CUTRO: la tragedia vista dall’ammiraglio Gaetano Perillo

 

Cutro - i rottami del barcone naufragato

SALERNO – A proposito della tragedia avvenuta nelle acque ioniche prospicienti la spiaggia di Cutro, si evidenziano puntualmente le lacune registrate nella catena di controllo, a seguito delle quali non é stato impedito il naufragio del caicco e la morte di tante persone.
Gli strali, fin dal primo momento in cui si è constatato l’entità della tragedia, si sono appuntati sul Ministro dell’Interno, accusato di disumane dichiarazioni, e sono proseguite dopo il suo intervento in Parlamento, giudicato troppo e solo “fatto in termini burocratesi”.
Ma l’obbiettivo delle accuse riguarda anche la Guardia di Finanza e soprattutto la Guardia Costiera, entrambe ree di “sottovalutazione della situazione”, oppure “di incomprensioni delle reciproche comunicazioni”, oppure “di ritardi nei soccorsi con mezzi adeguati”, ecc.
Per una giusta valutazione dei fatti, è corretto che simili considerazioni ed accuse trovino ampi spazi nei pubblici dibattiti e anche che la vicenda sia oggetto di rigorose indagini da parte di tutti gli Organi preposti, inclusa la Magistratura.
Intanto però desta sorpresa che un viaggio via terra di due pullman carichi di migranti clandestini, su un percorso che dura da 5 a 8 ore da Istanbul fin nei pressi di Izmir, passi inosservato dalle autorità turche.
Eppure, è noto come in quel paese esista un regime di polizia a cui poco o niente sfugge!
Inoltre, non si sa con esattezza su che tipo di imbarcazione i circa 200 passeggeri vengono fatti salire. Ma dopo tre ore di navigazione, una avaria ai motori costringe ad un trasbordo in mare su altro natante, intervenuto su chiamata del “comandante” del mezzo fermo in mare.

Cutro - i soccorritori

Il tutto avviene ancora in acque territoriali turche, ma il sistema di sorveglianza gestito dalla locale Guardia Costiera è “cieco” in quel settore e non si avvede di nulla?
Si entra poi in acque territoriali greche su cui si ha motivo di credere che esista un efficiente sistema di sorveglianza da parte delle Autorità marittime, visto che si tratta di una Nazione peninsulare e diffusamente insulare, che certamente dispone di idonei e capillari mezzi di controllo sulle acque di sua giurisdizione. Eppure nessun monitoraggio rileva anomalie in mare.
Ma c’è di più. Le coste e le isole greche rientrano nel novero delle frontiere esterne dell’Unione Europea che, per compiti specifici ad essa assegnati, vengono costantemente monitorate da Frontex, l’Agenzia europea che può utilizzare navi, aerei e attrezzature di sorveglianza nelle aree di frontiere esterne.
Si può allora conoscere quale è stata l’attività di Frontex nelle lunghe ore in cui il caicco, lasciate le acque turche, ha navigato non certo a velocità sostenuta tra le isole greche dell’Egeo, poi a sud del Peloponneso e infine si è affacciato nello Ionio?
Solo allora si sono accesi i “fari” di Frontex? E per dire cosa?
Che stava arrivando un natante di forma indefinita, con un uomo in coperta con atteggiamenti indecifrabili, con persone presumibilmente stivate sottocoperta, che navigava a circa sei nodi, con buona galleggiabilità e quindi tale da non destare sospetti ai fini di un tranquillo proseguimento del viaggio?
In tal senso, ne dava informativa alle Autorità italiane competenti, e il suo aereo, terminato quel compito direi di routine, lasciava il teatro operativo.

Il ministro degli interni Piantedosi riferisce in Parlamento

Eppure si legge sul sito che le operazioni di Frontex “includono compiti connessi alla sicurezza marittima, ai controlli di sicurezza, alle operazioni di ricerca e soccorso nonché alla protezione dell’ambiente”.
È vietato allora porsi qualche domanda se Frontex non sia venuta meno a qualcuno dei suoi impegni, senza con questo voler sottintendere scusanti per altri soggetti coinvolti?
Peraltro, si deve immaginare, sempre per una più ampia comprensione dei fatti, che oltre al pietoso recupero dei cadaveri, i sommozzatori riescano a portare a riva anche altre parti del natante schiantatosi sulla secca, in particolare i serbatoi del carburante, il motore, altre componenti dello stesso.
Dalle dimensioni del relitto, come apprezzate dalle foto mostrate in televisione (L = 15 mt e l = 4 mt), si può immaginare il disagio patito dai 200 migranti durante il tragitto.
Ma merita attenzione anche poter conoscere a quanti nodi abbia navigato quel caicco, quale autonomia di percorrenza abbia avuto, se abbia dovuto effettuare rifornimenti intermedi, fatti in mare o in terraferma, ecc.

Non si tratta di dettagli dovuti a sola curiosità, ma possono rappresentare altri tasselli per circoscrivere la vicenda in un ambito più largo e delinearne i contorni.
Poi la verità resterà sempre aleatoria, a seconda degli aspetti considerati come insegna ad esempio il famoso film di Akira Kurosawa “Rashomon”, oppure resta appesa a congetture basate sui “se”, tipo “Sliding doors”, porte di un treno della metro che, o aprono o si chiudono di fronte ad un passeggero in attesa, e ne condizionano il destino in maniera diversa, a seconda che egli salga o rimanga a terra per il treno successivo.
Cordiali saluti
Gaetano Perillo

 

 

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