da Salvatore Memoli (avvocato – giornalista – scrittore)
> La politica deve pensare, studiare, mediare. Se c’è un’attitudine che é sua propria caratteristica non deve mai perdere di vista la rappresentanza democratica e il servizio fedele alle Istituzioni. Quando la politica non sa fare il suo mestiere s’inventa gli sceriffi! Altro non serve, se non una vigilanza intelligente, su tutta la vita democratica, per attivare le giuste competenze affinché intervengano per correggere, reprimere, fermare gli abusi che alterano gli equilibri sociali. Al politico non spetta prendere iniziative che sono di altri, non deve sostituirsi, non deve frapporsi, non deve sovrapporsi, a chi è preposto per compiti ricevuti dalla legge che nella sua massima espressione costituzionale individua le competenze, le funzioni e l’attuazione del precetto.
> La politica sceglie i legislatori e gli amministratori, nelle forme democratiche stabilite con legge. Ai legislatori è riservato il compito solenne di fare le leggi, di dettare gli strumenti regolatori della polis, della comunità. Agli amministratori spetta il compito responsabile di curare la gestione di ampi settori della vita democratica locale e di normarli con atti deliberativi, avendo cura di lasciare ad altri il rispetto delle sue decisioni. Gli uni e gli altri non devono mai pensare di essere i padroni di qualcosa, di comandarla, di disporre, come se fosse un patrimonio personale. Tra i cardini della l’organizzazione della Pubblica Amministrazione c’è la divisione dei poteri e l’assegnazione delle competenze esecutive. L’eletto del popolo non è mai un tutto fare, in senso stretto, una persona che interviene nei processi per modificarli o peggio piegarli al suo volere. Anche quando l’intervento si rende necessario, chi ha funzioni legislative o amministrative, segnala a chi di dovere quanto ritenuto non in linea e lascia a costoro le iniziative.
> I fatti di questi tempi, ci abituano a personaggi che si sentono duci, ducetti, padroni del vapore e “re comanda scoppole”!
> Niente di più anomalo e trasgressivo! Non ne parliamo di quelle figure grottesche di sceriffi di “noantri”, di quelli che assommano tutte le figure dei padroni di tutto che possono decidere tutto.
> Assistiamo in questi ultimi tempi al replicarsi di invasioni di ruoli, all’isterismo autoritario di chi sente il potere di rappresentanza come investitura divina e da invasato ritiene di potere, anzi dovere, intervenire per reprimere ciò che ritiene non giusto e che deve essere fermato.
> Nell’assumere questo ruolo inquisitorio, lo sceriffo di turno crede che tutti debbano a lui ascolto e che si deve provvedere ad eseguire le indicazioni ricevute.
> La scena potrebbe essere piena di ilarità se non esponesse le polizie, che seguono il politico/amministratore invasato, a dover intervenire anche in situazioni grottesche. Se la scena avviene a Napoli la coreografia diventa più coinvolgente, fino ad essere capace di scatenare una rissa, senza nessuna garanzia di tutela per chicchessia.
> Stiamo assistendo ad una graduale trasformazione dei ruoli che glissano verso il tempo dei politici-sceriffi. Sono in tanti ad avere la tentazione di poter fare e dire tutto. Anche qualche magistrato si ritiene obbligato a recitare il ruolo di Salvatore della Patria.
> Nessuno si ferma a riconoscere che non siamo negli stati del Commonwealth e non siamo sul set di un film western.
> Forse a qualcuno potrebbe piacere l’istituzione degli sceriffi ma se poi ci si applica sui libri ci si accorge che non è mai un politico ( men che mai un magistrato) a fare lo sceriffo!
> La letteratura mondiale richiama questi uffici di poliziotti particolari che mantengono l’ordine pubblico, con una competenza e prerogativa che ricordano la somma di funzioni amministrative e giudiziarie.
> Il compito dello sceriffo è di eliminare il fuorilegge, la legge gli fornisce il supporto di un’organizzazione statuale, un punto di raccordo e di esecuzione dell’applicazione delle leggi. Tutto questo in Italia non esiste, né si conoscono proposte legislative che alterano un equilibrio inveterato tra i poteri dello Stato. I politici-sceriffi non vanno assecondati e seguiti, se non per raccogliere legittimamente le denunce di reato, lasciando ai Questori le competenze succedanee. Anzi quelle forze di polizia che si fanno fagocitare debbono essere avvertite e richiamate ai loro ruoli, lasciando gli interventi a tempi e modi idonei.
> Non esistono “Sceriffi italiani”! Noi in modo metaforico chiamiamo “sceriffo” colui che vorrebbe rafforzare la sicurezza di un territorio, il tutto senza legittimazione.
> Ricordiamo anche i “Sindaci Sceriffi”che governavano i territori con ordinanze comunali che miravano a gestire l’ordine pubblico, sulla base di emotività soggettive.
> L’ordinamento affida alle Forze di polizia la repressione di reati e di condotte contrarie all’ordine pubblico ed alla sicurezza.
> I politici e chiunque a conoscenza di fatti contrari all’ordine pubblico o a reati, devono riferirsi alle competenze precostituite per legge.
> Anzi, invocando le competenze, é tempo che le Procure della Repubblica dei territori vigilino su comportamenti strani che mettono a repentaglio le Forze di Polizia e incitano il popolo alla rissa.