Le proteste degli studenti telecomandati

da Antonio Cortese (docente – giornalista)

 

Dal ’68 anche gli atenei più prestigiosi manifestano non per i propri problemi di istituto, di burocrazia o nepotismo e raccomandazioni o semplicemente per migliorare il proprio curriculum o la ricerca scientifica. No, masse ipnotizzate di giovani pur avendo superato brillantemente con svariati diplomi obiettivi di studio e promettente carriera personale, cadono puntualmente nel vortice mediatico che non solamente li distoglie dagli impegni ma li va ad immobilizzare il contesto sociale in cui vivono, con i relativi disordini che non fanno altro che ottenere il risultato opposto, andando a gonfiare la pancia dei media che sguazzano in queste distrazioni oramai globali.

 

Invece di picchettare per ottenere aule o strutture o ancora ammodernamento e velocizzazione pedagogica, oppure ancora personalizzazione funzionale ai piani di studio, questi nostalgici di una nostalgia che non appartiene loro se non ingurgitata da una vecchia cinematografia oramai inattuale, come per l’ingrassamento di polli o anatre negli allevamenti intensivi, studenti di mezzo mondo pur dotati di telefonini e computer  scioperano per vecchie cause e battaglie già perse dalle generazioni precedenti.

 

La moda si rese virale contro il conflitto vietnamita per poi accogliere i reduci nel più inumano dei modi, gettando i sopravvissuti rientrati in patria ai margini di una società che non é lo specchio della tivù, ma ciò tutti codesti studenti non capiscono ancora.

 

Personalmente ho conseguito la laurea durante il conflitto jugoslavo e le manifestazioni di allora non hanno ottenuto niente se non le tragedie a cui abbiamo assistito tutti con la distruzione dei Balcani, nonostante già allora senza i media personali di oggi, intervenissero Nato ed altri schieramenti con religioni in combutta predicatoria al seguito in simile processioni.

Stupidi, ridicoli, o scanzafatiche?

 

 

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