Aldo Bianchini
SALERNO – Un’altra scrollata, molto pesante, all’Albero di Natale della Procura della Repubblica di Salerno arriva anche questa volta dalla Suprema Corte di Cassazione.
Silenziosa e sicuramente molto professionale l’azione difensiva strategica messa in atto dall’avv. Giovanni Annunziata in favore del suo assistito Giuseppe Cipriano nell’ambito dell’ormai sempre più buia vicenda dell’omicidio del sindaco pescatore Angelo Vassallo.
L’avvocato Annunziata ha scavato un solco profondo tra la Procura di Salerno e la credibilità dei pentiti, assunti in assoluto dalla stessa Procura come i custodi del verbo, soprattutto per le rivelazioni di Romolo Ridosso (detto Romoletto) che non finisce più di stupire per la sua “evidente non credibilità” e che invece gli investigatori, come se avessero una fissa, prendono per buona ogni sua parola.
CASSAZIONE: L’avv. Annunziata stravince su tutti i fronti e piega le ginocchia della Procura: “Siamo soddisfatti dell’importantissimo risultato ottenuto in Cassazione. La motivazione recepisce in toto le argomentazioni difensive, ribaltando il quadro indiziario ed evidenziando lacune nella ricostruzione prospettata dalla Procura che, per vero, la difesa – fin dalla prime battute del procedimento – aveva già evidenziato. Rimaniamo fermamente convinti della estraneità ai fatti dell’imprenditore Giuseppe Cipriano, il quale – tuttavia ed allo stato – ha già patito 5 mesi di custodia cautelare in carcere, in regime di alta sorveglianza presso la casa circondariale di Reggio Calabria. Nondimeno, questa vicenda, riattualizza una ormai vecchia polemica sull’utilizzo della custodia cautelare in carcere prima della celebrazione dei processi”.
Al centro della strategia difensiva dell’avv. Giovanni Annunziata, nel contesto del suo ricorso in Cassazione, oltre alla credibilità dei pentiti in genere e dell’uso che soprattutto la Procura fa delle loro dichiarazioni quando già in altri processi gli stessi pentiti sono stati sconfessati, pone anche in chiara evidenza l’esercizio improprio che la medesima Procura fa della carcerazione preventiva.
ANNUNZIATA: Il noto avvocato penalista spiega: “Questa vicenda rappresenta un esempio tangibile della necessità di interventi normativi, che coinvolgano l’intera disciplina della carcerazione preventiva. Preservando l’autonomia di giudizio del Magistrato, sarebbe auspicabile contenere il potere discrezionale del Giudice della cautela sulla valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari, sia sotto l’aspetto temporale, limitando – così- l’applicazione di misure cautelari sine die, e sia evidenziando la necessità di ancorare le misure cautelari a parametri più oggettivi e più solidi.
Solo con un intervento del Legislatore in tal senso, si otterrebbe una efficace attuazione dello Stato di diritto, rendendo effettivo il sistema di tutela proprio del giusto processo, in cui all’indagato/imputato vengano riconosciute concrete garanzie di difesa. Non ultimo, andrebbe arginato, nelle varie fasi del procedimento cautelare, l’uso improprio dell’art 274 lett. c) cpp nella parte in cui richiama il pericolo di reiterazione del reato quale presupposto per l’applicazione della misura cautelare. L’attuale utilizzo dello strumento cautelare, di fatto, spesso, viene censurato in sede di legittimità, a seguito di impulsi difensivi e, proprio la Corte di Cassazione, offre numerosi spunti di ridimensionamento, in riferimento alla corretta applicazione della limitazione della libertà personale dell’indagato/imputato, ai quali il Legislatore dovrebbe ispirarsi”.
La Cassazione, dunque, bacchetta gli inquirenti salernitani, con una sentenza da studiare e analizzare con molta attenzione per coglierne i passaggi fondamentali che pongono per l’ennesima volta la Procura di Salerno al centro dell’attenzione generale per come, fin dagli anni ‘0, utilizza le dichiarazioni dei pentiti già ampiamente sconfessati in altri procedimenti.
Alla prossima.