Quando il codice contempla meno le ragioni rosa.

 

da Antonio Cortese (giornalista)

Del “maschicidio” ancora nessuna notizia “notiziabile”. Il questore di Padova in questi giorni ha già cercato di delucidare la questione in una conferenza stampa chiarendo la differenza tra omicidi ed i reati definiti spesso abusivamente e superficialmente “femminicidi”.

 

Le celebrazioni dell’otto marzo sarebbero dovute bastare alle classi di genere “deboli quando piace a loro”, alle battegliere di genere nella lotta dei sessi moderna.

 

Sembra invece che da qualche anno sia lecito legittimare seriamente la barzelletta dello stare a “parlare del sesso degli angeli”, ma purtroppo il vittimismo afferente e avallato dalle avvocatesse in questione, con avvocati zerbino serventi ed una giurisprudenza corrotta dal mal costume, ha inserito nei vocabolari del gergo legale la deficiente dicitura o definizione perché in primis, degradare una donna a semplice “femmina” terminologicamente equivale a milioni di passi indietro nella stessa storia di lotte e conquiste di pari diritti da parte del genere dibattuto.

 

Inoltre poi, questo tipo di classificazione generica e generalizzante, come il questore padovano ha cercato di spiegare, non lascia distinzioni anche sommarie tra disparatissimi e numerosi ambiti nei quali la donna oggi si trova ad agire. Secondo tale sovente accusa la donna sarebbe pari a qualsiasi altro animale; per cui tale reato sarebbe equiparabile al “gattodomesticidio”, al “cinofilicidio”, o ad atre bestiali ridicolizzazioni e svilimenti tragici e con tragici esiti di simili relazioni; siano esse di natura possessiva o di ruoli e avvicendamenti relativi la gerarchia in esso.

 

Le donne oggi in ogni campo, fino alle ultime promozioni anche sui campi sportivi in merito agli arbitraggi, oggi possono essere al contempo soubrette o casalinghe, domestiche o presidi, generali o semplici badanti, attrici scandalose o donne di chiesa; ma avendo le cosiddette in politica quote rosa più immacolate da difendere contro qualsivoglia colore, in ogni aspetto della vita quotidiana, la vorrebbero vinta col vittimismo tipico delle bimbe capricciose che al grido di “toccami Ciccio, mamma Ciccio mi tocca!” allarmano , distraggono, confondono, stressano e si impongono anche quando poi non ci sarebbe bisogno di tali e palesi rampicate sociali come spesso alla fine si rivelano. Il discorso probabilmente vale maggiormente per un’altra parolaccia: quella “divorzistica” e per evitarla spesso i deboli di cuore, pazienza ed emozioni arrivano poi al colpo estremo.

Sicuramente, per ciò che riguarda i decessi, anche a seguito di violenza di un genere sull’altro, cosa che accade dai primi stati di evoluzione darwiniana del genere umano, nell’avanzato terzo millennio pene e delitti sono maggiormente degni di nota; ma se di un abuso si stia parlando anche in parlamento, quello più originale riguarda invece proprio questo sconfinamento da ciò che era un tabù, al protagonismo sempre più paradossalmente provocatorio e controproducente; non per tutte le donne certo, ma per quelle che poi lasciano davvero le penne in queste mode pavonate di uguaglianza utopica.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *