Aldo Bianchini
SALERNO – “La giustizia è in come, le serve una terapia d’urto”, questo secondo il noto giurista Carlo Correra che da oltre cinquant’anni indossa la toga (prima come magistrato e poi come avvocato) ed opera con grande professionalità nel mondo della giustizia.
Per questo ha dato alle ristampe il suo precedente lavoro edito da La Valle del Tempo sotto il titolo “Ai danni del popolo italiano” che qualche anno fa squarciò i veli che coprivano le inefficienze strutturali di una giustizia che gli uomini-magistrati amministravano, ed amministrano con grande superficialità, ed in alcuni casi con malcelata dolosiità.
Si rammarica il giurista per quello che poteva essere fatto in questi ultimi tre-quattro anni in materia di riforme della giustizia e che non è stato fatto; e si lamenta Correra per la subalternità della politica rispetto alla magistratura; una subalternità nata da quel famoso e tragico blitz del 1994 da parte di alcuni magistrati milanesi che la storia così descrive:
- La mattina del 14 luglio 1994 entrò in vigore il famoso “Decreto Biondi” (Alfredo Biondi, ministro della giustizia del 1° governo Berlusconi) che il governo aveva approvato nel corso del pomeriggio del 13 luglio 1994. I sostituti procurati di Milano Antonio Di Pietro (simbolo di Mani Pulite), Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo con il procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio convocarono la stampa scritta e radiotelevisiva nazionale ed annunciarono al Paese le loro dimissioni se il decreto non fosse stato immediatamente ritirato dal Governo.
- IL DECRETO – il 13 luglio 1994, secondo i detrattori, il primo governo Berlusconi, alla ricerca di un modo per fermare Mani Pulite, varava il “decreto Biondi”: abolendo l’arresto preventivo per corrotti e corruttori, salvo rarissimi casi e ben giustificati da prove. Quel pomeriggio l’attenzione del Paese era tutta per Italia-Bulgaria, semifinale dei mondiali di calcio negli USA che deve decidere chi affronterà in finale il Brasile. Al Consiglio dei ministri, il titolare della Giustizia Alfredo Biondidistribuisce una cartellina con il testo e le spiegazioni. Interviene Berlusconi: “O il decreto passa all’unanimità, o lo ritiro e passiamo al disegno di legge”. Roberto Maroni, leghista, ministro dell’Interno e avvocato, chiede: “Ma usciranno di galera De Lorenzo e soci, oppure no?”. Gli rispondono: “No, fidati”. Il decreto passa all’unanimità. Il giorno dopo, i tangentisti escono, il pool Mani pulite si dimette, il Paese insorge. Berlusconi si spaventa e dà la colpa a Biondi, Maroni si dissocia e dice che non gli avevano spiegato le conseguenze. Il 19 luglio il decreto viene bocciato in Parlamento. Nella realtà è la fine della politica che non seppe, o non volle, mettere sotto procedimento disciplinare i quattro magistrati milanesi per quella che, comunque, è passata alla storia come una vera e propria insurrezione armata (magistratura e buona parte della stampa) contro il legittimo potere della politica.
Solo partendo da questo assunto (che Correra non cita mai ma in cui crede, forse, profondamente) si può capire in pieno il meticoloso lavoro dell’ex magistrato Carlo Correra che scuote, dal profondo, non solo le coscienze dei magistrati ma anche dei politici che pur potendo fare evitano, molto spesso, lo scontro definitivo. E il braccio di ferro tra i poteri dello Stato continua senza ritegno alcuno.e sempre e soltanto “Ai danni del popolo italiano”.
Braccio di ferro che induce il giurista a dichiarare esplicitamente “C’è un braccio di ferro tra poteri dello Stato e, intanto, i cittadini hanno bisogno della giustizia ogni giorno. E, purtroppo, fa notizia soprattutto la malagiustizia. Questo, per me che ho trascorso mezzo secolo negli uffici giudiziari, rappresenta una profonda ferita. Quando vado in tribunale, mi rendo che ci sono problemi, anche banali, che si potrebbero risolvere subito e a costo zero, ma solo con un po’ di buona volontà” (fonte Il Mattino del 27.07.25).
Connesso al problema della giustizia in generale c’è un altro aspetto, non meno importante, che entra a pieno titolo nella sfera di osservazione dell’ex magistrato: la microcriminalità sul cui contenimento avanza alcune ipotesi di lavoro e/o di riforme suggerendole direttamente al Prefetto, al Questore, Sindaci, Carabinieri, Polizie Municipali, ecc.); tra i tanti anche un suggerimento di facile organizzazione : “… si potrebbe provare a sconfiggere tali fenomeni con l’utilizzo delle cosiddette “auto civetta”. Ad esempio e prendendo spunto dall’ultimo episodio in ordine cronologico (parcheggiatore abusivo a Torrione, Salerno) si potrebbe inviare nei parcheggi colpiti da questi ormai allarmanti “fenomeni” un’ autocivetta con a bordo due agenti che potrebbero essere scambiati per coppie di cittadini in giro per acquisti e/o turisti, in modo da poter anche arrestare in flagranza di reato il parcheggiatore nel momento in cui si avvicina a chiedere il “pizzo” …”.
Nel merito della questione ricordo quando, negli anni ’60, sul lungomare di Salerno passava più volte al giorno la famosa “ronda” militare che pur essendo nata per il controllo dei soldati (all’epoca Salerno ne era piena) inevitabilmente incuteva timore e rispetto anche alla micro delinquenza che fin da allora infestava la città.