Sistema Salerno: indagini preliminari e dibattimento … una distanza abissale ?

 

Aldo Bianchini

Da sinistra: Nino Savastano e Vittorio Zoccola

SALERNO – L’ultima udienza in ordine di tempo, tenutasi il 29 settembre scorso per il processo incardinato contro Fiorenzo Vittorio Zoccola (presidente Consorzio Cooperative Salerno) e Nino Savastano (consigliere regionale in carica) per la questione delle Coop/Sociali nell’ambito del cosiddetto “Sistema Salerno”, ha evidenziato con molta chiarezza il “vulnus della giustizia” consistente nel fatto ormai storicamente acquisito che le risultanze delle indagini preliminari non corrispondono quasi mai alla realtà dei fatti da trascinare in aula per il pubblico dibattimento, unica sede in cui la prova può e deve essere formata.

A monte di tutto questo, che alla fine produce un numero di assoluzioni sproporzionato rispetto alla durezza dei provvedimenti restrittivi messi in atto nel corso delle indagini preliminari, c’è sempre e purtroppo la convinzione degli investigatori che con una semplice firma in calce ad un verbale pensano e credono di aver emesso una sentenza definitiva (vedasi precedente articolo del 16 sett. 2022 dal titolo “SISTEMA SALERNO: la deposizione in aula di un ispettore … lo specchio dell’insipienza delle investigazioni”).

E giovedì mattina è arrivata puntuale la conferma in aula attraverso la contestata e contestabile deposizione di un vice commissario della Polizia di Stato che (al pari dell’ispettore che balbettò nella penultima udienza del 15 set.2022) è andato oltre, arrivando a mandare letteralmente in crisi la pubblica accusa (i pm Guglielmo Valenti ed Elena Cosentino) che si è vista costretta a imporre lo stop alla deposizione in corso, tracimando non dico dai poteri istituzionali ma almeno dalla consuetudine. Difatti la deposizione in aula è il vero ed unico momento di assoluta libertà di testimoniare, di contro il PM per prassi può lanciare soltanto l’accusa di falsa testimonianza ma non sicuramente lo stop che impedisce la costruzione della verità.

E qual è la verità ? La verità, piaccia o no, è che il cosiddetto “Sistema Salerno” non esiste, almeno nelle forme che la Procura ha tentato di accreditare come “esercizio del potere politico tendente al malaffare”.

Questo emerge in forma evidente dalle deposizioni in aula dei due principali investigatori, deposizioni che definire evasive ed incomplete (per una condanna) è dire veramente poco.

L’impressione raccolta in aula, anche grazie allo schieramento difensivo degli avv.ti Giovanni Annunziata, Agostino De Caro, Giuseppe Della Monica e Gaetano Manzi, è che ci ritroviamo di fronte ad indagini preliminari approssimative e fondate più sull’opinione personale che sulle prove conclamate; indagini sulla base delle quali, però, la Procura ha già inflitto pesanti provvedimenti restrittivi che i mass media hanno amplificato a dismisura.

Basare le proprie convinzioni (poi trasferite nei verbali di accusa) sul fatto dei “pacchi dono” che il Consorzio Cooperative avrebbe distribuito a Natale e Pasqua è come voler dire che tutta la pubblica amministrazione nazionale deve essere subito tradotta in manette per via del fenomeno ampiamente diffuso e già storicamente ritenuto ininfluente dalla stessa magistratura che, però, nel caso di Sistema Salerno cerca di accreditare la teoria “che, se da un lato potrebbero rientrare in una consuetudine di favore, dall’altro dimostrerebbero il livello di «penetrazione» delle coop nel tessuto amministrativo”. Per me, che ho lavorato per circa quarant’anni nella pubblica amministrazione, è roba da ridere e nient’altro.

Confondere poi la coesistenza nella stessa sede del Consorzio e di qualche altra Cooperativa senza riuscire a chiarire se la segretaria del Consorzio, al momento del sopralluogo, era stata trovata nella stanza del Consorzio o in quella della Coop, mi sembra davvero un fatto sul quale sarà impossibile fondare una richiesta di condanna. Oltretutto è fuori dalla grazia di Dio voler dimostrare l’esistenza di una copertura da parte del Consorzio sulle Coop per l’aggiudica delle gare, quando per le CCC (le famigerate cooperative rosse) la Cassazione da anni ha sentenziato che il CCC (scatolone vuoto) può anche conoscere le offerte in busta chiusa di ogni singola cooperativa (leggasi sentenza per la Fondovalle Calore) prima di prendere direttamente parte alla gara. per altri è turbativa d’asta, per le CCC è la normalità.

E infine la non conoscenza (diciamo così !!) da parte degli investigatori che Vittorio Zoccola aveva prima diffidato il RUP e poi fatto ricorso al TAR; questo dimostra l’approssimazione delle indagini condotte, probabilmente, solo animosamente e sull’onda emozionale personale e collettiva che non hanno nulla a che fare con la giustizia.

 

 

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