero che vuole Fini come vittima dell’imperante berlusconismo; distinguendosi dall’altra corrente di pensiero ben rappresentata da Falci che accredita la fine di un leader al fatto di non essere stato capace di scindere le vicende personali e familiari da quelle politiche.

 

In tutta sincerità non mi convince né l’una e né l’altra corrente di pensiero e credo (con tutto il condizionale possibile) che il mitico Gianfranco Fini sia stato vittima (l’ennesima !!) di quell’antico vizietto che storicamente ha accompagnato tutti o quasi i grandi uomini del passato che si sono immolati per amore della propria donna (amore non sempre corrisposto allo stesso modo) fino al sacrificio supremo della loro vita fisica e /o della loro vita professionale, economica, sociale, sportiva e politica.

E mi ritorna alla mente quella storica trasmissione televisiva di Mike Buongiorno in cui il supremo presentatore a commento della sconfitta clamorosa di una grande concorrente esclamò: “Hai ! hai ! hai ! signora Longari … mi è caduta sull’uccello”; volendo con questo significare che la Longari era caduta per non ver riconosciuto un votatile della grande famiglia degli uccelli.

Se così fosse sarebbe molto triste per un personaggio destinato a diventare “un uomo di Stato”; resta il fatto che è stato, forse, capace di fare molto peggio del suo amico-nemico Berlusconi.

 

E perché, infine, il presunto grido nell’aula di tribunale “Grazie Alberto” (descritto nel titolo di questo editoriale); la spiegazione molto dettagliata, specifica e professionale ce l’ha data l’avv. Giovanni Falci nel suo precitato editoriale riportando a galla una legge molto specifica:

  • Fatta questa premessa, però, non posso non sottolineare che oggi, l’on.le Fini è tranquillo di non andare in carcere a scontare la pena che dovesse diventare definitiva, grazie alla “legge Simeone”. Una legge del 27 maggio 1998, n. 165, detta “Legge Simeone”, che ha reso più ampia e facile la concessione al condannato delle misure alternative alla detenzione in carcere, nella convinzione che la permanenza in carcere sia utile per certi tipi di condannati, inutile e forse dannosa per altri. Era stato previsto da questa legge che ove la sentenza di condanna sia inferiore ai due anni di reclusione – oggi passati a quattro anni – il Pubblico Ministero debba sospendere l’esecuzione della pena, consentendo al condannato di richiedere al Tribunale di sorveglianza, entro trenta giorni, le misure alternative alla detenzione.

 

Quel Simeone, avvocato, si chiamava Alberto ed era deputato di Alleanza Nazionale e ispiratore della legge che Fini contestò pesantemente fino al punto di non ricandidarlo alle successive elezioni e di buttarlo fuori dalla politica attiva.

 

One thought on “FINI: dall’aula del Tribunale di Roma si levò un urlo …  “Grazie Alberto”

  1. Simeone, come altri vittime anch’essi del dividi et impera di zio Silvio, compreso lo stesso avvocato Sarno, non raccolgono gloria politica, volendo replicare ancora sulla vicenda analizzata dal direttore Bianchini, perché come ho anche risposto al Falci, tali processi sono viziati ab origine da invidie intestine che rivelano l’immaturità e il provincialismo nelle sedi locali fino alle redazioni controllate da quest’ultime; ieri, quindi serva da lezione di sano corporativismo e appartenenza a movimenti e partiti, a vecchi e nuovi protagonisti dello stesso colore con maggiore coscienza continentale,

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